Pirateria informatica: in Italia illegale il 49% del software

Oltre 1.400 milioni di euro affluiscono al mercato dell’illegalità invece di contribuire alla ripresa economica. Un sondaggio condotto da BSA con IDC e Ipsos mostra che nel nostro Paese è più bassa la percentuale di persone fiduciose che un mercato legale genererebbe nuova occupazione e possibilità di sviluppo per l’economia nazionale

Secondo l’annuale edizione della ricerca condotta da Business Software Alliance (BSA) con IDC e Ipsos, la percentuale di software privo di regolare licenza installato sui PC del nostro Paese (stimata con riferimento all’anno solare 2010) è pari al 49%: un dato immutato rispetto alla precedente edizione, cui tuttavia fa riscontro un controvalore pari a 1.400 milioni di euro.

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Il mantenimento della percentuale del 49% è frutto anche di una ripresa nel corso del 2010 delle vendite di personal computer a utenti consumer, segmento nel quale i comportamenti illegali mantengono in Italia una diffusione endemica, e che controbilanciano una maggior attenzione ai rischi sottesi all’utilizzo di software non genuino rilevato in ambito business. Il sistema Italia, nel suo complesso, risulta così afflitto ancora da un tasso di illegalità che, fra le economie dell’Europa Occidentale, è secondo solo a quello della Grecia (che ci supera col 59%), e si mantiene costante nonostante il trend decrescente registrato a livello di Europa Occidentale (da 34 a 33%).

“Un rapporto fra software pirata e legale che si mantiene al 49% rimane un problema per il sistema Italia, oltre che un’occasione mancata di sviluppo economico”, ha affermato Matteo Mille, presidente di BSA Italia. “Lo dimostra il fatto che il nostro Paese rimane in Watch List nel rapporto Special 301 della US Trade Representative, la quale tuttavia, rilevando una maggior attenzione alla tematica, si riserva di condurre ulteriori analisi sul nostro Paese nel corso di quest’anno per verificare nuovamente la situazione relativa ai preoccupanti livelli di illegalità nell’impiego di prodotti digitali e nella circolazione di contenuti protetti da copyright su internet”.

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“Essendo il commercio internazionale una voce essenziale dell’economia nazionale – ha continuato Mille – riteniamo che essere considerati una nazione in cui investire è ‘rischioso’ sia una situazione alla quale è indispensabile porre rimedio al fine di influire sulla ripresa della nostra crescita economica”.

Ma perché l’Italia è da sempre caratterizzata da tassi di illegalità nell’impiego delle risorse software più tipici di un’economia emergente che di una delle nazioni del G8, fra i fondatori dell’Unione Europea? Una spiegazione la offre la ricerca, condotta da Ipsos per BSA (e parte del Global Piracy Study 2010), la quale ha sondato l’atteggiamento di oltre 15.000 utenti in 32 mercati (tra cui il nostro) nei confronti della proprietà intellettuale e della pirateria software: dallo studio emerge che il 71% dei rispondenti è favorevole a una corretta remunerazione dei titolari dei diritti d’autore ma, con riferimento alla porzione italiana del campione, questa percentuale scende al 66%.

Gli italiani risultano complessivamente consapevoli della superiorità qualitativa del software originale rispetto a quello “pirata”, e anche di quali siano i canali più sospetti in cui è facile trovarsi ad acquistare il secondo invece del primo. Tuttavia, ritengono che la tutela della proprietà intellettuale remuneri la creatività solo al 67% (contro una media globale del 73%), che essa favorisca nuova occupazione al 59% (contro una media globale del 61%) e solo il 49% dei nostri connazionali ritiene che i benefici affluiscano all’economia nazionale (contro una media globale del 59%).

“Questa sfiducia nel concetto che un’economia legale e l’investimento nell’innovazione garantiscano uno sviluppo e un benessere maggiore per l’intero sistema rispetto a un sottobosco finalizzato a presunti ‘risparmi’ immediati ma di breve respiro è il retaggio culturale da cui sembra che il nostro Paese non sappia liberarsi, come invece stanno facendo altri Paesi emergenti, dimostrando come questa strategia abbia impatti positivi sulla crescita economica; sarà quindi proprio in questa direzione che proseguiremo con il nostro massimo impegno”, ha concluso Matteo Mille.

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Ulteriori conclusioni del global piracy study di IDC sono:

– il valore commerciale del software illegale nella regione dell’Europa Occidentale ammonta a oltre 10 milardi di euro, mentre a livello mondiale esso è cresciuto fino a superare i 44 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto alla prima edizione dello studio IDC nel 2003.

– I vantaggi del software legale più universalmente riconosciuti dagli utenti sono l’accesso all’assistenza tecnica (88%) e le protezioni da hacker e malware (81%).

– Una delle forme di “pirateria” più diffuse fra gli utenti è quella di acquistare una copia di un software e poi installarla su più computer (underlicensing).