Sicurezza o censura?

Giro di vite per i proprietari di siti web cinesi.Giro di vite per i proprietari di siti web cinesi.

Il China Internet Network Information Center (CNNIC), autorità controllata dal locale Ministero dell’Industria e dell’IT che assolve, tra le altre cose, al compito di far rispettare le regole e criteri per la registrazione di domini con Top Level Domain “.cn”, ha disposto l’irrigidimento dei controlli sulla procedura circa l’assegnazione di una risorsa web dotata del suffisso geografico in questione, inserendo anche degli obblighi aggiuntivi.

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L’annuncio ha fatto seguito alla denuncia della Televisione Centrale Cinese circa la debolezza nel processo di identificazione dei titolari dei domini e lo stretto legame con il proliferare di siti a contenuto pornografico.

L’iter di registrazione contempla oltre all’inoltro di una domanda scritta e di copia del documento di identità del registrant anche un atto che attesti la titolarità di quella che potrebbe essere ricondotta alla nostrana partita IVA.

Questo stratagemma consentirebbe di ridurre la creazione ad hoc di domini web con intenti non sempre leciti grazie proprio al grado di anonimità garantito dalla non impeccabile procedura di verifica dell’identità del titolare.

La cosa non riguarda solamente chi per il tratto a venire sarà intenzionato ad avvalersi del TLD nazionale, infatti saranno avviati controlli anche nei confronti degli oltre 10 milioni di siti già online.

Chi, effettuati i doverosi riscontri, non dovesse trovarsi in regola, verrà invitato a rettificare la sua posizione entro 5 giorni lavorativi dalla richiesta, pena la sospensione del servizio.

Provvedimenti punitivi sono stati previsti anche per le aziende delegate a fornire i servizi di registrazione dei domini che non vigilano correttamente e già le prime teste sono cadute: ben tre sono le realtà cui è stata sospesa la concessione.

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In merito molti hanno apprezzato l’iniziativa osservando che un controllo più attento garantisce maggiore sicurezza, anche in ragione degli scoraggianti risultati del report annuale “Mapping the mal web” presentato da McAfee che ha assegnato la medaglia d’argento alla Cina – dietro al Camerun – come luogo (virtuale) dove è più facile incappare in insidie di diverso genere.

C’è sul versante dei contestatori chi ha evidenziato come questa strategia, mascherata da paladina della giustizia, invece, si comporti da tiranna: il requisito indispensabile di avere un’attività commerciale alle spalle, inibisce di fatto ad un privato cittadino la possibilità di disporre di un sito web in cui poter manifestare il proprio pensiero.