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World Business Forum 2011. La politica? Un ostacolo per le aziende. Lo sostiene il 39% dei manager italiani

«Qui e ora» è il momento di cambiare. Hegel e la filosofia idealista non c’entrano. Anzi, il momento richiede lucidità e pragmatismo. Così si è aperta l’ottava edizione del World Business Forum. Presente la business community al completo, con oltre 1.500 manager da tutto il mondo. «La conoscenza e le idee sono il vero motore del business». Parola di Fernando Tasco, direttore generale di HSM Europe, che dal 2004 organizza – ogni anno, a Milano – il World Business Forum. Apertura della mattinata, secondo copione. Mentre l’emotività dei mercati era ancora in territorio rosso e poco prima di tingersi di nero, Marco Icardi, amministratore delegato di Sas di Italia, ha introdotto Daniel Goleman, psicologo statunitense, per spiegare come liberare il potere dell’intelligenza emotiva nel mondo degli affari.

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Per Goleman, che abbiamo intervistato al temine del suo intervento, «l’intelligenza emotiva è la chiave dell’esecuzione e fa la differenza tra un capo infernale e capo ideale». Gli stili di management posso essere diversi: C’è il leader visionario, quello “coach”, che allena il team come una squadra, quello “affiliativo”, che culla i collaboratori come un padre o una madre, quello “democratico”, capace di creare commitment, attraverso la delega e la collaborazione. Poi ci sono i leader infernali: quelli – cosiddetti – “pacesetting”, per i quali i collaboratori per quanto bravi non saranno mai all’altezza, una specie di versione riveduta e corretta del “faccio tutto io” e – infine – quelli direttivi, per la serie “qui comando io.

In questo momento, di forte critica sullo stile delle relazioni “made in Italy”, Goleman benedice l’italian style: «La capacità naturale degli italiani di entrare subito in relazione è una caratteristica positiva. I leader di molti Paesi, dovrebbero imparare dagli italiani». A questo punto, l’occasione è troppo ghiotta per resistere alla tentazione e gli chiedo: «Che consiglio darebbe al nostro Premier, Silvio Berlusconi»? «Nessuno. Non lo conosco personalmente. A lui come a qualsiasi altro leader politico, direi di smettere di concentrarsi esclusivamente sulla propria carriera, e di preoccuparsi – invece – delle esigenze effettive della società dare risposte ai problemi in questo momento di crisi».

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Sul versante delle capacità utili ai manager di oggi per eccellere in un mercato sempre più globalizzato e turbolento sono intervenuti anche Tal Ben-Shahar, docente di psicologia positiva e autore di bestseller, ha spiegato perché la felicità fa bene agli affari. Sir Terry Leahy, ex Ceo di Tesco, ha tracciato la linea di evoluzione del mercato retail, in cui l’ossessione positiva per i clienti è la più grande fonte d’innovazione per ogni azienda. Molta attesa per Jonas Ridderstrale, coautore del fortunato “Funky business” che ha spiegato – con il suo rodato spettacolo personale – come i nuovi valori di business si stanno spostando verso la creatività. Ad ascoltarlo anche Marco Zamperini, italian funky professor: incontro di sguardi Funky.

LE AZIENDE & LA POLITICA?

Il 58% degli uomini d’azienda afferma che la politica fa male all’economia e alle imprese e il 51,5% la ritiene troppo lontana dal paese reale. Solo il 2% giudica i politici non responsabili dell’attuale crisi economica del Paese. Sono i dati emersi da un’indagine condotta da HSM, azienda leader nell’executive education, su un campione di quasi 3.000 manager che hanno partecipato alle passate edizioni del World Business Forum. Secondo l’indagine, i tre quarti dei manager italiani (74,5% degli intervistati) giudica l’attuale situazione come una crisi si sistema. Eppure appare evidente che due elementi cardine del sistema, politica ed impresa, abbiano smesso di collaborare e comunicare. Questo è il quadro che emerge dal sondaggio che HSM, azienda leader nell’executive education, ha condotto su un campione di 2.780 professionisti di aziende italiane. Alla domanda “La politica fa bene all’economia e alle imprese”, per il 58% del campione la risposta è negativa. La politica infatti viene giudicata lontana dal paese reale (51,5%), mentre un terzo degli intervistati crede che la politica necessiti di essere riformata. Solo il 2% dei manager giudica i politici non responsabili dell’attuale crisi del paese.

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Anche i giudizi sulla classe politica sono piuttosto severi. Il 37,4% degli intervistati afferma che “i politici sono una casta che il paese non può più sostenere”, il 16% considera eccessivi i costi della politica e propone di dimezzare il numero dei politici. Tuttavia di politica il mondo delle imprese sente il bisogno: il 40% dei manager chiede che i politici esprimano un indirizzo per lo sviluppo economico del paese. Il 43,4% degli intervistati pensa che la politica possa contribuire al successo della propria azienda adottando una politica fiscale che incentivi la crescita, il 17% invece si aspetta l’introduzione di maggiore flessibilità sul mercato del lavoro.

Interessante evidenziare come il 34,3% dei manager creda che la politica possa avere un ruolo attivo nelle performance delle aziende proponendo modelli etici e di comportamento virtuosi. Alle persone coinvolte nel sondaggio è stato anche chiesto quali sono gli aspetti che accomunano un manager e un politico: per il 57,7% il punto in comune è la capacità di guardare al futuro ed essere in grado di giocare in anticipo, per il 16,5% è la capacità di costruire relazioni, per il 13,4% è la capacità di gestire le risorse e, infine, per il 12,4% il punto in comune è la leadership.