Intervista ad Alessio Pizzicannella: Photoshop non è un videogioco

«La postproduzione delle foto è l’unico aspetto negativo della fotografia attuale: giocando con i ritocchi ci troviamo dei mostri in copertina»

Alessio Pizzicannella è uno dei più noti fotografi italiani dello star system. Spesso quelle che compaiono sui booklet dei cd sono foto scattate da lui, e tanti suoi scatti compaiono sulle copertine e fra le pagine di molte riviste. Alessio Pizzicannella ha fotografato tra gli altri i REM, Cat Stevens, Neil Young, i Rolling Stones e gli U2, più una serie lunghissima di cantanti italiani, ma anche attori e personaggi dello sport.

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La nostra chiacchierata avviene su Skype, lui è collegato con il suo iPad da Locarno, la cittadina svizzera dove vive.

Data Manager: Tu, fotografo delle star molto noto e richiesto, hai fatto un’affermazione interessante: “Fotograficamente non esisterei se non fosse per la musica”. Cosa intendi dire?

Alessio Pizzicannella: La mia prima passione non è stata la fotografia: è stata la musica. Per stare vicino a questo mondo ho iniziato a fare foto ai concerti e a lavorare in Inghilterra per la rivista NME, negli anni ’90. Poi ho continuato.

Com’è cambiato il lavoro del fotografo nel tempo?

Io mi considero un po’ vintage. Sono stato uno degli ultimi fotografi a passare al digitale, ma quando l’ho fatto non ho avuto alcun ripensamento. Le nuove tecnologie danno molti vantaggi, abbattendo tempi e costi. L’unico svantaggio che trovo nel digitale è la postproduzione.

Oggi è esasperata?

Una volta la foto, a parte qualche ritocco, era più o meno quella che avevi scattato. Noi fotografi eravamo più disciplinati nel momento in cui dovevamo scattare; adesso, una volta che hai l’immagine puoi staccare una testa e riattaccarla, spostare questo e quello, mettere le nuvole… Photoshop può essere usato come un videogioco, e il risultato è che arriviamo al ridicolo nei rimaneggiamenti di certe foto: a volte abbiamo mostri in copertina, non ritratti. In futuro vedremo questi ritocchi come le spalline degli anni ’80 nelle giacche: eccessive.

Al di là della tecnologia, cosa significa per te oggi fare il fotografo?

Reinventarmi sempre.

Come riesci a farlo?

Non è facile, è già stato fatto tutto. Negli ultimi anni ho cercato di fare foto meno posate, meno plastiche, di usare meno luci. Non ho inventato niente, ho recuperato alcuni elementi che oggi propongono in pochi.

Qual è il tuo stile fotografico?

Da sempre si è scelti perché si ha uno stile forte, ma a me piace riuscire a gestire ogni tipo di foto e quindi, in un certo senso, non avere un mio stile: mi piace confrontarmi con situazioni che mi mettano in crisi.

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