Abolire la tassa governativa sui cellulari

Tra le tante imposte che gravano sui cittadini c’è l’odiosa tassa di concessione governativa (TCG) applicata sugli abbonamenti di telefonia mobile

“La tassa applicata ai contratti – scrive Stefano Quintarelli – è la causa della distorsione tutta italiana per cui oltre il 90% degli utenti utilizzano schede prepagate”.

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Gli introiti governativi sono elevati e per lo Stato è un modo elegante per fare cassa. In tutti questi anni nulla è cambiato. La TCG fu infatti introdotta nel 1995 come estensione del dpr sulla “Disciplina delle tasse sulle concessioni governative” ai telefonini in abbonamento, all’epoca considerati beni di lusso. L’adozione nel 2003 del Codice delle comunicazioni elettroniche, che recepiva le direttive comunitarie sulla liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni, aveva di fatto abrogato la norma, tant’è che il governo nel 2007 si era impegnato a cancellare la tassa. Tuttavia, considerata l’entità del gettito che garantiva (750 milioni di euro all’anno), la decisione era stata rimandata a data da destinarsi.

Le premesse che avevano portato negli anni novanta a tassare la telefonia mobile sono completamente superate: come si può considerare ancora oggi il cellulare un bene di lusso quanto tutti gli italiani ne fanno uso?

Per imprese e privati, la quota governativa ha un peso sostanziale e, di fatto, diventa parte integrante del costo di abbonamento. Tassa che, spesso, alla firma del contratto del singolo cittadino, viene ignorata, per poi scoprire alla prima fattura un costo maggiore rispetto a quello stabilito proprio in virtù del balzello. I privati pagano 5,16 euro al mese, mentre i titolari di utenze business versare un importo ancora più salato: 12,91 euro mensili.

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Nel corso del tempo vi sono state più e più sentenze a favore di pubbliche amministrazioni che si sono opposte al pagamento della tassa. Sentenze, tuttavia, che hanno valore soltanto nei confronti della singola amministrazione. La Commissione Tributaria Provinciale di Bari, per esempio, con la sentenza n. 147/22/11 depositata il 2 novembre scorso, confermava l’indirizzo interpretativo in base al quale deve ritenersi definitivamente abrogata la tassa di concessione governativa sui servizi di radio telecomunicazione e riteneva che il medesimo principio debba considerarsi valido anche per le società commerciali.

Adiconsum afferma che l’applicazione della TCG viola i principi contenuti nella Direttiva 2002/21/CE, poiché determina un incremento dei costi da parte di chi sottoscrive contratti di abbonamento, impedendo la formazione di un mercato concorrenziale. Non sono sufficienti, quindi, le sentenze delle Commissioni Tributarie Regionali. Per abolire la tassa è necessario un intervento del Governo, intervento che ci si augura possa essere attuato. Significherebbe porre così fine a un’incongruenza di mercato e a un’eccezione tutta italiana.