Google Drive è arrivato ma non è il killer di Dropbox

Un po’ Docs e un po’ Wave nel progetto di cloud di Big G

E’ la notizia più importante della settimana. Il lancio di Google Drive ha interessato molti settori dell’hi-tech per vari motivi. L’ultimo riguarda la possibilità di avere 5 Gb di spazio gratuito dove memorizzare file e documenti senza la necessità di avere dietro sempre il portatile grazie alla tecnologia della nuvola; tutto già visto con piattaforme come Dropbox e Microsoft SkyDrive. La novità è un’altra e riguarda il fatto che d’ora in poi qualunque cosa uscirà dal cappello magico di Google sarà perfettamente integrata con i prodotti già esistenti. Una mancanza che, probabilmente, ha causato la prematura scomparsa di progetti ambiziosi come Google Wave di cui, almeno in parte, Google Drive è un’evoluzione. Siamo dinanzi a qualcosa di più un semplice servizio di storage visto che si punta molto sul social e sulla condivisione del lavoro. Per questo sembra che Drive sia mirato principalmente alle imprese o a chi utilizza frequentemente le altre piattaforme di Mountain View come Gmail o Google+. Qui l’integrazione si fa più profonda con la possibilità di trascinare semplicemente i contenuti dallo spazio sulla cloud e incollarli in un nuovo messaggio di posta o sulla bacheca del social network.

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In questo Dropbox è differente visto che si rivolge ad un pubblico più ampio o soprattutto versato al “mobile” visto che finora è l’unico compatibile con la maggior parte delle piattaforme sia software che hardware. Data la profonda integrazione con Google Docs, Drive rischia di sembrare semplicemente un importante aggiornamento di quello già esistente, rischiando di far dimenticare delle novità di assoluto rilievo. Tra queste la possibilità di operare completamente offline con l’arrivo di un’applicazione per computer e device mobili (smartphone e tablet) così da gestire le cartelle come sul PC. Come avviene con Dropbox la sincronizzazione avverrà solo in presenza di connessione alla Rete, lasciando che l’utente possa operare sui file già memorizzati quanto e come vuole.

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La scelta maggiore tra i due concorrenti si giocherà quasi sicuramente sulla reale integrazione tra sistemi fissi e mobili. Se Dropbox ha fatto la sua fortuna anche grazie alla presenza su più piattaforme, Google è fermo al varco, avendo lanciato solo quella per Android, sistema operativo di proprietà. Per la versione compatibile con iPhone e iPad (e magari Windows Phone) ci sarà da aspettare soprattutto perché Google sa quanto può ricavare dall’utilizzo di proprie applicazioni da diversi utenti mobili.

Il guadagno maggiore in questo caso è per gli utenti che spendendo qualche minuto del proprio tempo possono iscriversi a due o tre servizi diversi e guadagnare davvero un cospicuo spazio di storage sulla nuvola. Se si considerano i 5 Gb gratuiti di Google, i 2 Gb di Dropbox e i 7 Gb di Microsoft SkyDrive (che diventano 25 Gb se si è già utenti del servizio) si può arrivare ad avere quasi un mini hard disk virtuale dove conservare i propri dati e lavori quotidiani, anche in assenza di spazio fisico su dispositivo mobile. Se si pensa poi che delle piattaforme principali esistono anche app dedicate allora la scelta diventa quasi obbligatoria, risparmiando spazio sulla memoria dello smartphone/tablet e soldi in portafoglio per un dispositivo più capiente.