A nobilitare le bionde, da sempre considerate un po’ svampite e superficiali a causa di un luogo comune ormai ampiamente radicato, ci ha pensato la scienza: non esiste alcuna correlazione tra il colore dei capelli e le capacità intellettive, spiega la genetica
Le bionde hanno in comune tra di loro solo l’esistenza di un unico gene che influisce sul colore, senza altre implicazioni sulla personalità. Inoltre, il gene che determina la tonalità della chioma è univoco e non ha relazioni nemmeno con altre caratteristiche fisiche come il colore degli occhi: un’affascinante bionda con gli occhi azzurri, binomio che ha accompagnato i canoni di bellezza femminile soprattutto all’epoca di Marylin Monroe, è quindi uno stereotipo di donna le cui caratteristiche non hanno un nesso genetico.

I pregiudizi sulle bionde vengono quindi finalmente distrutti, grazie ad uno studio condotto dagli studiosi dell’Università di Stanford, guidati da David Kingsley, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Nature Genetics”.

Sarebbe sufficiente quindi un cambiamento genetico infinitesimale per determinare una colorazione di capelli diversa da un’altra e solo oggi si è individuato qual è l’impercettibile tratto della catena di Dna responsabile di questo mutamento: il Dna per le bionde, insomma.

Scoperto il gene grazie ad un pesce

Ma come si è giunti a trovare il gene dei capelli color del sole?

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Decisamente singolare è stato l’approccio di Kingsley, che ha condotto una ricerca su un particolare tipo di pesce, lo spinarello: un modello di studio usato come riferimento per capire alcuni meccanismi evolutivi. E’ grazie allo studio su questo animale che si è individuato il gene che definirebbe la pigmentazione delle squame.

A questo punto gli scienziati si sono posti la domanda: “Chissà mai se lo stesso gene influenza anche altre specie viventi?”

I risultati della ricerca hanno dato una risposta positiva a questa domanda: il gene “controllore” del colore dei pesci determinerebbe anche il colore dei capelli nelle diverse popolazioni, caratterizzando in particolare i capelli biondi. La ricerca ha in sé un grande valore che va oltre il fatto di spegnere finalmente uno stereotipo infondato: non solo le bionde non saranno più viste come le “oche” per antonomasia, ma grazia allo studio di tratti del Dna come questo si potrà comprendere più facilmente le basi molecolari della diversità tra gli individui e valutare diversi profili di resistenza alle patologie più comuni.