L’Intelligenza Artificiale distrugge più posti di lavoro di quanti ne crea?

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La Quarta Rivoluzione Industriale: una combinazione di Intelligenza Artificiale (IA), apprendimento automatico e automazione destinata ad avere un impatto profondo sulla società. La storia mostra che il progresso tecnologico in genere crea nuove opportunità di lavoro, ma in ogni caso il cambiamento porta con sé delle conseguenze

A cura di Francesca Puggioni, Managing Director Southern Europe di Orange Business Services

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Da sempre la tecnologia trasforma il mondo del lavoro: già nel 1930 John Maynard Keynes predisse la “disoccupazione tecnologica” nel suo libro “Prospettive economiche per i nostri nipoti”. E nel 1961, quando le linee di produzione di Henry Ford trasformarono l’industria, il presidente degli Stati Uniti Kennedy disse: “La principale sfida degli anni Sessanta è quella di mantenere la piena occupazione in un’epoca in cui l’automazione sta sostituendo gli uomini. ”

Oggi, Carl Frey e Michael Osborne della Oxford University prevedono che fino al 47% dei posti di lavoro negli Stati Uniti siano a rischio di essere automatizzati. Nel 2016, Forrester stimava che l’automazione avrebbe eliminato il 6% dei posti di lavoro negli Stati Uniti entro il 2021.
“Ogni volta che l’umanità attraversa una nuova ondata di innovazione e trasformazione tecnologica, ci sono persone che sono colpite, e problemi anche molto gravi – come conflitti geopolitici. L’intelligenza artificiale non fa eccezione”, ha dichiarato alla CNN Fei-Fei Li, direttore dello Stanford Artificial Intelligence Lab.

Nel Regno Unito la Rivoluzione industriale provocò il ristagno dei salari per decenni e furono necessarie riforme politiche sostanziali prima di vedere miglioramenti. Anche McKinsey si attende conseguenze simili, e avverte che l’impatto potrebbe essere ancora più forte se l’IA verrà adottata rapidamente su più settori in contemporanea, il che potrebbe “accelerare sia il tasso che l’entità della perdita di posti di lavoro”.

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Il ritmo del cambiamento

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) afferma: “Dal momento che è improbabile che le perdite di posti di lavoro si distribuiscano equamente in tutto il paese, l’IA avrebbe un impatto di molte volte superiore sulle economie locali rispetto alla contrazione dell’industria dell’automobile di Detroit degli anni ’50, quando i cambiamenti tecnologici e l’aumento dell’automazione, tra gli altri fattori, causarono una massiccia perdita di posti di lavoro”.

Pew Research prevede che: “I robot e gli agenti digitali sostituiranno un numero significativo di lavoratori, sia operai che impiegati”.
L’economista del MIT Erik Brynjolfsson sottolinea che mentre le macchine a vapore raddoppiavano potenza ed efficienza ogni 70 anni, la legge di Moore ci dice che i processori duplicano la potenza ogni 18 mesi. I robot mobili come il Baxter di Rethink Robotics mostrano che i sistemi futuri saranno in grado di sostituire ancora più lavoratori umani in ruoli diversi.
Inizialmente i più esposti saranno i lavoratori poco qualificati e quelli giovani, ha dichiarato l’OCSE. Ma nel futuro altri settori, tra cui vendita al dettaglio, telemarketing, assistenza clienti, e altri ancora saranno a rischio.

Vincitori e vinti

La storia ci mostra che anche se spesso la tecnologia ha un impatto iniziale negativo sull’occupazione, alla fine crea nuovi posti di lavoro. In parte questo avviene perché la tecnologia favorisce la produttività, cosa che aiuta a stimolare la domanda.

Prendiamo ad esempio l’agricoltura: il settore rappresentava il 60% dei posti di lavoro nel 1850, ma solo il 5% nel 1970. La maggiore produttività ha liberato forza lavoro e così sono emersi nuovi settori e mansioni, ad esempio vendita al dettaglio, assistenza sanitaria e commercio all’ingrosso. La domanda di lavoratori al dettaglio è salita del 12,8% mentre gli impieghi nella sanità sono aumentati del 9,3%, afferma McKinsey.

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Anche se quando, negli anni ’90, i PC sono entrati nella vita lavorativa quotidiana milioni di posti di lavoro sono andati persi, nel complesso ne sono stati creati 15,8 milioni di nuovi.

Il tocco umano

Ma i robot non possono fare tutto. Negli anni ’80 il ricercatore di intelligenza artificiale e robotica Hans Moravec ha coniato un paradosso, che può essere riassunto come “i robot trovano facili le cose difficili e difficili quelle facili”. Le macchine mancano di agilità fisica e mentale, il che le rende meno capaci in compiti che richiedono ideazione, comunicazione complessa o anche comprensione del contesto. L’intelligenza artificiale è meno creativa e manca delle capacità interpersonali per compiti come l’insegnamento o l’assistenza infermieristica.

McKinsey prevede che nel dopo-IA la domanda di questo genere di soft skill crescerà in tutti i settori del 26% negli Stati Uniti e del 22% in Europa. Saranno molto richiesti imprenditori qualificati, manager e altri ruoli di leadership. La creatività, il pensiero critico e le capacità decisionali saranno apprezzate, mentre le attività che richiedono l’introduzione e l’elaborazione di dati base diminuiranno. La domanda di competenze fisiche e manuali si ridurrà del 20%.

Le macchine intelligenti possono aiutare a far crescere le conquiste degli esseri umani, consentendoci di ottenere l’impossibile e spalancando nuove opportunità, dall’esplorazione dello spazio remoto all’analisi medica.

Adattarsi è necessario

In un’epoca di disuguaglianze economiche, i sistemi di istruzione potrebbero dover cambiare in direzione dell’apprendimento permanente, così da mettere le persone in condizione di tenere il passo con i cambiamenti tecnologici e con le nuove competenze richieste, in particolare tra i gruppi di lavoratori più colpiti dall’IA.

I lavoratori devono acquisire nuove capacità: “La riqualificazione è un meccanismo importante per favorire la transizione dai lavori più automatizzati a quelli meno automatizzati”, afferma l’OCSE.

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Anche le imprese devono adattarsi. John Van Reenen, un economista inglese di Sloan (la scuola di management del MIT di Boston) avverte che, mentre la maggior parte delle aziende europee era troppo rigida per trarre vantaggio dalle novità IT degli anni ’90, ora il mondo del business deve prepararsi all’impatto dell’intelligenza artificiale. Ad esempio, i recenti progressi nell’elaborazione del linguaggio naturale fanno sì che oggi l’intelligenza delle macchine possa tradurre le conversazioni quasi in tempo reale: quali saranno le conseguenze sulla cooperazione internazionale?
Nonostante l’IA sia promettente, rimane l’incertezza. “Non esiste una legge economica che dice: ‘si creeranno sempre nuovi posti di lavoro a sufficienza, o si andrà sempre in pari’: è invece possibile che una tecnologia favorisca un gruppo e ne danneggi un altro, e il totale netto potrebbe essere meno posti di lavoro” avverte Brynjolfsson del MIT.
Mentre cominciamo ad avvertire le conseguenze dell’IA, il futuro rimane incerto. Tuttavia, concentrarsi sull’istruzione e sull’offrire opportunità di apprendimento ai lavoratori che diventeranno obsoleti sembra la chiave per sbloccare i potenziali benefici in termini di produttività che queste tecnologie portano con sé.