Ligabue, Mondovisione è il nuovo disco

Il 26 novembre Ligabue tornerà con il suo nuovo disco, “Mondovisione”, arrivato a distanza di tre anni e più da “Arrivederci, mostro!”. Abbiamo già avuto un gustoso antipasto dell’album, “Il sale della terra”, da mesi ai vertici della classifica dei brani più trasmessi dalle radio. Lunedì 25 verrà lanciato il nuovo singolo “Tu sei lei”, perché come spiega Ligabue, il disco deve farsi conoscere in tutti i suoi aspetti.

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Domanda classica, sull’idea iniziale che ha fatto da fondamenta al disco.

Avevo voglia di fare un album che riflettesse il suono della mia band attuale. Oggi abbiamo a disposizione così tanta tecnologia che in genere strafai. E’ proprio difficile non strafare. Abbiamo (con il musicista e produttore Luciano Luisi, nda) cercato di controllare questo aspetto per essere il più possibile diretti, curando molto il suono. Questa è stata la lavorazione più lunga della mia carriera, è durata più di un anno.

C’è molta attualità nelle nuove canzoni…

Sono arrivato al punto in cui tutti siamo, o almeno credo sia così: non se ne può più. Io ho sempre cercato di essere vago o di tenermi lontano dalla cronaca perché una canzone invecchia immediatamente se è molto legata all’attualità. Stavolta non ce l’ho fatta. Credo che sia sotto gli occhi di tutti che chi doveva pagare per la crisi mondiale, non ha pagato.

Questo è un disco rock, nell’anima (contiene 12 canzoni e 2 brani strumentali).

E’ un genere che sento affine per l’urgenza di dire che esprime. Il brano “Con la scusa del rock ‘n’ roll” chiude un trittico iniziato con una canzone per me importantissima, “Sogni di rock ‘n’ roll” (che è la prima scritta dopo una serie di brutte canzoni pretenziose; da quel brano in poi ho composto quello che poi avete sentito) e proseguito con “In pieno rock ‘n’ roll”. Se rock significa una chitarra metal che suona per tutto il pezzo, allora non faccio rock.

C’è una grande esplosione del rap, in Italia: come vedi questo fenomeno?

Non seguo tantissimo il rap e non conosco tutto il movimento, però penso che i rapper siano gli eredi dei cantautori. La parola ha un grande rilievo nelle loro canzoni, viene tolta anche la melodia (se non nei ritornelli) e per questo il significato è ancora più importante. Sono colpito da come diversi rapper stanno raccontando il nostro paese.

L’album si chiude con “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo”.

Se siamo al punto dove siamo, nella nostra realtà, è perché c’è stato chi ha sognato in grande. Non sappiamo cosa succede, ora, nella stanza a fianco: figuriamoci se sappiamo cosa accade nel mondo. La realtà è una nostra proiezione, è un fatto tecnico.

Una realtà che va veloce…

Forse sarà l’età, ma è da un po’ che secondo me stiamo andando troppo forte per riuscire a far sedimentare le troppe notizie che riceviamo. Quanto spesso aggiornate la prima pagina dei giornali in rete? Ogni mezz’ora. Non so se la cronaca produce una notizia da prima pagina ogni mezz’ora. Però il giornale si aggiorna per avere i like, le condivisioni… Ma questi non sono i tempi giusti della metabolizzazione umana. Ci indigniamo, se è il caso, per quel momento, poi passiamo oltre. I social network sono un laboratorio su cui si farà chiarezza tra non so quanti anni, ma sono certo che la velocità non sia quella giusta.

Che musica stai ascoltando?

Sono preso da Spotify, alla faccia del romanticismo. Sto andando a riscoprire delle cose che non conoscevo benissimo, come pezzi di rock progressivo anni ‘70 molto bizzarri. Non mi sembra che, nel mondo, sia un buon momento per il rock in generale: aspetto con ansia l’uscita degli U2 (il singolo nuovo è arrivato oggi, nda).

Cosa ci dici del tour, in partenza il 30 maggio prossimo da Roma, tutto negli stadi?

E’ troppo presto per dire come sarà.

 

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