Attento a dove punti il mouse!

L’arrivo dell’estate, come ogni anno, è segnato dalla ricerca frenetica di una meta dove andare a ritemprare il corpo e la mente messi a dura prova da un faticoso anno di lavoro.

La scelta del luogo è influenzata non solo da quanto le proprie tasche sono in grado di finanziare, ma anche – se non principalmente – dalla possibilità di trascorrere serenamente e senza pericoli di sorta questo periodo di meritato riposo.
Da anni il Ministero degli Affari Esteri dedica una sezione del proprio portale ad avvisi ed aggiornamenti sullo scenario mondiale evidenziando quegli eventi – socio-politici e naturali – che possano mettere a repentaglio la sicurezza del turista italiano.
Al pari di un viaggio itinerante, dove la sosta in un Paese piuttosto che in un altro comporta l’assunzione di determinati rischi per la propria incolumità, il girovagare nella Rete non è certo da meno.
L’insidia piuttosto che essere nascosta dietro l’angolo, può esserlo dentro una manciata di byte.
La settimana scorsa una nota azienda internazionale esperta in sicurezza ha reso pubblici i risultati di un’analisi condotta sulle potenziali minacce alle quali si può andare incontro navigando su una molteplicità di risorse web catalogate per Top Level Domain.
I campioni presi a riferimento sono stati tratti da 265 TLD tra quelli “country code” – “.it”, “.de”, ecc… – e quelli “generic” – “.com”, “.info”, “.biz”, ecc… – per un totale di quasi dieci milioni di siti web, pari a circa il 6% di tutti quelli “registrati” – che secondo una stima aggiornata a maggio scorso ammonterebbero a 168.408.112 – e circa il 14% dei 68 milioni che invece risultano “attivi”.
I siti sono stati testati su una ampia gamma di quei comportamenti non voluti o comunque invisibili all’utente: eccessivi pop-up, fake-site – ovvero le esche dei phisher -, download occulto di spyware, virus o key-logger.
Sono stati, ove presenti, compilati form di registrazione impiegando per ciascuna risorsa sotto esame una specifica casella di posta elettronica creata ad hoc in modo da poter quantificare eventuale spam e di conseguenza tracciarne al provenienza.
Per stilare questa sorta di graduatoria al negativo ampio spazio è stato riservato anche alle segnalazioni degli utenti e dei proprietari dei domini.
Le rotte più rischiose seguite dai web-surfer sono quelle che rivolgono la prua della tastiera verso i TLD geografici di Honk Kong – con un 19,15% di siti pericolosi tra quelli con dominio “.hk” esaminati -, della Cina – 11,76% – e verso quello generico “.info” che segue a ruota con l’11,73% .
La motivazione, più che ovvia, secondo quanto dichiarato dagli analisti, sta nel fatto che un malintenzionato sarà orientato a registrare un dominio da impiegare in attività illecite presso autorità che non richiedono il rispetto di particolari procedure di identificazione del registrant.
Il supporto a tale affermazione lo si trova nel fanalino di coda della classifica che vede all’ultimo posto il dominio “.gov” – in uso ad enti governativi americani –.
Il primo dei paesi europei a comparire nella lista dei “più cattivi” è la Romania che si attesta, con il 6,76%, in quinta posizione.
L’Italia, o meglio il TLD “.it”, invece si deve accontentare – si fa per dire – del ventisettesimo posto con una percentuale dell’1,63.
Forse sarà meglio trascorrere le vacanze sul litorale del Bel Paese!

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