Dente e il suo nuovo album, tra tecnologia e suggestioni vintage

Tre anni fa era il momento di “Io tra di noi”; sono poi venuti i live in Italia e all’estero, il lavoro come autore per interpreti come Marco Mengoni e Chiara Galiazzo, programmi radiofonici e collaborazioni varie; oggi è tempo per il nuovo album di Dente, il quinto, che uscirà il 28 gennaio in cd, vinile e digitale. Si intitola “Almanacco del giorno prima”

«Non avere Facebook ti taglia fuori da qualcosa, ma nessuno muore se non ce l’ha»

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Un’aura vintage avvolge questo disco, registrato in una ex scuola di Busseto, con inevitabili suggestioni verdiane. Il primo singolo estratto, “Invece tu”, profuma di anni ’60, ed è stato scritto, arrangiato e registrato ‘come si faceva una volta’. Ma dietro ad “Almanacco del giorno prima” ci sono molte altre suggestioni, e ce le ha raccontate Dente in un’intervista realizzata tra vinili e vecchie radio.

“Almanacco del giorno prima” riecheggia un vecchio programma tv, o sbaglio?

Il titolo del disco nasce da un’ispirazione televisiva, esattamente l’Almanacco del giorno dopo, un programma della tv che fu. Si rifaceva agli antichi almanacchi, che erano un po’ calendario, lunario, e avevano le previsioni e le indicazioni per l’agricoltura. Un tempo gli almanacchi non erano realizzati in maniera scientifica: pensando al titolo che volevo, mi piaceva l’idea di questo tipo di recupero. Mi diverte vedere cosa si pensava del futuro, e verificare invece poi cosa è successo realmente. Mi affascinano questi pensieri che stanno un po’ tra sliding doors e i film fantascienza di un tempo, quelli in cui si avevano visioni su un 1985 proiettato lontano nel futuro.

 

Com’è stato il passaggio da un’etichetta indie a una major (Rca/Sony Music)?

È cambiato ben poco. Ho fatto un disco come volevo io, addirittura tra i più indipendenti che abbia fatto.

Il primo singolo, “Invece tu”, è stato registrato ‘come una volta’. Quanto questa scelta ‘vintage’ è motivata dal cuore e dalla passione?

Si giustifica con il mio amore per il passato, quello che è il passato qualitativamente migliore dell’oggi.

A cosa ti riferisci?

Pensiamo agli show del sabato sera in tv: la differenza si nota dagli anni ’60 a oggi, allora erano una cosa completamente diversa. C’era qualità, si dava spazio a personaggi che portavano in scena idee interessanti e non erano superficiali. In tv arrivavi solo se eri veramente bravo, e infatti c’erano fior di autori, attori e cantanti. Oggi la tv con la bravura c’entra poco. Ma non ricordo più la domanda, parlo, parlo e ogni tanto mi perdo.

Il vintage nel tuo disco.

Ho voluto riportare nell’album quei suoni che ascolto nei dischi che mi piacciono. Non ho voluto fare un’operazione filologica, non scrivo canzoni come negli anni ’60. Non mi ritengo un musicista perché non ho studiato la musica, canto come mi viene da cantare e uso la chitarra per accompagnare la mia scrittura. Le mie canzoni nascono così perché è un mio limite.

 

 

Cosa significa che hai registrato come una volta?

È più che altro un discorso di attitudine, perchè ho registrato in digitale. Un tempo la Rca aveva una grande sala di registrazione con l’orchestra e Morricone che faceva gli arrangiamenti, oggi non è immaginabile una cosa del genere. Come dicevo, il gusto di quegli anni l’ho cercato perché sono suoni che stanno bene con le parole che ho scritto, ma non è interessante fare un recupero filologico.

Tra l’altro hai registrato il disco in una scuola abbandonata nel paese di Giuseppe Verdi.

Sì, a Sant’Andrea di Busseto per la precisione, che è un po’ la zona da dove vengo io (Dente è di Fidenza, nda). Questa scuola molto bella è in mezzo alla campagna: ho vissuto due mesi di allontanamento dalla civiltà. Nessuna connessione internet, non prendeva il cellulare nella casa che avevo affittato. Non ero nel deserto ma sono stato comunque un po’ sconnesso dalla nostra quotidianità abituale.

Ti è mancata un po’ la tecnologia?

Non mi è mancato niente, ero concentrato su quello che stavo facendo. In realtà internet al 90% lo usiamo in modo futile, buttando via un sacco di tempo. Non sappiamo cosa fare e ci diamo un’occhiata, e poi restiamo lì mentre il tempo va. Del resto, da 10 anni non ho la tv in casa perché la usiamo spesso per spegnere il cervello. Il web si è trasformato in quella roba lì, buttiamo via tempo per cose che non ci servono, per guardare un video stupido… A Busseto, invece, ho fatto fotografie per la campagna. Mi rendo conto però che è difficile fare questa vita ‘disconnessa’ perché ti estranei dalla società di oggi, ma al tempo stesso è anche possibile farla: nessuno è mai morto perché non ha Facebook. Però non averlo ti taglia fuori da qualcosa (Dente è anche su Twitter).

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