Microsoft, una nuvola per tutti

Pubbliche amministrazioni e aziende guardano con estrema attenzione al cloud computing per il consolidamento e la scalabilità delle infrastrutture e la sperimentazione di servizi innovativi. Ma le difficoltà vissute singola infrastruttura eterogenea si moltiplicano a dismisura quando ci si sposta nel contesto di una piattaforma virtuale

Insieme a tanti altri grandi e piccoli brand dell’informatica, Microsoft (www.microsoft.com/it) sta conducendo un importante sforzo di discussione e adeguamento rivolto all’interoperabilità nel mondo eterogeneo del cloud computing.

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Che cosa si intende per interoperabilità? Con questo termine ci si riferisce in modo specifico al fatto che un determinato ambiente di servizi cloud, per esempio Microsoft Azure, sia sempre in grado di lavorare con altre piattaforme e altri applicativi, non solamente con altre tipologie di nuvole.

Assicurare questo livello di compatibilità significa anche venire incontro all’esigenza di chi vuole poter essere sempre in grado di eseguire le applicazioni sulla propria rete o sulla nuvola, o su una combinazione delle due, senza dover incorrere nel costo aggiuntivo delle modifiche e delle personalizzazioni.

Alla guida di questo sforzo ci sono due general manager di formazione diversa. Craig Shank – alla guida dell’Interoperability Group – ha lavorato negli ultimi cinque anni nell’ufficio legale dell’organizzazione Prodotti Windows e prima di Microsoft ha maturato una esperienza nel mondo delle applicazioni Linux embedded.

Jean Paoli invece è il responsabile della Interoperability Strategy. Paoli ha avuto un ruolo fondamentale, in seno al W3c, nello sviluppo del linguaggio Xml fin dal 1985 a partire dalle definizioni del predecessore, Sgml e fino al suo ingresso in Microsoft nel 1996.

«Il nostro obiettivo – ha spiegato Shank nel corso di un incontro con la stampa specializzata milanese – è di riuscire a preservare la flessibilità della nuvola attraverso un approccio aperto all’interoperabilità nel cloud computing».

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Non è un lavoro facile, aggiungono i due responsabili. «Il lavoro tecnico che è alla base di questa iniziativa rappresenta un’autentica sfida – ha precisato Paoli -, richiede un forte impegno nei riguardi delle necessità dei nostri clienti nonché un grosso sforzo congiunto su molteplici fronti e un approccio pragmatico e misurato ai vari modi di sviluppare le tecnologie».

Tra i compiti che Microsoft annovera in questa direzione c’è anche quello di sviluppare i suoi prodotti con un occhio alla interoperabilità. Windows Azure supporta già numerosi standard e protocolli. Uno sviluppatore può scegliere tra Php, Java, Ruby on Rails, o il framework di Microsoft .Net per i suoi applicativi.

Le decisioni in materia si cristallizzano attraverso un continuo dialogo con partner, clienti e altre aziende di software. Paoli sottolinea che già nel 2006 è stato costituito l’Interoperability Executive Council, un gruppo di 35 Cto e Cio di altrettante organizzazioni sparse per il mondo, che si riunisce ogni sei mesi a Redmond per mettere sul piatto le questioni dell’interoperabilità e assicurare un prezioso feedback a dirigenti come Bob Muglia, presidente della divisione Microsoft Server and Tools.

Inoltre, Microsoft partecipa all’Open Cloud Standards Incubator, un nuovo gruppo di lavoro creato in seno alla Distributed Management Task Force, un consorzio di oltre duecento aziende produttrici e clienti di informatica, e svolge un ruolo critico in Simple Cloud, una iniziativa voluta da Zend Technologies, IBM e Rackspace per assistere la realtà degli sviluppatori indipendenti nella stesura di semplici applicazioni in grado di funzionare su tutte le principali piattaforme per il cloud.

Nel gennaio di quest’anno, il general counsel di Microsoft Brad Smith ha presentato una proposta per l’affermazione del cloud computing tra le aziende e le pubbliche amministrazioni centrali in Europa.

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