Il Superamento dei Modelli Tradizionali di Outsourcing

Come Riappropriarsi dei Benefici Adottando un Approccio “Selettivo”

L’outsourcing ha rappresentano negli ultimi anni una delle leve più efficaci di flessibilità e crescita. Tuttavia, è ancora valido l’approccio tradizionale? La domanda è quanto mai legittima dopo che quasi il 30% delle organizzazioni ricorse al full outsourcing ha conseguito negli ultimi anni risparmi limitati se non un aumento dei costi di gestione.

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Le società si sono spesso trovate paralizzate da contratti inflessibili, nei quali ciascuna variazione del perimetro risultava estremamente costosa e i benefici legati alla diminuzione dei prezzi di hardware e software non venivano trasferiti dal fornitore al cliente. Inoltre, esternalizzando eccessivamente, le Direzioni ICT hanno da un lato perso il know-how tecnologico necessario per implementare iniziative strutturali di efficacia ed efficienza, dall’altro, in assenza di forti competenze interne, hanno indebolito la capacità di mantenere i vantaggi competitivi aziendali.

Consapevoli di questo, alcune aziende, per uscire da contratti di outsourcing rivelatisi di limitato valore, hanno iniziato a investire internalizzando componenti critiche delle loro operation, nel tentativo di ricostruire competenze e utilizzare al meglio la disponibilità di risorse interne.

Riteniamo che in questa direzione, vi siano quattro punti fondamentali che un CIO deve considerare, analizzando se:

– il processo da esternalizzare rappresenti o meno un vantaggio competitivo per la sua organizzazione

– il processo abbia raggiunto un elevato livello di maturità e stabilità

– il fornitore abbia le potenzialità per gestire il processo a costi inferiori

– l’organizzazione interna sia dotata delle capacità per gestire il rischio e la nuova relazione con il fornitore

L’outsourcing è un modello operativo nato nel settore industriale degli Stati Uniti a metà degli anni ’80. I primi contratti furono basati su una strategia di forte esternalizzazione (full outsourcing). I servizi erano affidati in gestione a un fornitore principale con l’obiettivo di ridurre sostanzialmente i costi di gestione, migliorando nel contempo qualità e livelli di servizio. Questa impostazione si è rivelata nel tempo inadeguata: l’immaturità dell’offerta e la perdita di competenze e know-how delle aziende ha portato a situazioni in cui il fornitore si rivelava una presenza “invasiva”, difficilmente gestibile, focalizzato sulla massimizzazione del proprio ritorno e protetto da contratti di lunga durata.

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Nel tempo è emersa la consapevolezza che l’outsourcing completo è inadeguato ad affrontare la velocità e la profondità dei cambiamenti dei mercati e delle tecnologie. Al contempo la capacità delle organizzazioni di gestire contratti di servizio complessi si è evoluta, tanto che oggi è generalmente riconosciuta l’esigenza di adottare nuovi modelli di sourcing, che consentano di coniugare l’esigenza di riduzione dei costi con il mantenimento del know-how interno, soprattutto nelle aree di sviluppo (Build).

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Figura 1 – Best Practice Make vs. Buy Lungo il Ciclo di Vita (costi in % rispetto al budget complessivo)

In questo contesto, all’inizio degli anni 2000, è nato un modello di outsourcing selettivo e bilanciato (selected outsourcing o outsourcing di terza generazione), nel quale l’esternalizzazione delle risorse non viene più applicata in modo dogmatico ad ogni area aziendale.

L’approccio prevede che, partendo dall’analisi dei processi aziendali, si identifichino aree applicative e infrastrutturali omogenee; per ciascuna di esse si definisca il modello di insourcing-outsourcing più efficiente in funzione di: stabilità, rilevanza strategica dell’area da esternalizzare e maturità del parco fornitori.

Tipicamente per le aree applicative più sperimentali o critiche è opportuno prevedere una gestione interna (in-sourcing) eventualmente con il supporto di personale esterno (out-tasking) regolato da contratti time & material o “chiavi in mano”.

Allo stesso modo, si prevede l’esternalizzazione dei servizi infrastrutturali e della gestione e manutenzione delle applicazioni che denotano elevata maturità in termini di sviluppo e presenza di fornitori sul mercato. In alcuni casi è possibile arrivare sino ad un BPO (Business Process Outsourcing) con il quale servizi business, caratterizzati da facilità di misurazione, ripetitività e standardizzazione (e.g. gestione paghe, fatturazione), sono erogati nella loro interezza da soggetti esterni specializzati.

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L’outsourcing selettivo consente di operare su tutte le leve di ottimizzazione dei costi (e.g. riduzione dei costi fissi, reingegnerizzazione dei processi, ….), portando risparmi anche superiori al 20%.

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Figura 2 – Outsourcing selettivo: leve di riduzione costi e risparmi conseguibili

Il successo di questo approccio dipende da tre fattori principali:

1. Rilevanza strategica, ossia dell’avere effettuato una segmentazione interna dei processi per domini applicativi omogenei sulla base di driver quali la rilevanza strategica per il business e la performance interna;

2. Organizzazione e processi, ossia dall’aver allineato il modello organizzativo e i processi a principi di misurazione delle performance e controllo dei livelli di servizio;

3. Vendor management, ossia dalla capacità di misurare e controllare le performance dei fornitori non solo sulla base di SLA ma anche di parametri qualitativi.

L’efficacia della strategia di outsourcing non deve essere misurata solo attraverso risultati nel breve (i.e. riduzione dei costi), quanto nel medio e lungo termine, dall’aver consentito all’azienda di riposizionarsi sul mercato, focalizzandosi sulle attività a maggior valore aggiunto. La congiuntura globale degli ultimi anni ha imposto alle aziende cambiamenti strutturali e rappresenta un elemento di grande discontinuità. E’ imperativo che il management ponga adesso le basi per la futura crescita. Fra le varie strategie di contenimento costi e di “efficientamento”, l’outsourcing, se ben orchestrato, è una di quelle maggiormente efficaci e può rappresentare una leva di flessibilità e crescita. E’ necessario tuttavia agire con una strategia mirata e consapevole che assicuri un’efficace gestione del programma di trasformazione. In fondo ogni opportunità rappresenta pur sempre un rischio.

A cura di Piero Candela, Alberto Fietta e Angelo Rosiello

 

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