Schizofrenia e gravidanza, attenzione alla carenza di vitamina D

Uno studio italiano ha individuato per la prima volta le aree del cervello coinvolte nella malattia

Una ricerca del Centro per i sistemi di neuroscienze e cognitivi (Cncs) dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Lit) a Rovereto ha individuato nel cervello la culla della schizofrenia, ovvero l’insieme di aree cerebrali responsabili delle distorsioni di percezione che caratterizzano la patologia. Pubblicata su Neuroimage: Clinical, la scoperta rappresenta il primo passo verso la programmazione di terapie farmacologiche più specifiche e si pone in contraddizione con la teoria finora comunemente accettata secondo la quale le alterazioni di percezione avrebbero origine nella corteccia frontale, l’area del cervello che controlla le funzioni cognitive come il linguaggio e la programmazione di azioni.

La sede non è la corteccia frontale

La tecnica della risonanza magnetica funzionale applicata a 94 persone sane e in altrettante malate di schizofrenia ha rivelato invece che le aree della corteccia frontale non risultano alterate, ma che si verificano alterazioni della percezione iniziale del segnale che si riverberano sulle funzioni cognitive superiori, alterandole. Cécile Bordier, prima autrice della ricerca, spiega questo indicherebbe che “la comunicazione è già alterata ad un livello molto basso dell’elaborazione del segnale”. In questo modo è stato possibile individuare la sede originale del difetto di comunicazione tra le aree della corteccia cerebrale, definito frammentazione della connettività funzionale.
Qualche anno fa L’Università di Londra aveva sperimentato l’utilizzo di un avatar per curare i casi di schizofrenici resistenti ai farmaci. A Melbourne, invece, un team di ricercatori è convinto che i disturbi mentali come la schizofrenia derivino da infiammazioni del sangue o del cervello: medicinali come l’aspirina sarebbero in grado di curarli.

Malattia e sintomi

La schizofrenia è una malattia cronica del cervello che provoca un dissociazione dalla realtà, portando chi ne soffre a non essere più in grado di distinguere le esperienze realmente vissute da quelle immaginate, impendendo al soggetto di pensare in modo logico e reagire emotivamente al contesto sociale in modo normale. Non si è ancora fatta chiarezza sulle cause, ma sembra che possano incidere diversi fattori ambientali e familiari, come ad esempio fumare durante la gravidanza o vivere a contatto con un gatto in casa. I primi sintomi della malattia sono solitamente un improvviso rallentamento dell’acutezza mentale e della memoria o anche la percezione di voci interne che vengono considerate reali. Questa fase può durare un anno, ma non è detto che porti alla concimazione della malattia.

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