Ormai da anni i rischi per la salute collegati all’uso di smartphone e tablet sono al centro di animati dibattiti scientifici e di numerosi studi, che hanno portato a formulare le teorie e conclusioni più disparate in materia, spesso contrastanti, tanto che le agenzie internazionali non si sono ancora espresse in maniera definitiva in merito.

Tuttavia è in partenza un importante studio in Gran Bretagna, che sembra possa portare a risultati significativi riguardo ai potenziali danni al cervello degli adolescenti causati dall’uso di questi dispositivi mobili.

Si tratterà di reclutare 2500 ragazzi tra 11 e 12 anni, età in cui in media si è stimato che i giovani inizino a usare i cellulari, chiedendo loro di installare una app per monitorarne l’uso. Al 20% del campione verrà anche fatto indossare un dispositivo per la misurazione delle radiazioni. E’ questa la procedura che verrà adottata dallo “Study of Cognition, Adolescents and Mobile Phones” (Scamp, che in inglese vuol dire monello), come spiegato dai promotori dell’Imperial College di Londra.

Sotto studio per tre anni

La vita dei ragazzi verrà seguita per tre anni, attraverso test periodici di misurazione delle capacità cognitive, della memoria e dell’attenzione e alcune domande ai genitori riguardo al benessere generale dei figli.

«Valutandoli all’inizio dello studio e poi due anni dopo – spiega Mireille Toledano, coordinatrice della ricerca – saremo in grado di vedere come le abilità cognitive si sviluppano in relazione all’uso dei telefonini e delle altre tecnologie wireless».

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Gli studi condotti finora erano volti soprattutto a dimostrare la pericolosità delle radiazioni connessa con il rischio di tumori, soprattutto negli adulti, mentre le associazioni di pediatri, compresa l’italiana Sipps, si sono concentrate sulla necessità di di vietare o almeno limitare l’uso dello smartphone sotto i dieci anni, in via precauzionale.

Verso una risposta definitiva 

Non era mai stato fatto quindi uno studio approfondito sull’uomo dell’effetto delle radiazioni sul tessuto cerebrale, ma solo su modelli cellulari o animali.

La ricerca più recente, pubblicata su Jama, ha individuato una reazione dei neuroni vicino all’antenna, ma gli stessi autori non hanno saputo dare un’interpretazione significativa della scoperta, così come tutta la letteratura in materia non ha ancora saputo dare risposte certe.

Così, contrariamente a quanto sostenuto da precedenti studi, poche settimane fa l’università di Bordeaux ha dichiarato che mezzo’ora al giorno di chiamate al cellulare raddoppia il rischio di neuromi e gliomi, due tipi di tumori al cervello.

Grande incertezza si respira anche all’interno degli organismi internazionali: nel 2011 l’Oms ha definito i campi elettromagnetici come solo ‘possibly carcinogenic’, contrariamente a una recente monografia dello Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che parla di  di «limitata evidenza» della cancerogenicità sugli esseri umani delle radiazioni da radiofrequenza, aggiungendo però che «associazioni positive sono state osservate tra l’esposizione alle radiazioni da radiofrequenza fra telefonini wireless e glioma e neuroma acustico».