La Cina accusata di aver violato i server di Amazon e Apple ma arrivano le smentite

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Apple, Amazon e Supermicro smentiscono le informazioni riportate in un articolo di Bloomberg in cui si afferma che agenti del Governo cinese hanno inserito chip spia nei server utilizzati da queste aziende

Bloomberg ha diffuso la notizia che agenti del governo cinese hanno inserito nei server di Apple e Amazon dei chip utilizzati per lo spionaggio industriale. I server in questione sarebbero stati prodotti da Supermicro, azienda con base in California. Le autorità statunitensi avrebbero avviato un’indagine sulla questione da cui sarebbe emerso che la violazione vera e propria per inserire i chip incriminati nella linea produttiva sarebbe avvenuta in ben 4 fabbriche localizzate in Cina. Tutte le aziende coinvolte nella vicenda e Pechino hanno con toni diversi voluto smentire le voci diffuse dal colosso dei mass media statunitense.

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Apple ha rimandato le accuse al mittente attraverso una nota intitolata “Ciò che Businessweek ha sbagliato riguardo ad Apple”. Nel documento la Mela spiega che i reporter di Bloomberg l’hanno contattata in diverse occasioni e che per verificare le loro indiscrezioni sono state avviate numerose indagini interne che non hanno portato a nulla di concreto. “Possiamo essere molto chiari riguardo a questo- Apple non ha mai trovato chip pericolosi, manipolazioni hardware o vulnerabilità inserite volontariamente in nessun server. Apple non ha mai avuto contatti con l’FBI o altre agenzie riguardo a incidenti del genere. Non sappiamo di indagini da parte dell’FBI, né lo sanno i nostri contatti tra le autorità”, si legge nella lettera. L’azienda di Cupertino sottolinea poi come Siri non abbia mai utilizzato i server di Topsy né li abbia acquistati da Supermicro. “Siamo molto delusi da come i reporter di Bloomberg hanno gestito il rapporto con noi. Non sono mai stati aperti alla possibilità che le loro fonti potessero essere in errore o male informate”, conclude Apple.

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“Come abbiamo detto molte volte a Bloomberg Businessweek negli ultimi due mesi, non è vero. – afferma Amazon nel suo comunicato – Non abbiamo mai rilevato problemi relativi ad hardware modificato o chip pericolosi nelle motherboard di Supermicro o nei sistemi di Elemental o Amazon. Né abbiamo avviato indagini insieme al Governo”. Il colosso dell’e-commerce conferma che gli esami non hanno portato alla luce problemi in merito a chip modificati e sottolinea non solo che Bloomberg non ha mai visionato i suoi report di sicurezza “(e ha rifiutato di condividere i dettagli di altri ipotetici report con noi)” ma anche che “questa idea che noi abbiamo venduto l’hardware e il datacenter in Cina al nostro partner Sinnet perché volevamo liberarci dei server Supermico è assurda”. Supermicro, il cui valore delle azioni si è dimezzato dopo la diffusione della notizia per poi risalire lievemente nel corso delle ore, ha invece così risposto all’articolo di Bloomberg: “Non siamo a conoscenza di alcuna indagine su questo argomento né siamo stati contattati da nessuna agenzia governativa. Non siamo a conoscenza di alcun cliente che abbia lasciato Supermicro come fornitore per ragioni di questo tipo”. L’azienda nel settore della storage afferma anche di non produrre internamente chip di rete e relativo firmware ma si limita a comprarli da terzi.

“La sicurezza della catena produttiva è un problema comune e anche la Cina è una vittima. – è la risposta delle autorità di Pechino – Speriamo che le parti esprimano meno accuse e sospetti gratuiti, e che avviino conversazioni più costruttive e collaborazioni in modo che sia possibile lavorare insieme e costruire un cyberspazio pacifico, sicuro, aperto, cooperativo e ordinato”. Il Governo sottolinea poi come nel 2011 si sia fatto promotore presso l’ONU del Codice di Condotta Internazionale per la Sicurezza delle Informazioni.

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