Internet of Things & Startup

Quest’articolo nasce dalla voglia di esplorare se in ambito IoT ci fossero o meno startup emergenti da tenere sotto la lente di ingrandimento e il risultato devo dire che mi ha sorpreso: IoT non è solo un trend, ma una solida realtà soprattutto negli USA dove già ci sono startup finanziate che operano con successo sul mercato

Ho trovato molto utile a tal fine il secondo Rapporto dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano che illustra i principali risultati ottenuti nel corso dell’Edizione 2012 della Ricerca, tra cui la diffusione e il valore del mercato Internet of Things in Italia nel 2012, l’evoluzione dello scenario applicativo e delle tecnologie alla base dell’Internet of Things, i costi e i benefici di una infrastruttura urbana di comunicazione condivisa abilitante molteplici servizi (Smart Urban Infrastructure) e il valore di applicazioni IoT per i Sustainable Building.

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L’Edizione 2012 dell’Osservatorio Internet of Things è stata realizzata in collaborazione con il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, il PoliHub StartUp District & Incubator, l’RFId Solution Center e con il supporto di Almaviva, Engineering, Eni, Minteos, Softec, Telecom Italia, Vodafone, Econocom.

La Ricerca si è articolata su cinque filoni principali:

Internet of Things: mercato e applicazioni.

La prospettiva tecnologica.

L’Internet of Things per le Smart City.

L’Internet of Things per i Sustainable Building.

L’Internet of Things e le Startup.

In particolare è interessante il focus sulle analisi delle startup operanti nel settore Internet of Things che hanno ricevuto finanziamenti da realtà finanziarie internazionali negli ultimi due anni.

Le startup analizzate sono state raggruppate in tre principali categorie:

• startup che mirano a offrire applicazioni o soluzioni rivolte al mondo consumer, adottando un modello B2C, con un focus sugli oggetti intelligenti. Nella maggior parte dei casi queste startup offrono sia componenti hardware (concentratori, sensori, etc.) che le relative applicazioni software, in combinazione anche con servizi cloud, quali ad esempio l’accesso profilato ai dati monitorati. Tipicamente, tali soluzioni puntano a portare intelligenza, tramite sensori e/o attuatori, a oggetti di uso quotidiano, e permettono all’utente di dialogare con uno o più “smart object” attraverso la rete Internet e, in alcuni casi, applicazioni dedicate su smartphone.

• startup che offrono applicazioni con focus sullo stile di vita, che grazie all’uso di sensori su oggetti “comuni”, quali spazzolino da denti, giochi o bottiglie, monitorano le abitudini di vita dell’utente registrandone le azioni principali;

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• startup che si rivolgono al mondo degli sviluppatori e/o dei produttori, per mettere a loro disposizione “piattaforme” che consentono lo sviluppo di nuove applicazioni basate sull’Internet of Things.

Inoltre, strettamente collegate all’ambito Internet of Things, si possono menzionare alcune startup che operano nel mondo dei “Big Data” e che offrono servizi di data analytics per estrarre informazioni di interesse da grosse moli di dati acquisiti. Il mondo delle soluzioni Internet of Things è, infatti, caratterizzato da un ingente quantitativo di dati: ciò è tanto più vero quanto più cresce il numero e la pervasività degli oggetti connessi e, conseguentemente, delle informazioni da essi raccolte.

Tra le startup segnalate dal Rapporto in particolare sono interessanti:

Ninja Blocks – una startup australiana che è nata grazie al finanziamento di oltre 100.000 dollari su Kickstarter, la startup ha poi bruciato le tappe raccogliendo 1 milione di dollari da un pool di otto Business Angel e due Venture Capitalist. Il kit Ninja Blocks è costituito da un mini-PC con hardware open source e software Linux, pensato per accettare segnali da sensori esterni o da internet in modo da generare una risposta che possa essere sempre veicolata via Web. Per attivarlo occorre connetterlo a Internet, collocare i sensori e programmarne il funzionamento: una app è utilizzata come guida nella configurazione delle regole, che può essere eseguita con un semplice trascinamento di icone (drag & drop). Alcuni dei sensori disponibili sono già integrati sulla scheda del computer, come il sensore per la temperatura – in grado ad esempio di fungere da termostato per accendere, spegnere o regolare la temperatura dei termosifoni – e un accelerometro.

GreenGoose – è una startup americana nata nel 2010 che in pochi mesi ha calamitato l’attenzione di pubblico e investitori ottenendo un round di finanziamento di quasi mezzo milione di dollari. L’idea dei cinque fondatori della startup della Bay Area di San Francisco consiste nel creare un gioco di ruolo con l’obiettivo di premiare il comportamento delle persone ogni volta che vengono compiute alcune azioni quotidiane “salutari” come, per esempio, lavarsi i denti. Ogni azione svolta positivamente assegna un punteggio espresso in Experience Points: il sistema mira infatti a incentivare i comportamenti positivi in grado di migliorare non solo la vita del singolo (lavarsi i denti, prendere medicine, etc.), ma anche della collettività. Alla visualizzazione dello score giornaliero viene poi affiancato un utile grafico che mostra l’andamento dei punteggi nel corso del tempo. Ciò permette di avere accesso a dati storicizzati sulle proprie abitudini, così da prendere consapevolezza sui comportamenti da migliorare e su quelli invece “positivi” che vanno mantenuti.

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ThingWorx – La piattaforma ThingWorx combina le funzionalità chiave del Web 2.0 – “Search” e “Social Collaboration” – e le applica al mondo connesso, consentendo ai propri clienti di creare rapidamente applicazioni M2M e soluzioni innovative in grado di stimolare il valore generabile in ambito Internet of Things. Thingworks è cresciuta passo dopo passo, stringendo partnership con una lista sempre più lunga di clienti attivi in ambiti quali M2M, manifatturiero, healthcare, energia e smart grid, con utenti desiderosi di rinnovare le proprie attività operative tramite la nuova Connected Application Platform. Dalla nascita nel 2009, lo staff di ThingWorx è cresciuto del 300%, arrivando a includere Phil Huber, l’ingegnere del software che ha co-creato Wonderware (leader di mercato nel settore dei software per la gestione delle attività industriali in tempo reale).

Streetline – L’intuizione è stata quella di costruire un pannello di controllo per conoscere in tempo reale lo stato della disponibilità dei parcheggi (occupati o liberi) anche lungo le strade delle città, e per poter così ottimizzare la gestione degli stalli non occupati. Tale strumento è stato il punto di partenza per varare Streetline, una startup che ha dato vita a una piattaforma in grado di utilizzare le rilevazioni di sensori installati nell’asfalto per estrarre i dati e analizzarli, fino a ricostruire una fotografia dettagliata e in tempo reale degli stalli liberi. L’applicazione riduce inoltre il tempo necessario per parcheggiare e dunque il consumo di carburante e la produzione di CO2. Streetline, ha recentemente ricevuto un credito di 25 milioni di dollari per estendere la sua soluzione tecnologica ad altre città degli Stati Uniti, si è inoltre aggiudicata all’ultimo Mobile World Congress (edizione 2013) di Barcellona il prestigioso premio “Best Mobile Innovation for Smart Cities” ed è stata individuata tra le dieci aziende più innovative nel settore dei trasporti.

Splunk – Splunk, startup fondata nel 2008 con sede a San Francisco, California, ha costruito il suo successo attraverso la sua piattaforma cloud per imprese e istituzioni pubbliche. Ad accelerarne l’emersione ha contribuito la rapida espansione dei Big Data, alimentata dalla diffusione di dispositivi mobili e dalle comunicazioni M2M (Machine-to-Machine). La scommessa di Splunk era di gestire immensi volumi di dati eterogenei, rendendoli accessibili in tempo reale: per risolvere questa esigenza, ha abbinato il tema dei Big Data con il cloud. Nello specifico, Splunk ha sviluppato un motore per dati IT in grado di raccogliere, indicizzare e controllare i dati generati da tutti i sistemi e dall’intera infrastruttura IT, fisica, virtuale e nel cloud. L’azienda si è quindi specializzata nel rilevare ed elaborare i cosiddetti “dati di macchina”: dai siti web ai cellulari, dai contatori ai dispositivi GPS, le macchine generano continuamente delle piccole porzioni di informazioni che, grazie a Splunk, non finiscono per perdersi dopo essere state immagazzinate su qualche server, ma anzi vengono analizzate e messe in correlazione con altre provenienti da sistemi diversi. Ad esempio, navigando su un sito di eCommerce si visitano molte pagine di prodotti differenti, si mettono oggetti nel carrello e magari si finisce per non comprare nulla. Un’azienda con la facoltà di stabilire le ragioni alla base del mancato acquisto da parte dei clienti permette di migliorare il tasso di conversione tra chi osserva e chi acquista, e anche un piccolo miglioramento può dare luogo a un significativo aumento delle vendite. Quotata al Nasdaq dal 2009, il fatturato della società è passato da 18 milioni di dollari agli attuali 120 milioni.

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È di questi giorni la notizia l’annuncio di Ayla Networks di un round 5,4 milioni dollari di finanziamento e di importanti partnership con i principali produttori di chip e di un gigante cinese del settore Internet.

Ayla ha costruito una soluzione integrata “plug-and-play” per i produttori di apparecchiature originali (OEM) per rendere i loro elettrodomestici e altri dispositivi intelligenti. L’azienda offre moduli di bassa potenza Wi-Fi che sono integrati in un dispositivo direttamente dalla linea di produzione. Il modulo si collega al software cloud-based di Ayla per configurare i dispositivi e fornire una libreria di applicazioni per personalizzare l’interfaccia utente. La soluzione è in grado di interagire con Android, iOS, Wi-Fi, ZigBee, Linux e una varietà di altri standard di comunicazione. Ayla fornisce il pacchetto completo di hardware e software per i dispositivi di connessione, che un OEM può quindi personalizzare a proprio uso.

Visti questi casi di successo forse è il caso per i giovani startupper italiani di guardare con interesse a questo ramo della tecnologia abbandonando il settore ormai saturo dello sviluppo app.