Il teatro e la storia civile di questo Paese perdono una delle sue protagoniste più coraggiose. Non era solo la moglie di Dario Fo

Franca Rame aveva 84 anni e da tempo era malata. Data Manager (giugno 2007) l’aveva intervistata per tracciare l’identikit della donna moderna alle prese con la sfida di essere tante donne diverse insieme, come quelle che lei aveva portato sul palcoscenico. In quell’intervista, ci aveva detto: «Vorrei una casalinga a sindaco di ogni città». Ma sapeva che si trattava quasi di una utopia perché come lei stessa dichiarava: « Le donne non scelgono le donne».

Quando le dissi che era difficile parlare di lei a prescindere dal suo ruolo di moglie e compagna di lavoro di un premio Nobel, Franca Rame era scoppiata in una risata e mi aveva detto: «Lo dice a me? Anche certe giornaliste mi cercano solo per arrivare a Dario. È pesantissimo il ruolo di moglie vicino ad un uomo come Dario. Dario è diventato un monumento e i monumenti, si sa, stanno sui piedistalli». Non solo. «Le menti sono assopite – diceva – e questo è un grande pericolo! Dove non c’è il controllo attivo della cittadinanza, dove si delega senza verifiche, i poteri operano indiscriminatamente al ribasso». Ciao Franca, mancherà a molti la tua voce che teneva sveglie le menti.

L’intervista di Data Manager a Franca Rame (giugno 2007)

Franca Rame e il “potere rosa”

Sono magnolie d’acciaio e lady di ferro, le donne protagoniste della società post-industriale. Amazzoni in doppiopetto blu, leader politici, amministratori delegati di società tecnologiche e rettori di università. Lo chiamano potere rosa. Forse perché un tocco gentile rende efficace anche il polso più fermo. In tutti i casi, non si può non provare un certo disagio a parlare ancora del ruolo subalterno della donna nella società contemporanea, soprattutto quando a farlo è un uomo e l’oggetto è la donna.

I dati di una recente indagine di Federmanager tracciano l’identikit della donna manager italiana. Laureata. Da vent’anni nel mondo del lavoro. Ha un’età media di 45 anni e ha raggiunto il top della carriera a 38. Eppure, le donne costituiscono solo il 5% dei dirigenti italiani. Il 95% dei posti di “comando” è nelle mani dei colleghi uomini. Un dato che, a livello europeo, pone l’Italia in fondo alla classifica.

Si usa dire, con troppa semplicità, che accanto ad un grande uomo c’è sempre una grande donna. Questo significa, forse, che accanto a uomini cretini ci sono solo delle poverette? Dal 1970 ad oggi, in tutto il mondo le donne hanno aumentato il loro potere di acquisto, fanno carrirere in tutti i campi, si mantengono da sole, vivono di più, sono mediamente più istruite. Eppure, persiste un pregiudizio diffuso che le vorrebbe solo mogli e madri. Anche il mercato continua a snobbarle. Di contro, nel Bel Paese, le donne faticano a emergere in ruoli di comando e si fa un gran parlare di “quote rosa” come fossero “quote latte”.

Leggi anche:  Canarie: le salite che fanno divertire gli appassionati di ciclismo

Intorno alla questione della leadership femminile nel mondo dell’impresa e della politica sono stati versati fiumi di parole, tanto che ci vorrebbero parole nuove per continuare a parlarne, magari proprio quelle di una donna, come la senatrice Franca Rame.

Data Manager: È difficile presentarla a prescindere dal suo ruolo di moglie e compagna di lavoro di un premio Nobel…

Franca Rame: Lo dice a me? Anche certe giornaliste si rivolgono a me solo per arrivare a Dario. È pesantissimo il ruolo di moglie vicino ad un uomo come Dario. Dario è diventato un monumento e i monumenti, si sa, stanno sui piedistalli.

Come riesce a coniugare tutti i suoi impegni?

Ci vuole organizzazione. A volte ho l’impressione di essere in due posti contemporaneamente. Ma è solo un’impressione.

Qual è il suo rapporto con la tecnologia e qual è il suo concetto di innovazione? Apocalittica o integrata?

Direi pienamente integrata! Con il mio adorato Mac nulla mi può fermare, stupisco anche i miei collaboratori più giovani. Ho organizzato un grande lavoro, tutta sola, voglio dire, senza né Jacopo, né Dario, con la collaborazione di ben 18 impiegati fissi e stagisti da tutto il mondo. Ho creato l’archivio on-line di una vita di lavoro di Dario e mia. Sono disponibili in Rete oltre 2 milioni di documenti, testi, giornali, recensioni, foto, lettere, disegni, insomma, vita, morte e miracoli, come si dice.

Tecnologia: Integrare o dividere? Internet è ancora una isola di libertà?

Internet ha bisogno ancora di qualche anno, poi sarà in tutte le famiglie e anche le bisnonne come me, lo useranno. È un grande strumento di comunicazione. Per me è indispensabile. Attraverso il mio blog (www.francarame.it) ho instaurato un canale preferenziale per la mia attività politica. Per esempio, ho aperto un sondaggio sul blog in concomitanza con la mia “crisi” sul voto per il rifinanziamento alla missione in Afghanistan, per farmi consigliare se votare sì e dare le dimissioni immediatamente, oppure votare no e dimettermi. Mi è stato estremamente utile per avere il polso della situazione. A questo si sono poi aggiunte infinite e-mail, messaggi, lettere, telegrammi, raccolte di firme da parte di elettori e simpatizzanti. L’ottantacinque per cento di essi richiedeva fortemente che io continuassi il mio mandato in Senato.

Ho posto la domanda anche durante dibattiti e convegni. La risposta è stata sempre: “Resta e continua il tuo lavoro per la pace”.

Il mondo del management è quasi tutto al maschile e le donne faticano ad emergere in ruoli di comando…

Questa è da sempre la condizione della donna. Qualcuna ce l’ha fatta ad arrivare in cima, ma credo con grande fatica. La figlia di Berlusconi ad esempio ha avuto facilitazioni, ma se è arrivata dove è arrivata vuol dire che la “testa” c’è.

La questione è politica, e a questo proposito vorrei ricordare proprio le parole di Silvio Berlusconi, quando interpellato sulla presenza femminile tra le candidature di Forza Italia alle ultime elezioni, disse in sintesi: «Abbiamo provato a candidarle, ma è difficile portarle a Roma. Io vorrei, ma con i figli, la casa, come fanno…». Si commenta da sé!

Leggi anche:  Amazon presenta Echo Pop, Echo Show 5 ed Echo Auto di nuova generazione

Le quote rosa in politica e in azienda sarebbero un buon inizio?

In politica o in azienda, si verifica sempre lo stesso, perverso meccanismo. Le donne non scelgono le donne! Alle elezioni scelgono di farsi rappresentare da uomini, che nei programmi elettorali genericamente spendono qualche parola su quote rosa, casalinghe, violenza sessuale eccetera, ma tutto rimane in sospeso, travolto da altri problemi.

La tutela dell’universo femminile esercitata dagli uomini assomiglia molto a quella del panda o della foca monaca. Vale a dire che ci si limita a stigmatizzare i comportamenti lesivi nei confronti di esseri indifesi, senza poi sostenere politiche attive in loro favore, o che eliminino i problemi all’insorgenza. Oltre a questo, anche noi donne non ci impegnamo sul serio. Ci basta la mimosa alla festa della donna per dimenticare i soprusi quotidiani, nell’assuefazione di veline, vallette e donne oggetto…

Forse che le cose cambiano per restare le stesse?

O forse siamo noi, gli spettatori, a non essere più così esigenti con la nostra classe dirigente politica ed industriale. In altri tempi si manifestava, si scendeva in piazza, non ci si lasciava scorrere tutto sotto il naso con indifferenza. Le menti sono assopite e questo è un grande pericolo! Dove non c’è il controllo attivo della cittadinanza, dove si delega senza verifiche, questi poteri operano indiscriminatamente al ribasso.

Anche il mercato continua a snobbare le donne. Perchè?

Il mercato è tagliato su altri “stereotipi” di donna. La madre casalinga che compra merendine e detersivi oppure la “femme fatale”, quella dei profumi, della lingerie e delle creme per il corpo. Tra questi due modelli ci siamo noi, che ingaggiamo battaglie per il riconoscimento dei nostri diritti e che mandiamo avanti una famiglia lavorando con stipendi inferiori a quelli dei nostri compagni.

Quali sono le donne italiane che potrebbero ambire a posizioni di comando in Italia secondo lei?

Vorrei una casalinga a sindaco di ogni città. Non una come la signora Moratti, ma una di quelle che, con i mille euro al mese di stipendio del marito, sbarcano il lunario, allevano i figli, pagano l’affitto, la luce, il gas, il riscaldamento, il telefono, tutto senza fare drammi. Sarebbero in grado di risanare bilanci malconci dello Stato nell’arco di pochi anni!

Esiste un modello femminile nella gestione del potere oppure per gestire il potere è necessario fare un bagno di testosterone?

La nostra società, intrisa di cattolicesimo e carente di welfare non concede ad una donna gli strumenti necessari per affrontare una carriera al passo con le contingenze che una famiglia comporta. È necessario scegliere tra le due opzioni. Per gli uomini non è così, solo perché dietro c’è una figura femminile, madre o moglie, che, come si usa dire, toglie loro le castagne dal fuoco. Non è quindi una questione di testosterone, ma di opportunità.

Leggi anche:  Vacanze in Tirolo: un viaggio tra natura, cultura e gastronomia

Si può essere potenti e aver creato un impero economico come Bill Gates (e la sua consorte Melinda), ma alla fine bisogna forse i conti con il fatto che il lenzuolo che ci avvolgerà da morti non ha le tasche…

Il denaro è uno strumento, ed io cerco di utilizzarlo come meglio posso, in particolare ora che percepisco uno stipendio dal Senato da capogiro. Cerco quindi di impegnare i miei 15 mila euro mesili per giuste cause. In questi giorni ho aperto una sottoscrizione a favore delle vittime dell’uranio impoverito, con 20 mila euro. Si tratta di 46 morti e 515 malati di cui siamo a conoscenza, che vivono nel totale disinteresse dello Stato, di fronte a linfomi di ogni tipo, dolori strazianti e morte. L’unico riconoscimento che ogni tanto arriva loro è una promozione, quando già sono sepolti. Si tratta di un’ingiustizia atroce, che si consuma sotto i nostri occhi. Io mi impegno su due livelli. Il primo, quello istituzionale, in commissione d’inchiesta uranio impoverito, ed il secondo, che mi appartiene storicamente, sul piano sociale, della solidarietà e della sensibilizzazione.

Non potevo stare a guardare con le mani in mano, aspettando che la commissione facesse il suo corso, e quindi ho deciso di impegnarmi personalmente, come ho sempre fatto nella mia vita. Spero che lo facciamo in molti, anche con un contributo di cinque euro.

Qual è la sua definizione di globalizzazione?

Asimmetrica ingiustizia: toglie a chi non ha, e da a chi abbonda. Nel silenzio generale i beni comuni dell’umanità, come ad esempio l’acqua, stanno diventando l’ultima frontiera di guadagno delle grandi multinazionali. Com’è possibile lucrare su beni che garantiscono la vita degli esseri umani come l’acqua? Come si può negarla a chi non riesce a pagare le bollette, sempre più care a causa delle privatizzazioni in corso? Questo è il prezzo che l’umanità paga per avere la Coca Cola a Minsk e a Città del Capo? Davvero troppo…

Qual è il potere delle donne?

Una volta avevamo il potere: il matriarcato. Eravamo noi le uniche in grado di far figli. Eravamo “miracolose” e potenti. Ora è come se i figli potessero farli tutti. Non c’è rispetto per la donna incinta. A volte vengono anche prese a calci dal partner.

Che cosa è il potere per lei?

Governare il mondo… putroppo non capita spesso che ci si riesca. O quanto meno chi ci riesce spesso non ha scopi che io condivido!

A chi sente di dovere qualcosa?

A moltissima gente. Mia madre in testa a tutti. Non mi ha insegnato nulla con le parole, ma sempre con l’esempio.

Chi le sarebbe piaciuto essere?

Quella che sono. Sono contenta del bello e del brutto della mia vita. Ma la sera quando vado a letto, dopo una giornata di lavoro a volte pesante, mi sento appagata. A posto, con la mia coscienza. Questo mi basta.