Sono state ascoltate e hanno avuto un esito decisivo le petizioni online lanciate qualche tempo fa perché Cola-Cola, il secondo brand più “powerful” al mondo dopo la Ferrari, eliminasse dalle sue bevande l’ingrediente Bvo (Brominated vegetable oil, in inglese): un additivo utilizzato come emulsionante alimentare utilizzato in diverse bevande prodotte dalla società, come Fanta e Powerade. Stessa sorte anche per la Pepsi, che segue l’esempio e annuncia il ritiro dell’ingrediente incriminato, come aveva già anticipato lo scorso anno ritirandolo dal Gatorade.

Quali rischi? 

Il Bvo è una sostanza che deriva dalla soia o dal mais, con la funzione di diluente e algamante di aromi, che diversamente rimarrebbero in superficie. In realtà questo ingrediente è tecnicamente vietato nell’Unione Europea e in Giappone come additivo e già da tempo è attiva una campagna per vietarne l’uso. Secondo alcuni studiosi del Mayo Clinic, infatti, il Bvo potrebbe avere ripercussioni negative sull’organismo, se consumato regolarmente; i problemi di salute in cui si potrebbe incorrere vanno dalla perdita di memoria a disturbi più gravi del sistema nervoso, oppure patologie della pelle.

Una protesta vincente

Risale al 1970 l’eliminazione di questo ingrediente da quelli ritenuti senza rischi, negli Stati Uniti. Tuttavia se ne è sempre consentito l’uso nelle bibite in una quantità minima, pari a un rapporto di 15 su un milione. Coca-Cola quindi precisa nel suo annuncio che tutte le bevande del suo gruppo sono “sicure e che la qualità dei prodotti utilizzati è la principale priorità” dell’azienda, rassicurando sul fatto che nei prossimi mesi si adeguerà alle norme in vigore in Europa e altre parti del mondo. La Coca-Cola ha annunciato inoltre che sostituirà il Bvo con altri ingredienti come saccarosio acetato isobutirrato ed esteri glicerici di resina.

Leggi anche:  Soffrire di insonnia: il problema di un italiano su tre

Un importante risultato dunque quello raggiunto soprattutto grazie alla campagna, diventata poi una petizione mondiale tramite il sito Change.org, lanciata da una ragazzina 17enne del Mississippi, Sarah Kavanagh: “Fa piacere che ora le aziende, soprattutto le multinazionali, ascoltino i consumatori”.