Con le “impronte digitali” della menzogna si scopre il bugiardo

L’attività elettrica del cervello ci rivela quali sono le aree coinvolte nella menzogna. I risultati in uno studio dell’Università di Milano-Bicocca sulle basi neurali della menzogna pubblicato sulla rivista Plos One. Il precedente dei casi giudiziari Grinder e Harrington negli Usa

Ci sono specifiche aree del cervello che si attivano quando si mente. E che possono essere viste “all’opera” con l’imaging neurale. Lo rivela una ricerca da poco pubblicata sulla rivista americana Plos One.

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Lo studio (Can You Catch a Liar? How Negative Emotions Affect Brain Responses when Lying or Telling the Truth, PLoS ONE 8(3): e59383. doi:10.1371/journal.pone.0059383) è stato realizzato da Alice Proverbio, Maria Elide Vanutelli e Roberta Adorni del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca.

Le aree del cervello coinvolte nella menzogna

Le aree del cervello più attive dal punto di vista “elettrico” nella costruzione della menzogna sono la regione frontale e pre-frontale dell’emisfero sinistro e la corteccia cingolata anteriore.

«Attraverso un approccio di studio basato sull’elettrofisiologia cognitiva – spiega Alice Proverbio, professoressa associata di Psicobiologia e coordinatrice della ricerca – siamo in grado di vedere come reagisce il cervello di una persona quando riconosce qualcosa di familiare. È come se l’attività bioelettrica (derivante dall’attività cerebrale) esclamasse un “Aha!”». Inoltre, è possibile stabilire quando una persona sta mentendo poiché il cervello produce una risposta bioelettrica inconfondibile, chiamata N400, che riflette il tentativo di sopprimere l’informazione riconosciuta come vera.

 

 

Queste mappe topografiche mostrano come, prescindendo dalle emozioni, la risposta N400, che rappresenta il marker neurale della menzogna, è più marcata (area blu più scura che si espande) quando si mente (sotto) piuttosto che quando si è sinceri (sopra)


In questa immagine, una tomografia elettromagnetica a bassa risoluzione (LORETA), dall’alto verso il basso si possono vedere le aree cerebrali che si attivano quando si mente (sopra) e quando si dice la verità (al centro). In basso sono evidenziate le strutture neurali implicate nell’atto di mentire, la corteccia prefrontale e orbitofrontale sinistra e cingolata anteriore. Le frecce rosse indicano i picchi di attività elettromagnetica.

I dettagli dello studio

Lo studio è stato condotto su 25 studenti universitari tutti volontari, 12 maschi e 13 femmine, ai quali sono state sottoposte 296 domande bilanciate per argomento e tipo di informazione. Le domande comprendevano anche dati, fatti e comportamenti personali conosciuti da ciascun partecipante. Per ogni risposta è stata impartita la specifica istruzione di mentire o dire la verità. È stato utilizzato un paradigma innovativo, che simula la situazione stressante dell’interrogatorio, con domande anche imbarazzanti o su temi delicati. Durante le risposte i volontari hanno indossato speciali cuffie con 128 rivelatori che registravano l’attività elettrica del cervello.

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«Rispetto alla macchina della verità che si basa sulla misurazione di aspetti fisiologici come sudore e battito cardiaco per individuare chi mente – aggiunge Proverbio – il metodo basato sulla registrazione dell’attività elettromagnetica misura anche l’effetto cerebrale delle emozioni provate durante l’interrogatorio. L’attività mentale, misurata attraverso le variazioni elettriche delle risposte cerebrali è un indicatore molto più affidabile di quella solo periferica».

Una tecnica simile, chiamata “brain fingerprinting”, è stata utilizzata negli Stati Uniti dallo studioso Lawrence Farwell in due processi per omicidio (i casi Grinder e Harrington) e ha portato a modificare le sentenze, aiutando a individuare il vero colpevole nel primo caso e a scagionare il presunto nel secondo.

Nello studio dell’Università di Milano-Bicocca è emerso anche che, se è sempre possibile individuare i bugiardi per via della N400, chi prova ansia per domande stressanti (o è accusato ingiustamente) evidenzia una reazione emotiva simile ai mentitori (che ingannerebbe la macchina della verità), il che mette in guardia da un uso sprovveduto di indicatori fisiologici non cerebrali. 

 

Queste mappe topografiche mostrano come, quando si è ansiosi o agitati, l’attività cerebrale che segue l’atto di mentire (sotto) o di dire la verità (sopra) tende ad assomigliarsi a causa delle emozioni, col rischio di trarre in inganno chi deve giudicare