La protesi hi-tech proverà sensazioni tattili reali, trasmesse dal cervello ai muscoli

La fantascienza diventa realtà grazie a un avveniristico intervento chirurgico eseguito al Policlinico Universitario  Campus Bio-Medico da Vincenzo Denaro, ordinario emerito di Ortopedia e Traumatologia dell’ateneo, affiancato dalla sua équipe,  e dal chirurgo viennese Oskar Aszmann. L’operazione infatti ha portato una donna di 27 anni che aveva perso il braccio in seguito a un incidente stradale a recuperare l’uso dell’arto grazie a una protesi bionica controllata con la forza del pensiero. Finora la giovane aveva indossato una protesi cosmetica, che non era possibile muovere in alcun modo.

Potrà impugnare oggetti e sentirli

«La fase di training intensivo necessaria per insegnare alla paziente a muovere l’arto bionico in modo appropriato dovrebbe durare circa tre mesi e avviarsi dopo i primi 4-6 mesi di riabilitazione, utili per il completamento del processo di reinnervazione muscolare. Per la prima volta – ha sottolineato il Campus Bio-Medico – un paziente operato in Italia con amputazione di questo tipo potrà controllare anche a livello dell’articolazione di spalla la protesi che sarà applicata dal Centro Protesi Inail». «Questo – ha spiegato Denaro – grazie agli impulsi che dal cervello arriveranno ai muscoli dove degli speciali elettrodi di superficie trasmetteranno gli impulsi celebrali al braccio bionico, con una intensità mille volte superiore al nervo vero e proprio. Viceversa, degli stimolatori applicati sulla pelle consentiranno di trasmettere al cervello le sensazioni tattili sulla consistenza degli oggetti impugnati dall’arto artificiale, consentendone una più efficace presa e manipolazione».

Verso una protesi intelligente

Per chi ha perso un braccio o una mano, compiere gesti quotidiani anche banali come portare alla bocca una forchetta o prendere in mano un frutto sono un’impresa impossibile. Sono oltre 700 le persone che ogni anno in Italia perdono un arto superiore a causa di incidenti stradali, domestici o sul lavoro. Questa sperimentazione mira a creare un centro di alta specializzazione per questo tipo di interventi che, al fine di aprire un percorso di protesizzazione comune per tutti i soggetti con lo stesso tipo di amputazione. Nel 2016 è stato invece sperimentato per la prima volta da una persona amputata un dito bionico che ha consentito il recupero del tatto, grazie all’uso di un polpastrello artificiale. La ricostruzione bionica negli ultimi anni ha fatto passi da gigante: dalla mano bionica comandata con il pensiero (è italiana la prima mano stampata in 3D) alla spina dorsale artificiale, sembra che si possa arrivare presto anche alla nascita del cervello bionico.

Vincenzo Di Lazzaro, ordinario di Neurologia presso Ucbm e anche lui co-responsabile della sperimentazione, ha sottolineato che l’operazione è stata «un intervento avveniristico, con pochissimi precedenti nel mondo e che rappresenta la prima tappa di un percorso che prevede ora lo studio dei processi di stimolazione, seguito dall’apposizione degli elettrodi di superficie e infine della protesi intelligente». «Se la rieducazione funzionale di questi fasci andrà come speriamo, quando dal cervello partirà il comando per impugnare un oggetto o piegare il braccio, i tre grandi nervi genereranno delle contrazioni dei rispettivi fasci muscolari che gli elettrodi di superficie interpreteranno e trasformeranno in impulsi in grado di far muovere la protesi», ha spiegato.

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