Anche gli Angeli tornano sui banchi

In occasione del suo annuale appuntamento con l’innovazione, Mind the Bridge presenta la MTB Angel Investing School. In una settimana a San Francisco, fornirà agli investitori e agli imprenditori che cercano opportunità di diversificazione del proprio business approfondimenti sulle best practice di angel investment. Perché più che i soldi contano le persone che li investono

Come individuare opportunità di investimento davvero uniche? E come si fa a identificare un team di serie A capace di pivotare un’idea verso il successo? E quali le tecniche e le modalità più appropriate per investire in una startup?

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Il fenomeno delle startup in Italia rischia di dare vita a una bolla che potrebbe scoppiare se gli investimenti fatti fino a oggi non riusciranno a monetizzare in qualche modo con delle exit.  Questo perlomeno il comune sentire emerso durante la prima giornata di lavori nel corso dell’Angel Investing Global Forum, organizzato dalla fondazione Mind the Bridge in seno al proprio annuale appuntamento con il Venture Camp.

Certamente il lato positivo è che dopo decenni si è finalmente tornati a fare impresa, sebbene le aziende che nascono non siano tutte “startup” e “fare startup” non sia un mestiere che si improvvisa.  

“Le strade possibili ora sono tre – commentano Marco Marinucci e Alberto Onetti, rispettivamente Founder/CEO e Chairman di Mind the Bridge – Per prima cosa realizzare un ponte tra mondo dell’impresa tradizionale e mondo startup (fertilizzazione). In secondo luogo allargare le finestre di exit mettendo in contatto le startup con imprese in grado di acquistarle (acquisizioni o  acqui-hiring) e infine cercare funding all’estero (globalizzazione)”.

Ma le startup italiane sono pronte a vincere queste sfide?

Da una cluster analysis condotta sui dati raccolti durante la Mind the Bridge Seed Quest 2012 su un campione composto da 108 startup e 254 imprenditori, suddivisi nei diversi founding team, ecco che emergono 3 profili ben precisi di startup: Prima generazione, Nate dalla crisi e Scalabili. Ognuno con un diverso dna e una capacità tutta propria di attrarre capitale. 

 

 1. STARTUP DI PRIMA GENERAZIONE (20%)
Profilo startupper > Techno startupper

  • Giovani imprenditori con un background prevalentemente tecnico
  • Nessuna esperienza lavorativa pregressa
  • Nella maggior parte dei casi sono giovani adulti la cui prima esperienza lavorativa coincide con la creazione della startup. In altri casi, sono ricercatori provenienti da facoltà scientifiche. Alcuni di quest’ultimi dichiarano esperienze imprenditoriali pregresse, sebbene siano più spin-off accademici che startup vere e proprie
  • Raccolgono fondi principalmente (57%) tra i co-founder (bootstrapping)
  • Capitale medio raccolto modesto (tra 1 e 10 mila Euro nel 38% dei casi)
  • Il 24% delle startup di questo cluster ha 1 solo founder (one man band)
  • Operano per la grande maggioranza in settori ad alta tecnologia. Il percorso d’istruzione (62%) intrapreso dai co-founder influisce molto sulla business idea
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> Il background manageriale debole e l’ssenza esperienze lavorative pregresse comportano una debole capacità di attrarre fonti di finanziamento più strutturate. Queste aziende nell’immediato non sono pronte a fare il grande salto tuttavia fare impresa si sta affermando come modalità di ingresso nel mondo del lavoro: si sta formando una nuova generazione di imprenditori.

2. BORN INTO CRISIS (50%)
Profilo startupper > Da impiegati a startupper

  • Soggetti in uscita da posizioni lavorative più convenzionali o senza un lavoro
  • Elevato livello di esperienza lavorativa e lunghi periodi di occupazione dei membri del team
  • Scarsa attitudine imprenditoriale per background dei co-founder
  • Ambiente lavorativo precedente come fonte di ispirazione dell’idea di business
  • Nel 20% dei team è presente almeno un co-founder donna
  • Realizzazione individuale come volano nella scelta di diventare lavoratori autonomi (carriera imprenditoriale)

> Elevati tassi di mortalità della startup e limitate capacità di raccogliere capitale (solo il 44% ha ricevuto finanziamenti da fonti esterne). Tra quelle invece che hanno avuto successo nella raccolta, la grande maggioranza ha ricevuto tra 1 e 25 mila Euro.
Complice la crisi finanziaria, molte persone che hanno perso il lavoro o sono insoddisfatte si sono reinventate come startupper (“career pivoting”). Ci sono dubbi che siano realmente in grado di poter costruire progetti imprenditoriali solidi.

3. SCALABLE STARTUP (30%)
Profilo startupper > Imprenditori provetti

  • Elevato livello di istruzione: il 13% dei founder ha un Ph.D. e almeno uno su dieci un MBA
  • Solido background manageriale (più del 50% ha laurea in Economia Aziendale)
  • Solida esperienza lavorativa pregressa
  • Spiccata esperienza a livello internazionale: il 31% dei co-founder ha svolto almeno un lavoro all’estero e il 25% di loro ha conseguito un titolo di studio in una università straniera. L’ambiente lavorativo rappresenta il luogo più stimolante per l’incontro e l’aggregazione dei futuri co-founder (50%)
  • Team più grandi (il 22% è composto da più di 4 founder). I co-founder hanno background eterogenei, con un buon bilanciamento tra competenze tecniche e manageriali. Questo equilibrio sembra essere l’ingrediente chiave per il riuscito sviluppo dell’idea di business
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> Elevata capacità di raccolta di capitale da fonti esterne. Il 30% ha ricevuto più di 200k Euro e il 50% ha raccolto più di 100k Euro. Hanno inoltre attratto capitali da fonti strutturate come seed fund, fondazioni, acceleratori e venture capitalist. Queste startup hanno la possibilità di giocarsi la partita di diventare grandi sebbene i tassi di successo premieranno solo poche realtà.

Da questa profilazione appare evidente come solo le startup che appartengono al terzo cluster abbiano possibilità di avere successo nell’immediato. Ma come è possibile realizzare una rete di co-investitori con i quali costruire insieme grandi aziende? Come si può adeguatamente investire in startup? In che modo la crescita di piattaforme crowdfunding sta cambiando l’intero gioco degli investimenti e in che modo il settore del Venture Capital sta per esser stravolto?

LA ANGEL SCHOOL

L’Angel Investing non è uno sport per spettatori: per giocare, occorre conoscerne le regole dall’interno e sapere come identificare i player di successo. A partire da queste considerazioni e da questi bisogni la fondazione californiana Mind the Bridge ha dato vita a una vera e propria scuola per Investitori, capace di fornire ai professionisti del settore insegnamenti utili per la corretta individuazione dei migliori progetti imprenditoriali italiani sui quali investire. Il corso va ad affiancarsi al rodato modello della Startup School (dedicato ai progetti innovativi d’impresa) e a quello di più recente costituzione dell’Executive Intrapreneurship Program (per i manager d’azienda), entrambi già attivi nell’acceleratore MTB di San Francisco.

 “Da qualche anno il fenomeno startup si è amplificato notevolmente ma, come appurato, la grande maggioranza di queste nuove imprese non sarà capace di produrre ricchezza – ha commentato Marco Marinucci, Founder e CEO di Mind the Bridge – Saper individuare gli ingredienti che possano trasformare con più probabilità una startup in un’azienda di successo è ciò che distingue i bravi investitori da tutti gli altri e imparare a impostare i term e a fare le giuste valutazioni diventa perciò d’obbligo”.

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La scuola, ospitata presso l’acceleratore della fondazione a San Francisco, ruoterà infatti attorno a un modulo intensivo di una settimana. Nella culla dell’innovazione mondiale a 20 ore di insegnamento teorico  si affiancheranno workshop e meeting con investitori della Silicon Valley mentre altre 20 ore saranno dedicate all’attività di networking per trovare contatti, co-finanziatori e partnership.

“Le startup fanno ormai parte da decenni del DNA della Silicon Valley, una combinazione unica di fattori abilitanti che ha reso questo territorio l’hub di riferimento per l’innovazione mondiale – commenta Alberto Onetti, Chairman di Mind the Bridge – E non è certamente un caso che la Silicon Valley stia definendo gli standard per gli investimenti in startup di tipo early-stage. Se si mira a diventare un buon investitore non si può fare a meno di impegnare una settimana del proprio tempo proprio qui”.

Alla School potranno iscriversi, inviando un proprio profilo e una lettera motivazionale ad angelscrum@mindthebridge.org, investitori con capitali da investire che abbiano maturato esperienze di startup  e che siano in possesso di un forte network di contatti; inoltre imprenditori, manager e dirigenti delle PMI o altre figure professionali che intendano diversificare il proprio business, tutti, ovviamente, in possesso di una ottima conoscenza della lingua inglese. Grazie a un approccio empirico, i partecipanti potranno apprendere velocemente i pro e i contro delle attuali tecniche di investimento di maggiore successo, dai più noti ed efficienti modi per redigere convertible note fino ai piccoli trucchi per valutare in maniera adeguata una startup.  

Perché per far crescere un ecosistema imprenditoriale equilibrato non bastano solo i soldi ma persone preparate che li sappiano investire.