L’ULTIMO CASO DELL’ISPETTORE MANCINI

8.09 di un martedì qualunque. La signora Marisa, sempre puntualissima ad arrivare in ufficio, corre alla scrivania preoccupata dalla manciata di minuti di ritardo. Non è colpa sua, ma del dannato traffico di una città sempre più difficile da sopportare. La borsa sull’etagere, il telefonino a fianco del portapenne. Clic. Il computer viene acceso con l’automatismo di chi – da anni – ripete sempre le medesime operazioni per aprire la giornata di lavoro. Inseriti il nome utente e la password, la non più giovane impiegata è pronta ad avviare il software gestionale dell’azienda, di nuovo un clic – stavolta doppio – sul link, ma la solita routine viene stravolta da una finestra – piombata sul desktop come fosse la lama di una ghigliottina sul collo del malcapitato di turno. Al centro dello schermo un punto esclamativo all’interno di un triangolo giallo e la dicitura “impossibile trovare il file”. All’improvviso il torpore mattutino che ancora avvolge la segretaria svanisce. Guarda nel cestino – digitale ovviamente -, ma niente, non c’è, “cos’è successo, cosa faccio… forse riavviando….” pensa tra sé e sé. Purtroppo però la fortuna in questo giorno non è di queste parti. La triste sentenza viene confermata: il file è andato perso. In preda al panico, già pensando a cosa le avrebbe detto quel tiranno del direttore, prende l’elenco telefonico dell’azienda e cerca di individuare chi può aiutarla…. Ecco, trovato… “sala server”, interno 2919…. e, senza sapere chi lavorasse dietro quella porta blindata ubicata al piano interrato dell’edificio – che al posto della serratura ha un tastierino numerico – alza la cornetta del telefono e compone il numero (della speranza).
Primo squillo, secondo squillo…. e qualcuno risponde. “Buongiorno sono la segretaria del dott. Mazzoni, è successa una cosa drammatica, è sparito il file del gestionale del direttore dal mio computer, può aiutarmi?”. Dall’altra parte del telefono, mosso da compassione al solo pensiero di cosa sarebbe accaduto all’interlocutrice, una voce risponde:”salgo subito”.
Dopo una manciata di secondi si apre la porta dell’ufficio e la signora Marisa si trova di fronte un ragazzo – che sembra non aver nulla a che fare con l’azienda, dove tutti vestono in giacca e cravatta – con i suoi jeans a vita bassa, capelli lunghi e un po’ spettinati che esordisce chiedendo cosa fosse successo.
Si pone davanti alla postazione, armeggia con la tastiera, e dopo poco esclama che è necessario smontare il disco e portarlo giù nel laboratorio, con la speranza che le ripetute accensioni non abbiano compromesso il recupero del file.
Giunti nel laboratorio, la disperata collaboratrice rimane colpita dalla temperatura gelida, dal labirinto di cavi che entrano ed escono da pareti illuminate come fossero un albero di Natale.
Il giovane prende il disco e, prima di collegarlo al suo portatile, con estrema professionalità – che l’aspetto di certo non rivela – dice che è necessario bloccare da scrittura la porta USB perché altrimenti si potrebbe pregiudicare ulteriormente il recovery, a causa di possibili sovrascritture da parte del sistema operativo.
Adottate tutte le precauzioni del caso, avvia un applicativo, che dopo alcuni minuti riporta sullo schermo un elenco quasi infinito di file.
Insieme si mettono alla ricerca del file che, come d’incanto, balza fuori. Era stato inspiegabilmente eliminato.
Con enorme stupore la signora Marisa scopre anche che l’immagine del suo cagnolino che aveva salvato sul PC e che credeva di aver cancellato, era ancora lì nascosta nei meandri più reconditi dei cluster del supporto.
Ripristinato il tutto, non appena riavviato il programma, irrompe il rude direttore: “Buongiorno signora, come va?” e, tirando un sospiro di sollievo, la signora Marisa:”Tutto bene dottore, nessuna novità!”

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