RUSSIA: IMPERATORE DEI MALWARE

Nel giro di poco più di un anno la Cina ha visto strapparsi per la prima volta l’infamante leadership di fucina di malware più prolifica dell’intero globo.

Ad aver guadagnato il primato in questo settore è stata la Russia, che con ben il 27,89% della popolazione mondiale di software malefici ha superato di quasi due lunghezze la vicina Repubblica Popolare – che si è dovuta accontentare del secondo posto con un pur sempre ragguardevole 26,52% -.
Probabilmente i meriti di questo sprint devono essere attribuiti anche al contributo fornito dai servizi offerti dal conosciuto RBN – Russian Business Network –.
Le informazioni rinvenibili relativi a questa infrastruttura, di stanza a San Pietroburgo e il cui fondatore e leader è noto esclusivamente con un nick-name – “Flyman” -, sono davvero frammentarie, in ragione del fatto che non vi sono elementi che la riconducano ad aziende ufficialmente registrate, né tanto meno ne viene reclamizzata la sua esistenza.
L’unico modo per entrare in contatto con i suoi responsabili è quello di partecipare ad alcuni forum, rigorosamente in lingua russa, oppure utilizzare programmi di messaggistica istantanea ove sono rintracciabili solo per brevissimi periodi ed è necessario fornire prova di essere dei veri e propri criminali.
Questo affare, infatti, ruota intorno alla concessione di spazio web e connettività a tutti coloro che sono impegnati in attività ambigue a cifre decisamente fuori mercato – si parla di 600 dollari al mese per l’hosting –, proprio perché riescono a garantire un elevato grado di impunità.
La struttura in questione è impiegata come veicolo di diffusione di ogni sorta di malware.
Ma il portafoglio clienti di questa organizzazione non si limita ad annoverare solamente cracker o hacker, bensì “vanta” anche personaggi del calibro di ladri di identità, spammer, phisher e, come se non bastasse, degli orchi che della pornografia infantile ne fanno business.
Chi conosce questa realtà l’ha definita come “peggiore tra i peggiori”.
In queste ultime settimane le voci della Rete danno questa compagnia per scomparsa a seguito della richiesta da parte dell’Unione Europea – in materia di contrasto alla pedo-pornografia – di chiudere i server a loro riconducibili.
Purtroppo, però, visti gli interessi che vi ruotano attorno – c’è chi dice addirittura che vi siano anche connivenze politiche -, viene da pensare che questa assenza sia solamente dovuta ad una momentanea pausa in attesa che si spengano i riflettori sulla vicenda, per poi ricomparire più competitiva che mai.
La top ten dei maggiori untori di infezioni digitali si completa con gli USA al terzo posto con un ampio margine di scarto (9,98%), cui seguono a ruota Brasile, Ucraina, Regno Unito, Francia, Germania, Svezia e – come fanalino di coda – la Spagna (1,37%).

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