Intervista a Devendra Banhart: il nuovo cd, la musica, Tumblr

Arriverà il prossimo marzo “Mala”, il nuovo disco di Devendra Banhart. In passato i testi delle sue canzoni sono stati definiti surreali, lui però oggi si scrolla di dosso questa etichetta. E’ efficace e chiaro come una poesia giapponese (che leggete qua sotto), racconta in musica quello che vede e – già che c’è – lo fotografa per Tumblr. Gli altri social network? In proposito ha le idee chiare

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

«I social network sono strani: come puoi dire a qualcuno che è un tuo ‘amico di My Space’?»

Cantautore difficilmente inquadrabile per personalità, estro e creatività, Devendra Banhart è esattamente come la sua musica: un po’ di questo un po’ di quello, perfettamente calibrato ma difficilmente etichettabile. Lui stesso ha definito la sua cariera come “un’avventura e un’esplorazione”. Per capire la musica di questo cantautore nato a Houston, cresciuto a Caracas con la madre venezuelana, arrivato adolescente a Los Angeles e spostatosi poi tra San Francisco, Parigi e New York (tappa attuale), bisogna ascoltarlo: il suo fascino rapisce.

Data Manager: Iniziamo dal titolo che hai scelto per il disco, “Mala”, parola serba che è un nomignolo affettuoso, ma anche parola spagnola che significa cattiva…

Devendra Banhart: In gaelico vuol dire sacchetto di plastica, ha altri signifcati in esperanto, in estone e altre lingue ancora. L’ispirazione è venuta da Ana (Kras, artista e fotografa serba, fidanzata di Devendra, nda) durante una telefonata. Era la parola giusta per questo disco.

Tu sei anche un artista visivo, i tuoi disegni sono spesso enigmatici. Ci spieghi il significato della cover del cd (due recipienti su sfondo rosa)?

L’ho fatta io, e per me è molto concreta, ha un significato letterale. Voi cosa ci vedete? Io penso a qualcosa che ha il potenziale per essere riempito.

 

I tuoi testi spesso sono stati definiti surreali…

In passato forse potevano essere descritti così, perché contenevano simboli e metafore. Oggi credo invece di essere molto chiaro: osservo le cose e ne scrivo nelle canzoni. Penso che questo spirito sia ben spiegato da una piccola composizione giapponese, che dice: “Primo dell’anno: stelle in cielo, vomito per strada”. Efficace, come un film intero in poche parole. I miei testi non sono autobiografici: non sono io la persona di cui canto; scrivo le cose che vedo e le esperienze vissute, raccontate però da altri personaggi diversi da me.

A proposito di essere qualcun altro, su Twitter ci sono diversi Devendra Banhart.

Molti, sì; da un lato la cosa mi lusinga, dall’altro la trovo strampalata. Mi piace pensare di mettermi al computer e controllare tutto quello che succede sui social network, ma ovviamente non è possibile: non voglio diventare uno zombie perennemente online.

La giusta misura: è così che ti regoli nel tuo rapporto con i social network?

Trovo strane le interazioni che si creano sui social. Come può qualcuno dirti ‘siamo amici di My Space’? E’ assurdo. Però pubblico con costanza i miei scatti su Tumblr. Mi piace molto fare foto (ne scatto una anche adesso!). Sì, Tumblr è proprio divertente.

Hai dato un’occhiata al nuovo My Space riportato in auge da Justin Timberlake?

No, non ancora. Ottima cosa che sia subentrato Justin, e buon per lui: i social network sono integrati nelle vite dei più giovani e tutti viviamo con il cellulare in mano.

Cosa pensi di siti come www.bandcamp.com dove qualsiasi cantante, anche senza etichetta discografica, può vendere al pubblico le sue canzoni?

Penso sia una bella iniziativa. Rispetto al passato abbiamo molte più possibilità di farci notare, tutti. Chissà che non sia però più difficile farsi ascoltare, in un momento in cui è più semplice farsi sentire.

(Foto Credits: Ana Kras)

>> Leggi altre interviste nella sezione Music&Tech !