Oilproject: i modelli di business digitali si studiano online

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Oilproject è una scuola gratuita online gestita da studenti. Migliaia di video, testi ed esercizi sulle materie più disparate. Chiunque può proporre contenuti. Il sogno è che entro dieci anni tutte le lezioni tenute nelle scuole e nelle università pubbliche siano condivise online a beneficio, ad esempio, di chi vive in zone con una scarsa offerta didattica, combattendo così il digital divide culturale italiano.

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OilProject, in collaborazione con Working Capital di Telecom Italia, ha realizzato un nuovo corso gratuito online aperto a tutti, con l’obiettivo di fornire una guida (testi, video ed esercizi, tutto gratis) sui business models del settore digitale.

Prima di diventare startupper è necessario conoscere le basi di gestione di un’azienda; si parte da “cos’è il costo marginale” arrivando ai consigli di Andrea Santagata su come avere successo con la propria azienda.

“Il modello di business, definendo la struttura dei ricavi e dei costi, è la sintesi economica della vostra startup, del suo funzionamento… e del suo futuro!”

In questo corso introduttivo attraverso le testimonianze di esperti del settore come Andrea Santagata (CEO di Banzai Media), Alberto D’Ottavi (Co-Founder & CMO di Blomming) e Frieda Brioschi (Wikimedia Italia) vengono descritti in modo semplice i principali business model del settore digital.

Abbiamo realizzato delle mini interviste con Marco De Rossi, CEO e fondatore di OilProject ed Andrea Santagata, CEO di Banzai Media per approfondire l’iniziativa.

Marco com’è nata l’idea di realizzare il corso?

L’idea nasce dall’incontro tra OilProject e Working Capital; nasce dalla competenza e dal focus che Working Capital ha come acceleratore d’impresa nel settore delle startup e dalla competenza che invece abbiamo noi nel settore del free learning e dei Massive Open Online Course. L’esperimento che abbiamo realizzato è quello di fare un corso in formato OilProject che parlasse dei temi inerenti le startup. Abbiamo deciso di partire dalle basi e in particolare da quello che crediamo essere un aspetto fondamentale di quella strana creatura che è un’azienda, ovvero il business model.

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Le peculiarità del corso sono: è online, è gratuito ed è on demand, quindi fruibile “anyway and anytime”. L’altra differenza con i corsi delle startup school è che il nostro si rivolge a un target particolare che non è quello che sta già iniziando a realizzare una startup, ma è quello subito precedente che non conosce le dinamiche imprenditoriali, i termini e il lessico di questo mondo.

Non credi che queste iniziative dovrebbero proporle le istituzioni deputate come le università? Perché in Italia non si riesce a farlo?

Assolutamente si. Il cittadino deve essere eclettico, la divisione tra educazione scientifica e classica non ha più ragione di esistere ed è sorpassata. Nel nostro corso forniamo in modo trasversale concetti fondamentali per chi vorrà fare impresa.

Purtroppo questo approccio conservatore è in perfetta armonia con l’intero sistema scolastico, basti pensare che fino a pochi anni fa l’inglese si studiava solo nei primi due anni in un liceo classico invece che per tutti e cinque gli anni del corso di studio. La struttura dei programmi è ferma da troppo tempo. Nonostante il mondo sia in continua evoluzione, la scuola rimane ferma, quindi c’è un’assoluta coerenza in quest’immobilismo.

Andrea, come nasce la tua collaborazione con il progetto?

Ai giovani bisogna dare tutta la mano possibile perché è cambiato tutto e adesso è davvero dura per loro, anche se la crisi può essere un’oppportunità , perchè è quella che ti costringe a diventare imprenditore di se stessi. Sono stato contattato da OilProject per raccontare attraverso la mia esperienza, prima da startupper quale fui, e poi da manager, quali sono le difficoltà, le cose a cui prestare attenzione e gli approcci da avere nel momento in cui si diventa imprenditori.

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Secondo te, che sei stato protagonista di questo mondo, quanto conta la teoria e quanto conta invece sporcarsi le mani e iniziare a fare?

La teoria conta molto poco, infatti nelle mie lezioni, ma anche nelle altre, abbiamo privilegiato l’aspetto pratico dando consigli da chi ha vissuto in prima persona le cose. Ad esempio, se sto per lanciare una startup, invece di rilasciare una prima versione che fa cinque cose discretamente, è meglio puntare su un solo servizio che possa fare la differenza. Forte focalizzazione e chiedersi cosa fa la differenza rispetto ai competitor per concentrare gli sforzi. Oppure analizzare attentamente i flussi di cassa in quanto i costi sono certi mentre i ricavi non lo sono, chiedersi quali possano essere i KPI da identificare e monitorare per capire se l’idea del mio business model funziona o no. Insomma consigli pratici per fare il giusto percorso.

Qual è il ruolo delle università in questa opera di formazione?

Ci sono alcune università che stanno lanciando alcune iniziative ma si stanno muovendo tutte in ordine sparso, quello che manca è una visione centralizzata e d’insieme che faccia sì che tutte le università durante il percorso di studi possano erogare alcuni moduli che favoriscano l’imprenditoria. Tra l’altro, oggi giorno, i costi di accesso alle tecnologie si sono ridotti e costerebbe davvero poco mettere su un sistema modulare che permetterebbe di replicare contenuti e di fruirne anche a distanza.