L’ascesa dei social network in azienda

A cura di Richard Hughes, autore di Business Communication Revolution e direttore della divisione Social Strategy presso BroadVision

La tua azienda è presente su almeno uno dei social network Facebook, Twitter, YouTube o LinkedIn? Se la risposta è negativa, per quanto ci possano essere dei buoni motivi dietro questa scelta, fai parte di una minoranza sempre più ridotta, probabilmente in numero inferiore a uno su venti.

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I social media hanno stravolto il modo in cui le aziende comunicano con i clienti, ma poco è stato fatto per cambiare i metodi di comunicazione tra i dipendenti all’interno delle aziende e tra diverse imprese. Il termine “social business” assume significati talmente diversi per vari gruppi di persone che quest’ultima distinzione viene spesso trascurata. Molte aziende aprono un proprio account sui social media, auto-conferendo a tale attività il titolo di “social business”, mentre in realtà la struttura interna dell’organizzazione è ancora basata sulla consueta comunicazione via e-mail.

I social network orientati ai consumatori rivestono un ruolo fondamentale nella moderna comunicazione d’impresa, ma è importante individuare i punti di forza e gli svantaggi di ogni tipo di network per utilizzare in maniera efficace questi nuovi canali.

Facebook, Twitter, Pinterest, Google+ e YouTube sono delle reti principalmente di tipo business-to-consumer e consumer-to-consumer. Con un miliardo di utenti attivi su Facebook e 300 milioni su Twitter, questi network hanno una portata immensa e sono il teatro ideale per entrare in contatto con clienti esistenti e potenziali. Questi network però non sono adatti a intavolare discussioni più produttive con i clienti. In molti casi, dunque, la presenza aziendale sui social media deve essere accompagnata da una propria community, dedicata a intraprendere comunicazioni più ricche con i clienti.

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I social network destinati ai consumatori sono luoghi ancor meno adatti per quanto riguarda le comunicazioni aziendali interne. L’idea di creare gruppi privati su Facebook all’interno dei quali i dipendenti possano discutere di questioni lavorative può inizialmente avere un certo appeal, poiché i dipendenti hanno probabilmente già un profilo Facebook e l’iniziativa può dare l’impressione che la direzione aziendale “comprenda” i social media. Facebook non è tuttavia studiato per le comunicazioni aziendali, in quanto offre pochi strumenti di categorizzazione o di ricerca delle informazioni e scarse funzionalità di gestione dei dati. Questo network ha quindi un’utilità limitata per il “lavoro vero e proprio”; è invece più appropriato per chiacchiere e curiosità d’ufficio, offrendo ben poco valore all’azienda.

Nella maggior parte dei casi gli esperti di social business rimarrebbero probabilmente esterrefatti davanti alla decisione di utilizzare Facebook per le comunicazioni interne. Una recente ricerca, tuttavia, suggerisce che il 74% delle aziende ha adottato esattamente questa pratica. Si tratta di una statistica sorprendente alla quale non è facile credere; ho il sospetto che sia in realtà un ulteriore esempio di confusione sulla terminologia di social business, piuttosto che un autentico ritratto di come si svolgono effettivamente le comunicazioni aziendali interne.

Questa confusione mette in evidenza la necessità di classificare i social network in tre categorie distinte e di mettere in atto una strategia integrata di social business che faccia un uso adeguato dei tre tipi di network con l’obiettivo di migliorare le comunicazioni rivolte a diversi gruppi di utenti.

1. Social network pubblici come Facebook e Twitter, utili per entrare in contatto con clienti esistenti e potenziali, inadeguati per discussioni più importanti.

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2. Community di clienti, ideali per coinvolgere in maniera più profonda gli utenti. Queste possono essere definite come delle “social extranet” e comprendono anche le reti interaziendali per la comunicazione con partner e clienti B2B.

3. Network per i dipendenti, per le comunicazioni interne all’azienda e definibili come “social intranet”.

Tra i più importanti social network pubblici, il più difficile da categorizzare è LinkedIn. Talvolta viene descritto erroneamente come una rete interaziendale, ma si tratta in realtà di una rete di professionisti che lavorano per varie aziende, costituendo un network interpersonale piuttosto che interaziendale. I più cinici potrebbero definirlo un sito di recruitment o una rubrica sovrastimata, come dimostra l’utilizzo che ne fa una grande percentuale dei 225 milioni di utenti attivi. LinkedIn sembra però aspirare a diventare uno strumento aziendale di maggiore utilità, che consenta alle aziende di promuovere i loro prodotti e agli addetti alla vendita di trovare clienti. Anche in questa prospettiva, nel ruolo di piattaforma destinata ai dipendenti o alla collaborazione interaziendale, questa rete soffre dello stesso problema di Facebook: un ambiente eccessivamente semplicistico per le attività lavorative vere e proprie. LinkedIn rientra pertanto nella prima categoria: è un social network orientato alle aziende e utile per stringere nuovi rapporti, ma non altrettanto adatto a collaborazioni più importanti.

Dei tre tipi di network, quelli meno sviluppati e distribuiti sono i network interni per i dipendenti, nonostante varie ricerche dimostrino che sono proprio loro a offrire il massimo potenziale in azienda.

 

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Richard Hughes

Richard Hughes è Direttore della Strategia Sociale presso BroadVision. Durante i 15 anni passati in BroadVision, ha consigliato le più grandi aziende al mondo sulle loro strategie e sui progetti di implementazioni di soluzioni di commercio elettronico, portale e social networking, ricoprendo ruoli sia tecnici che di business. Nella sua posizione attuale, fornisce consigli strategici sull’utilizzo del social networking nel business, e aiuta le aziende a valutare l’efficacia delle loro interazioni con clienti, partner e dipendenti attraverso l’analisi dei dati relativi alle loro attività sociali.

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Richard ha più di 20 anni d’esperienza nel settore delle soluzioni Internet, esperienza acquisita presso BroadVision e in ruoli precedenti presso l’Università di Oxford, Fisons Instruments e Blackwell. Ha una laurea in informatica ottenuta presso l’Università di Bath e vive in Oxfordshire, in Gran Bretagna.