L’investimento in ICT riduce il deficit e fa crescere il PIL

Risparmio possibile fino a 43 miliardi l’anno per la Pubblica Amministrazione con innovazioni digitali a livello di acquisti, produttività e sburocratizzazione. Aumento del Pil tra lo 0,4% e lo 0,9% con agevolazioni a investimenti IT, start-up e banda larga

Come l’ICT può contribuire al rilancio delle imprese e dell’economia? A questa domanda ha cercato di rispondere il convegno che si è svolto presso l’Aula Rogers del Politecnico di Milano del Campus Leonardo di via Ampère 2 dal titolo “Crisi finanziaria e rilancio dell’economia: quello che l’Ict può fare“. L’occasione per la presentazione dei risultati della Management Academy for ICT Executives, il progetto culturale promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Cefriel e con il patrocinio di Assinform, Aused e ClubTI, volto ad affiancare i CIO e gli ICT Executives nell’esigenza di formazione e crescita professionale indotta dalla crescente rilevanza delle tecnologie digitali per il business.

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“In questo periodo di crisi, l’ICT può fare molto per contribuire alla riduzione del deficit pubblico e al rilancio dell’economia – ha affermato Andrea Rangone, responsabile degli Osservatori ICT del Politecnico di Milano – Stimiamo infatti che possa garantire un risparmio alla Pubblica Amministrazione fino a 43 miliardi di euro l’anno, un valore pari circa al 80% del deficit dello Stato, e produrre un incremento del Pil italiano tra lo 0,4% e lo 0,9%. Si tratta di risultati che avrebbero un grande impatto in un’economia caratterizzata dai livelli record del debito pubblico e da previsioni di crescita prossime allo zero”.

Nel dettaglio, gli Osservatori ICT&Management del Politecnico di Milano hanno stimato un risparmio possibile fino a 43 miliardi di euro l’anno per la Pubblica Amministrazione attraverso tre sole importanti azioni:

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– Riduzione della spesa per gli acquisti della Pubblica Amministrazione attraverso l’eProcurement: risparmio intorno ai 4 miliardi di euro l’anno

– Aumento della produttività del personale della PA, grazie ad un miglioramento dell’efficienza: risparmio intorno ai 15 miliardi di euro l’anno

– Riduzione dei “costi di relazione” tra la PA e le imprese attraverso la digitalizzazione di alcuni processi burocratici (risparmio intorno ai 23 miliardi di euro l’anno) e una più snella gestione dei pagamenti (risparmio di 1 miliardo di euro l’anno)

Un incremento del PIL dallo 0,4% allo 0,9% invece sarebbe immediatamente realizzabile con i seguenti interventi:

– aumento del peso degli investimenti in innovazione ICT nella PA di 150 milioni di euro;

– stimolo agli investimenti ICT delle imprese per 150 milioni di euro in più rispetto al valore attuale, attraverso defiscalizzazione e co-finanziamenti pubblici;

– investimenti nella banda larga mobile (oggi finalmente sbloccati dopo l’asta LTE) pari a circa 1,5 miliardi di euro l’anno e sblocco degli investimenti per la ultra broad band fissa, ipotizzati in circa 1 miliardo di euro l’anno;

– aumento degli investimenti in start-up hi-tech per 150 milioni di euro in più rispetto a quelli attuali.

Gli investimenti delle imprese: la necessità di auto-finanziarsi

In questo contesto, qual è il budget ICT a disposizione delle imprese, quali sono le principali aree di investimento e quali le trasformazioni organizzative da affrontare nel 2012? A queste domande ha risposto la survey realizzata dal Politecnico di Milano sui temi caldi per le Direzioni ICT per il 2012 su un campione di 119 imprese di grandi dimensioni (fatturato superiore ai 250 milioni di euro) e 54 imprese di medie dimensioni (fatturato tra 100 e 250 milioni di euro) classificate in quattro macro settori: Banche e Assicurazioni, Servizi e Media, Utility e Industria.

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Ne emerge una previsione di leggera crescita del budget ICT rispetto all’anno in corso in particolare per il settore delle Utility e quello delle Banche e Assicurazioni, con le grandi aziende per lo più stabili (45% di aziende dichiarano invarianza nel trend di budget ICT) e le medie aziende con una maggiore inclinazione ad investire (il 17% dei rispondenti esprime un aumento a tassi sostenuti). La spesa ICT, tuttavia, si rivela sostanzialmente rigida per i limitati investimenti in nuove soluzioni rispetto alla quota parte di spesa allocata alla gestione dell’esistente.

Dall’esame delle principali aree di investimento per il 2012 emergono due trend principali: la riduzione dei costi interni delle Direzioni ICT (attraverso soluzioni di consolidamento e razionalizzazione dei sistemi informativi, principalmente sviluppo dei Data Center, 34%, e investimenti in soluzioni di Cloud Computing, 30%) e la riduzione dei costi di Business Process innanzitutto attraverso soluzioni di digitalizzazione dei processi e la Unified Communication & Collaboration.

“Questi due trend evidenziano come, attraverso il recupero di risorse, le Direzione ICT stanno cercando di “auto-finanziare” l’innovazione – ha affermato Mariano Corso, responsabile scientifico della Management Academy for ICT Executives del Politecnico di Milano – nell’ottica di avvicinarsi al business ed alle sue esigenze contribuendo ad una maggiore efficacia decisionale e ad un ripensamento delle relazioni interne ed esterne all’impresa”. Ne sono un esempio le azioni in ambito dematerializzazione che dimostrano già benefici concreti: tra 1 e 3 euro a documento con payback entro i 12 mesi nel caso di conservazione sostitutiva delle fatture attive, tra 30 e 80 euro per ciclo con payback entro i 12 mesi nel caso della completa integrazione e dematerializzazione del ciclo dell’ordine (Fonte: Osservatorio Fatturazione elettronica e dematerializzazione).

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“Per poter implementare queste soluzioni – ha proseguito Mariano Corso – la Direzione ICT si vede costretta a cambiare il proprio assetto organizzativo riducendo il nucleo operativo, puntando all’outsourcing e investendo sulla relazione con i clienti sia interni sia esterni. Ed infatti, proprio lo sviluppo di ruoli e processi per il Demand Management risulta al primo posto tra le sfide organizzative per il 2012, indicata dal 42% degli intervistati”.