E-commerce: +21% fatturato a 6 miliardi nel 2008 nonostante la crisi

E-commerce:
+21% fatturato a 6 miliardi nel 2008 nonostante la crisi

Nel 2008 gli
acquisti su Internet, nonostante la crisi, supereranno i 6 miliardi di Euro
con una crescita rispetto al 2007 di oltre il 20%. Il fatturato arriva a 7 miliardi
se si contano anche gli acquisti di italiani da siti esteri. Oggi sono circa
18 milioni gli italiani che usano il Web per ricercare informazioni su prodotti
e servizi (il cosiddetto "info-commerce"): lo scarto fra questo dato
e i 6 milioni di italiani che fanno un passo in più e completano la propria
transazione online segna anche il perimetro di crescita potenziale del commercio
elettronico. La situazione sta velocemente evolvendo anche a causa della recessione
che porta le imprese a scoprire modalità innovative per competere e i
consumatori ad apprezzare sempre più la possibilità di confrontare
online prezzi e caratteristiche dei prodotti prima di effettuare gli acquisti
e di ridurre gli spostamenti. Ottime le prestazioni del Made in Italy. La Moda
segna la crescita maggiore con un balzo in avanti del 43%, raggiunge i 250 milioni
di Euro di fatturato. Il Turismo che rappresenta il 56% del settore cresce del
28% raggiungendo la quota di 3,4 miliardi di Euro. Questa la fotografia tracciata
dall’Osservatorio Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano giunto
all’ottava edizione.

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Si è svolto
ieri presso l’Aula Rogers del Politecnico di Milano il Convegno "L’eCommerce
B2c in Italia: una crescita che sfida la crisi" organizzato dall’Osservatorio
eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano.

Durante il Convegno sono
stati presentati i risultati della Ricerca, basata su oltre 200 casi di studio,
che fornisce la valutazione preconsuntiva del mercato italiano dell’eCommerceB2c
nel 2008, oltre al consuntivo del 2007, e analizzerà puntualmente tutte
le principali evoluzioni strategiche in atto. La Ricerca di quest’anno è
stata arricchita da due ulteriori approfondimenti: una lettura dell’eCommerce
in una prospettiva multicanale e una valutazione critica della user experience
dei siti di eCommerce italiani.
Anche nel 2008 ci si attende per l’ottavo anno consecutivo una crescita a due
cifre che porterà il valore dell’eCommerce in Italia, inteso come fatturato
dei siti italiani, a oltre 6 miliardi di Euro. A trainare il mercato nel 2008
è ancora il Turismo che cresce con un tasso superiore alla media. Molto
bene anche il comparto dell’Abbigliamento dove vi sono alcune interessanti novità:
iniziative nuove con modelli di business innovativi e l’ingresso di alcune grandi
"griffe". Certo è un buon risultato, ma si può fare
di più. Anzi, si deve fare di più se si vuole colmare il divario
che ci separa dagli altri Paesi industrializzati. Con una crescita del 20%,
allineata a quella dei principali Paesi europei, l’Italia rimane "indietro"
agli altri, sia in termini di valore assoluto dell’eCommerce – l’Italia è
un decimo della Gran Bretagna e un terzo della Francia – che in termini di penetrazione
dell’eCommerce sul totale delle vendite ai consumatori finali (quasi 1% in Italia
contro valori che vanno dal 3 al al 10% circa negli altri paesi). Sono molte
le motivazioni usualmente addotte: dai limiti strutturali dell’Italia – penetrazione
di Internet e della banda larga, costi della logistica distributiva – alle attitudini
degli Italiani – forte diffidenza verso l’utilizzo della carta di credito online,
scarsa propensione all’acquisto a distanza – fino alla oggettiva difficoltà
nel vendere online talune tipologie di prodotti. In questo quadro manca tuttavia
la motivazione principale. Un sistema dell’offerta con importanti "buchi",
specialmente in talune categorie merceologiche (abbigliamento, prodotti per
la casa, auto e accessori, vino e gastronomia, etc.), e che fatica a sfruttare
sapientemente la multicanalità, in particolare tra canale online e canali
fisici "tradizionali."

"Dai dati presentati emergono spontanee due domande tra loro interconnesse.
– ha dichiarato Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio
eCommerce B2c di Netcomm e School of Management del Politecnico di Milano –
Come mai vi sono così pochi web shopper in Italia? Come mai vi è
una così limitata offerta di prodotto ed una così eclatante assenza
della distribuzione moderna? Sembra che in Italia sia in atto un circolo "vizioso"
difficile da scardinare: vi sono pochi web shopper in quanto l’offerta online
è "deficitaria" e nel contempo gli operatori del commercio
più affermati sono restii ad andare online perché ritengono la
domanda ancora immatura e numericamente non significativa. Come scardinare questo
circolo vizioso ed attivare invece quel circolo virtuoso per cui l’offerta attira
la domanda e la domanda attira l’offerta? In primo luogo, è decisivo
che la distribuzione moderna giochi seriamente la partita del commercio elettronico.
Senza distribuzione moderna, come l’esperienza all’estero testimonia inequivocabilmente,
non si colgono almeno due obiettivi primari: la crescita di fiducia del consumatore
verso lo strumento dell’eCommerce, che può essere enormemente rafforzata
dalla presenza online delle insegne e dei marchi di riferimento, e la capacità
di sfruttare le sinergie tra il canale "fisico" ed il canale online.
I consumatori sarebbero i primi a sentire gli effetti positivi della discesa
in campo della distribuzione moderna, ma tali effetti si estenderebbero di riflesso
sulla crescita complessiva del mercato a beneficio di tutti gli operatori. In
secondo luogo, per tutte le categorie merceologiche più tipiche del Made
in Italy – dal turismo al fashion, dalla gastronomia all’arredamento – occorre
puntare sui consumatori stranieri che del circolo virtuoso dell’eCommerce sono
già protagonisti. Non è un caso che i comparti con i più
alti tassi di crescita in questi ultimi anni siano proprio i comparti del Turismo
e dell’Abbigliamento che hanno una significativa componente di vendite fuori
dall’Italia."

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"L’e-commerce
in Italia quindi conferma la sua crescita a due cifre, nonostante la congiuntura
negativa, ma non è ancora abbastanza. Il problema è che questa
crescita non sufficiente fa perdere competitività al sistema Paese. –
ha dichiarato Roberto Liscia, Presidente di NETCOMM, Consorzio del Commercio
Elettronico Italiano – Lo dimostra il fatto che, per esempio, nei siti di turismo,
che sono tra i più performanti in termini di commercio elettronico, gli
acquisti digitali rappresentino in Europa mediamente oltre il 25%, mentre in
Italia siamo poco oltre il 10%. Sin dalla sua iniziale affermazione in Italia
il commercio elettronico è stato dominato dalle imprese dot.com, ossia
da realtà che non dispongono di altri canali tradizionali. A crescere
sono ancora soprattutto questi operatori che oggi rappresentano quasi il 50%
del mercato, una percentuale che negli ultimi è risultata addirittura
in crescita. Credo si sia trattato di un grave errore di valutazione delle imprese
italiane che solo oggi, quindi in ritardo rispetto alle imprese omologhe internazionali,
stanno scoprendo le potenzialità del commercio elettronico come canale
da affiancare a quelli tradizionali in una logica di multicanalità. Il
rischio della cannibalizzazione tra canali è certamente inferiore ai
vantaggi provenienti dalla possibilità di raggiungere il consumatore
nei vari momenti della sua vita. Il commercio elettronico va pensato in modo
integrato. Il consumatore, infatti, a seconda del momento della giornata e del
luogo in cui si trova può scegliere canali differenti, ma la possibilità
di fidelizzarlo al proprio brand in ognuno di questi è un vantaggio competitivo
che in Italia pochissimi hanno colto fino ad oggi, nonostante i nostri ripetuti
appelli in tal senso. Oggi la crisi economica porta a rivalutare con forza queste
potenzialità e l’Italia dimostra sempre di sapere reagire con vigore
e creatività, soprattutto nei momenti di maggiore incertezza. Ci auguriamo
quindi che almeno questa esternalità positiva possa emergere dal drammatico
quadro congiunturale che tutti noi stiamo vivendo".

La
dinamica del mercato

Oltre 6 miliardi di €, pari a circa l’1% delle vendite retail. L’eCommerce
B2c in Italia, inteso come il totale delle vendite realizzate da siti italiani,
dovrebbe superare nel 2008 quota 6 miliardi di €, facendo registrare una
crescita superiore al 20%, in linea con quella realizzata nel 2007 (+23%). Escludendo
la quota destinata ai consumatori stranieri, circa 850 milioni di €, e
sommando la quota che i consumatori italiani acquistano su siti stranieri si
può stimare un valore dell’acquistato su Internet da parte dei consumatori
italiani pari a circa 7 miliardi di €. Con questi dati, la penetrazione
sul totale vendite retail è ancora inferiore all’1%, con significative
differenze tra comparto e comparto: il Turismo online rappresenta ormai circa
il 10% delle vendite complessive di prodotti turistici, mentre l’acquisto online
di altre categorie merceologiche, che incidono molto sul totale consumi degli
Italiani, come i Prodotti Alimentari o per la Casa e l’Abbigliamento, è
su valori ancora trascurabili (largamente inferiori all’1%) se confrontati con
le vendite offline.

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Crescita superiore al 20%,
trainata da Turismo (+28%) e Abbigliamento (+43%). Il comparto con il tasso
di crescita più elevato è l’Abbigliamento con il 43%, seguito
dal Turismo con il 28% e dall’Editoria, musica ed audiovisivi con il 20%, mentre
tutti gli altri comparti faranno registrare tassi di crescita inferiori alla
media del mercato. Il contributo alla crescita complessiva dell’eCommerce in
Italia, pari a circa 1 miliardo di € in valore assoluto, è però
differente alla luce del "peso" relativo dei diversi comparti. Il
solo Turismo, con 750 milioni di €, contribuirà per il 75% circa
della crescita complessiva. Abbigliamento, Assicurazioni (+17%) e Informatica
ed elettronica di consumo (+15%) contribuiranno alla gran parte della crescita
residua.

Aumenta ulteriormente il
peso dei servizi, oltre il 70% del venduto. L’Italia risulta fortemente polarizzata
sulla vendita di servizi (prodotti turistici, biglietti, ricariche telefoniche,
prodotti assicurativi, etc.) che rappresentano oltre il 70% delle vendite online.
Questo fenomeno è ormai in costante crescita da diversi anni. Se escludiamo
le vendite di Informatica ed elettronica di consumo, che pesano per un 9% circa,
i rimanenti settori merceologici rappresentano percentuali largamente inferiori
al 5% del totale delle vendite online (Abbigliamento: 4%, Editoria, musica ed
audiovisivi: 2%, Grocery: 1%). Questo dato è in netta contrapposizione
con la ripartizione dei consumi degli Italiani che vede una forte predominanza
della componente prodotti (indicativamente pari all’80%) e con la composizione
del paniere nei mercati online all’estero.

In moderata crescita negli
ultimi due anni le vendite all’estero. Le vendite all’estero dei siti di eCommerce
italiani – grazie in particolare alle prenotazioni alberghiere e all’Abbigliamento
– raggiungeranno quota 850 milioni di €, in modesta crescita rispetto al
2007. Circa un settimo dell’intero valore dell’eCommerce B2c viene quindi generato
all’estero e, più specificamente, in tre mercati principali: l’Unione
Europea, gli Stati Uniti e il Giappone. Analizzando il fenomeno per ciascun
comparto merceologico, si nota la rilevanza dell’export nei settori del Turismo,
sia da parte dei portali di hotel che degli operatori del trasporto tradizionale,
e dell’Abbigliamento, grazie ad una spiccata propensione all’export di quasi
tutti gli operatori (tra cui Yoox Group e GlamOnWeb). La crescita non esaltante
del 2008 rispetto al 2007 è dovuta essenzialmente a due fenomeni: da
un lato alla crescita inferiore alla media del mercato e alle previsioni di
quei player che nel turismo vendono prevalentemente all’estero (i portali di
hotel), dall’altro ai risultati della nostra compagnia di bandiera che rimarrà
sostanzialmente stabile rispetto al 2007 nella vendita di biglietti online.
Limitato anche il numero di iniziative significative nella vendita di prodotti
enogastronomici e di merchandising, al di fuori di qualche rara eccezione (ad
esempio Ferrari e Wineshop).

Quasi il 50% del mercato
alle Dot Com, ancora debole il peso della distribuzione tradizionale . Pur senza
grossi stravolgimenti rispetto al 2007, si nota una lieve inversione di tendenza
nella ripartizione delle vendite per tipologia di impresa (Dot Com e Multicanale).
I Pure Player continuano comunque a rappresentare metà del mercato, grazie
alle prestazioni di grandi operatori del calibro di eBay, Expedia, IBS.it, Venere,
lastminute.com, Volagratis, Yoox. Si riduce però di due punti percentuali
il peso delle Dot Com in favore sia delle imprese tradizionali commerciali che
delle tradizionali produttrici. Il fenomeno, anche se bisogna sottolinearne
la lieve entità, è da ricondursi, più che ad un rallentamento
delle Dot Com storiche, alla buona crescita di alcune imprese tradizionali commerciali
(ad esempio Esselunga, Mediaworld, Monclick) e all’ingresso di alcuni grandi
marchi nel comparto dell’abbigliamento (ad esempio Diesel, Armani, Gucci, Prada,
Valentino, Stoneisland, Energie, Bata, Pinko). In generale, la presenza online
della distribuzione moderna continua ad essere estremamente debole. Solo il
12% delle insegne della distribuzione alimentare, meno rispetto a cinque anni
fa, ha un sito di commercio elettronico e la solita Esselunga continua da sola
a "fare comparto". Nell’ambito della distribuzione non alimentare
il 27% delle insegne ha un sito di commercio elettronico, più del doppio
rispetto al 2003, anche se in molti casi si tratta ancora di iniziative sperimentali
(come ad esempio Coin, IKEA e MercatoneUno).

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Il
confronto con l’estero

Oltre 260 miliardi di $
l’eCommerce negli USA e oltre 170 miliardi di € in Europa, pari a circa
il 6-7% delle vendite retail. L’eCommerce B2c in USA e nei principali paesi
europei ha un tasso medio di penetrazione sul totale delle vendite al consumo
ormai significativo e continua a crescere con tassi del 15% e del 25% rispettivamente.
Più nello specifico, le vendite online nel Turismo valgono circa il 20%
delle vendite attraverso tutti i canali. In alcuni comparti di prodotto, come
l’Editoria, musica e audiovisivi e l’Informatica ed elettronica di consumo,
la penetrazione raggiunge addirittura il 30%. Con un tasso di penetrazione inferiore,
ma comunque nell’ordine di alcuni punti percentuali, seguono il Grocery e l’Abbigliamento.

Il mercato inglese vale
10 volte il mercato italiano, il mercato francese 3 volte. Il "gap"
con i principali mercati europei paragonabili all’Italia, per dimensioni del
mercato potenziale e popolazione, è significativo e, di mantenendo questi
tassi di crescita, destinato ad aumentare di anno in anno. Quest’anno per la
prima volta il mercato italiano è infatti allineato agli altri mercati
in termini di crescita percentuale.

In Italia vi sono ancora
pochi web shopper (poco più di un quarto rispetto a UK) che comprano
ancora poco online (meno di un terzo rispetto a UK). Il gap con l’estero è
meglio interpretabile se si confrontano il numero di web shopper (in questo
caso definiti come coloro che nell’ultimo anno hanno effettuato almeno un acquisto
online) e la spesa media annua per web shopper. In Italia ci sono all’incirca
un terzo dei web shopper francesi e poco più di un quarto dei web shopper
inglesi e di quelli tedeschi. La spesa media per web shopper, intorno ai 900
€ all’anno, è inferiore a quella di Francesi e Tedeschi (15-20%
in meno) e meno di un terzo rispetto a quella degli acquirenti online nel Regno
Unito che dimostrano una familiarità e una naturalezza nell’uso dell’online
come nessuno in Europa.

All’estero oltre il 60%
degli acquisti online è costituito da prodotti. Determinante per spiegare
le ragioni di un divario così significativo con i principali mercati
esteri è la composizione del "paniere" degli acquisti che,
sia in Europa sia in USA, è per oltre il 60% costituito da prodotti,
contro un 30% dell’Italia. In Europa e negli Stati Uniti, nonostante il Turismo
risulti comunque il settore con la maggiore incidenza sul totale delle vendite
online con un peso medio nell’intorno del 30%, vi sono tuttavia molte categorie
merceologiche – l’informatica e l’elettronica di consumo, il grocery, i prodotti
per la casa, l’editoria, la musica e gli audiovisivi – che hanno ciascuna una
incidenza tra il 7 ed il 14% sull’eCommerce B2c.

All’estero, almeno 15 imprese
sulle prime 20 in termini di fatturato eCommerce vendono prodotti, in Italia
solo 4 su 20. Anche l’analisi dei primi 20 siti di commercio elettronico per
i diversi mercati conferma una differente struttura dell’offerta e attitudine
all’acquisto di prodotti da parte dei consumatori online stranieri. In USA,
UK e Francia almeno 15 dei primi 20 siti di commercio elettronico vendono prodotti
(in USA sono addirittura 18 su 20), mentre in Italia sono solo 4 su 20 (abbiamo
escluso in questo caso le assicurazioni online e i siti da cui si possono effettuare
le ricariche telefoniche per uniformità con le principali analisi estere).
Di questi solo 2 sono operatori della distribuzione moderna contro 11 operatori
tra i primi 20 dell’eCommerce negli USA e 7 in UK.

Alcuni segnali incoraggianti
iniziano ad arrivare dalle imprese "tradizionali", specialmente nel
fashion. Dalla seconda metà del 2007 si sono visti alcuni segnali incoraggianti
nel mondo del fashion, e, finalmente, alcuni dei brand più noti del Made
in Italy hanno aperto negozi online (ad esempio Marni, Armani, Valentino, Diesel,
Stoneisland, Misssixty, Energie, Gucci, Prada, Bata, ecc.), autonomamente o
appoggiandosi ai servizi di Yoox Group, che dopo essersi affermato come leader
internazionale nell’ambito della vendita di abbigliamento online ha deciso di
giocare la propria partita anche con il nuovo cappello di service provider.
Molti altri ingressi sono previsti per il 2009 e il circolo virtuoso sembra
essere iniziato.

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