A prima vista sembrerebbe un comunissimo distributore di bibite e merendine,  ma si tratta invece di Zazzz, il primo distributore di marijuana installato in Colorado e pensato per finalità terapeutiche: potrà essere usato tramite una card rilasciata dal medico e sarà in grado di riconoscere l’età dell’utente.

L’apparecchio entra in funzione solo previa lettura dei dati biometrici del paziente, le ricette mediche e la sua tessera sanitaria.

Come spiega Greg Honan, proprietario di un dispenser a Eagle-Vail in Colorado: “I prodotti andranno direttamente dal laboratorio alla macchina. Non vi sarà così possibilità di furti da parte di pazienti o impiegati né perdita della tracciabilità per l’inventario”.

Anche se istintivamente l’idea farebbe pensare a possibli abusi della sostanza o assalti al distributore, in realtà la macchina ha una fruizione estremamente controllata e limitata alla quantità necessaria al paziente: per accedervi è necessario un documento di identità valido e una specifica card nominativa, di cui sono in possesso solo i pazienti che necessitano di essere curati con marijuana per fini terapeutici.

Gli effetti positivi della cannabis 

L’importante premessa che ha consentito la produzione di questo primo distributore è stata l’approvazione del tetraidrocannabinolo,  forma sintetica del principio attivo conosciuto come THC, per il trattamento di effetti collaterali della chemioterapia, anoressia indotta dall’AIDS, nausea, e altre patologie.

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Del resto sono ormai dimostrati i molteplici effetti terapeutici della cannabis, basti pensare che l’American Academy of Neurology ne ha evidenziato il potenziale curativo sui malati di sclerosi multipla, già messi in luce dalle ricerche condotte dall’Università di Tel Aviv, che avevano dimostrato come la cannabis potrebbe prevenire l’infiammazione nel cervello e nel midollo spinale.

Ma l’elenco non finisce qui, un altro studio di medici di Philadelphia ha dimostrato che l’uso di marijuana potrebbe migliorare il livello di zuccheri nel sangue, riducendo le probabilità di sviluppare il diabete; infatti i consumatori regolari di marijuana (quasi 4 milioni negli Stati Uniti), presentano un livello di insulina significativamente più basso a digiuno e minor probabilità di resistenza all’insulina.

Ma di grande rilievo è soprattutto la ricerca comparsa l’anno scorso su Science, che ha messo in luce l’esistenza di un “interruttore” capace di arrestare gli effetti del principio attivo della marijuana, il THC. Si tratta di un ormone naturale conosciuto con il nome di pregnenolone, che è in grado di ridurre drasticamente l’effetto psicoalterante del THC, dando quindi  la possibilità di curare questo tipo di dipendenza ma anche quella di sfruttare totalmente le proprietà terapeutiche della cannabis senza effetti collaterali sui pazienti.