L’effetto destabilizzante del cloud

Nell’interessante articolo pubblicato sull’ultimo numero di Intel Technology Journal 2012 si evidenzia come il cloud computing sia di fatto un percorso evolutivo di una logica che aveva iniziato ad affermarsi nella seconda metà degli anni 90 con l’avvento di Application Service Provider e Internet Service Provider, fenomeno da cui nacquero le prime esperienze di servizi applicativi in hosting. Per le aziende significava avere l’opportunità di esternalizzare l’IT così come in passato era avvenuto per altri servizi interni alle organizzazioni. Quell’esperienza venne poi tradotta in quello che oggi viene comunemente etichettato come cloud.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

La virtualizzazione aveva consentito di introdurre un nuovo fattore di produttività all’interno dei data center. Significava potere erogare applicazioni e servizi con un ritorno di investimenti di gran lunga superiore ai precedenti e il concetto di scalabilità non era più applicabile soltanto a una dimensione verticale, ma a una dimensione orizzontale.

Cloud: evoluzione, non rivoluzione

L’opinione dell’autore dell’articolo, Reuven Cohen, è che il cloud non debba essere considerato come una rivoluzione bensì, come successo in passato per quanto riguarda la nascita di un nuovo modello di erogazione delle applicazioni, di una evoluzione, frutto di successi e fallimenti.

L’avvento del cloud e del sottostante modello di erogazione di servizi, applicazioni e soluzioni, via web o mobile, ha creato una profonda frattura nel mondo dell’IT. Le organizzazioni mainstream, quelle che nello scorso secolo hanno prosperato facendo leva sul modello client-server, si trovano oggi di fronte non solo a una nuova competizione, rappresentata da soggetti in grado di erogare contenuti in modalità innovativa, ma a una a vera e propria sfida alla sostenibilità del proprio business. Da una parte perché il pc non è più l’unico client in grado di essere l’interfaccia di riferimento del nuovo paradigma IT, dall’altra perché il cloud consente l’ingresso di nuovi soggetti in grado di soddisfare una nuova domanda. E’ un percorso che nasconde opportunità e rischi, il cui esito finale è ancora in gran parte sconosciuto.

Leggi anche:  Pure Storage amplia la partnership strategica con Microsoft per accelerare l'adozione dei cloud enterprise

L’ingresso dei new player

Quanto sta accadendo nel mondo dell’IT non ha nulla di diverso da quanto successo in altri settori di industry. E’ un fenomeno che si ripete ogni qualvolta si innesca un cambiamento sostanziale nel modo di produrre in virtù della disponibilità di nuove tecnologie. Un fenomeno di innovazione che crea una frattura rispetto ai modelli di business esistenti. Uno scenario dove si assiste a una stessa sequenza: l’ingresso di nuovi player e la conseguente sfida, per gli incumbent, nel sostenere una competizione fondata su nuovi modelli di industry.

I new player adottano inizialmente una strategia a basso margine di profitto, mettendo in crisi la logica mainstream della componente legacy e, nello stesso tempo, introducono elementi di competitività che si rivelano poi essenziali, come velocità e personalizzazione. Le nuove strutture sono leggere e non devono sostenere i costi delle vecchie organizzazioni, hanno investito soltanto nelle risorse necessarie per sopravvivere nel nuovo mondo. Sono organizzazioni che creano una nuova domanda coinvolgendo nuovi soggetti. All’inizio il prodotto dei newcomer viene considerato di scarsa qualità rispetto agli incumbent, ma il concetto di qualità varia nel tempo e, spesso, il prodotto erogato dalle nuove organizzazioni acquisisce credibilità e affidabilità creando un vantaggio competitivo rispetto alla componente mainstream.

Tutto questo è iniziato ad affermarsi da tempo. Il comparto IT tradizionale, quello degli incumbent – da Microsoft a Ibm da Oracle ad HP – è progressivamente mutato e il futuro dell’IT aziendale non è più esclusivamente in mano ai soliti nomi.