Data as a Service, chimera o realtà?

Denodo e Miriade insieme per supportare l’innovazione data driven in Italia
Gabriele Obino, Regional Vice President e General Manager Southern Europe e Middle East di Denodo

Molti professionisti nel mondo analitico ritengono che il Data as a Service (DaaS) possa fornire un aumento sostanziale del valore informativo per la business intelligence. L’accesso diretto per gli utenti business a determinate fonti di dati, senza la necessità di dipendere dal team ICT, può aumentare l’agilità nel generare report per il processo decisionale.

Il DaaS permette di liberare tempo e risorse anche al team ICT, che può così concentrarsi sugli aspetti di gestione più strategica e non su compiti meramente operativi. È altresì noto che le attività di integrazione ad hoc e connessioni point-to-point di più applicazioni e silos dati sono frammentate e caotiche, e l’ICT fatica a garantire una visione corretta di dati per utenti aziendali, con conseguenti ritardi nel rilascio delle informazioni ai consumatori.

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È in questi casi che il DaaS si presenta come un’alternativa per garantire la flessibilità richiesta dagli utenti. L’idea è che siano gli stessi utenti a poter trovare e utilizzare i dati necessari per le loro analisi.

Spesso però le promesse generate dal DaaS non vengono mantenute. Senza approfondire dal punto di vista tecnico, è importante capire che i dati ubicati nelle fonti originali (DWH, data lake, applicazioni…) non sono immediatamente fruibili dagli utenti aziendali. Normalmente, è necessario integrare, trasformare e combinare questi dati prima di dare il via al processo d’analisi.

Gli utenti business di solito non hanno tempo o competenze tecniche per eseguire questi compiti. Infatti, è difficile credere che conoscano le convenzioni di nomenclatura e codifica utilizzati in ciascuno di quei sistemi o che possano districarsi nell’enorme numero di tabelle e colonne a cui devono accedere. In questa grande massa di dati, gli utenti lamentano una limitata visibilità, con conseguente scarse capacità di selezione dei dati e possibilità di originare viste distorte e cattiva qualità nei report.

Ma ancora più rilevante per l’azienda è la possibilità che il processo decisionale sia basato su dati errati poiché i metadati su cui gli utenti stanno lavorando sono incoerenti. Storicamente, la soluzione a questi problemi è stata quella di creare dei data mart specifici per ogni tipo di utente e/o necessità di business.

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In ogni data mart, i team ICT o di reporting integrano e trasformano i dati da fonti originali, per presentarli in formati semplici da consumare per gli utenti aziendali. Sfortunatamente, questo processo è estremamente lento e costoso a causa della costante movimentazione e replica dei dati richiesti, mediante tecniche di integrazione tradizionali. Queste tecniche erano adeguate durante la prima fase dell’avvento dei DWH e della BI: la crescita esponenziale del volume dei dati e delle fonti e il forte aumento della domanda dei consumatori di dati, le ha trasformate rapidamente in obsolete e insufficienti. Molti analisti, tra cui Gartner o Forrester per esempio, raccomandano oggi nuove architetture logiche per l’integrazione dei dati, che non richiedono la replica continua dei dati, come unico modo per ottenere l’agilità necessaria agli utenti business.

Una delle soluzioni esistenti che permette di trasformare in realtà la “chimera” del DaaS è la virtualizzazione dei dati, che consente l’accesso diretto alle fonti dei dati eliminando la già menzionata complessità tecnica. Questo “middleware” funziona da singolo strato semantico di disaccoppiamento tra le applicazioni aziendali e fonti dei dati (strutturati e non), permettendo a ciascun tipo di utente di avere a disposizione dei “virtual data mart” approntati per le loro esigenze, senza la necessità di replicare i dati in un nuovo repository. Inoltre, la virtualizzazione dei dati consente di stabilire un unico punto di accesso ai dati, rendendo più semplice, unificata e coerente la governance dei dati stessi. È quindi l’approccio virtuale e non fisico, in estrema sintesi, che permette di trasformare il Data as a Service da una chimera a una realtà!

Gabriele Obino regional VP Southern EMEA & ME di Denodo

 

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