TI RICORDI DI ME?

La prima compagnia telefonica di bandiera anglosassone ha dovuto innalzare il vessillo bianco della resa.

In questi giorni, infatti, è stata costretta ad ammettere pubblicamente di aver spiato le abitudini di diverse migliaia di propri clienti fruitori di connessione a banda larga senza un loro esplicito permesso.
Vittime di questa intercettazione illecita, durata quasi due anni – tra il 2006 ed il 2007 -, sono stati circa 36.000 inconsapevoli soggetti pescati casualmente nel mare magnum degli abbonati dell’azienda.
La British Telecom si sarebbe avvalsa dei servizi resi da un software fornito dalla compagnia americana Phorm per tracciare le pagine web visitate dalla propria utenza.
Questo programma permette di memorizzare gli “spostamenti” in Internet del navigatore e di crearne un quadro ben definito delle sue abitudini e dei suoi interessi.
I dati raccolti sono poi impiegati dalla stessa impresa per bersagliare, nelle successive sessioni, il computer del malcapitato con banner pubblicitari – di marchi che preventivamente hanno sottoscritto il servizio – confezionati ad arte per assecondarne le preferenze.
Già da diverso tempo erano state sollevate polemiche circa l’accordo stretto con la Phorm e tre dei maggiori Internet Service Provider del Regno Unito in relazione alla presunta cessione a titolo oneroso da parte di quest’ultimi del profilo di navigazione della propria clientela.
Stime parlano di diverse decine di milioni di maggiori entrate nel giro di un paio di anni per la sola Telecom d’oltremanica.
La vicenda comunque è venuta alla luce grazie alle segnalazioni fornite da diverse persone che in taluni casi avrebbero riscontrato anomalie nel funzionamento del loro elaboratore, in altri addirittura avrebbero riscontrato la presenza di tracce del monitoraggio.
La British Telecom avrebbe in prima battuta attribuito la responsabilità ad una possibile infezione presente nel computer.
Come ovvio l’autorità inglese garante della privacy ha annunciato l’avvio di una attività investigativa.
La difesa sostiene che non sono ravvisabili estremi di violazione di norme di legge in considerazione del fatto che nessun tipo di informazione personale è stata divulgata o immagazzinata.
La stessa Phorm sostiene che la sua tecnologia non permette la raccolta di informazioni personali, né tanto meno il numero IP del visitatore, ma si limita ad identificarlo come un codice identificativo randomico.
Aggiunge pure che l’utente, comunque, ha facoltà in ogni momento di accettare o rifiutare di essere “sorvegliato”.
Questa particolarità sembra essere sfuggita all’ISP, che ha già annunciato che nelle prossime settimane sarà varata una nuova iniziativa ….. stavolta però previo consenso delle parti coinvolte.
Forse la lezione è servita.

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