Un sondaggio evidenzia le debolezze nella Virtualization Data Protection

Veeam lancia il Data Protection Trends Report 2024

Veeam Software presenta i risultati del “Virtualization Data Protection Report 2013”. Il report annuale è il risultato del terzo studio condotto da Veeam sull’impatto della virtualizzazione nelle strategie di protezione, backup e ripristino dei dati. La ricerca indipendente, che ha coinvolto 500 Chief Information Officer (CIO) di Europa e Stati Uniti, ha evidenziato come le aziende non stiano ancora beneficiando pienamente dei vantaggi che la virtualizzazione può portare alla protezione dei dati, subendo anzi problemi di capacità, complessità e costi che ostacolano le implementazioni. In molti settori, infatti, le capacità delle aziende in ambito data protection sono diminuite rispetto all’ultimo report di fine 2011.

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Dalle risposte dei CIO intervistati è emerso che:

– il 68% del campione ritiene che gli strumenti di backup e ripristino diventeranno meno efficaci con l’aumento dei dati e dei server all’interno dell’azienda;

– il ripristino dei server virtuali è solo leggermente più veloce rispetto a quello dei server fisici (5 e 6 ore rispettivamente). Questo dato è peggiorato rispetto al 2011, quando il ripristino richiedeva rispettivamente 4 e 5 ore;

– ogni ora di downtime costa all’azienda 324.793 dollari, che si traduce in un costo medio di 1,6 milioni di dollari per incidente;

– il ripristino di file individuali e applicazioni può richiedere ancora più tempo: il ripristino di singole email, ad esempio, richiede in media 14 ore;

– indipendentemente dai tempi di ripristino, le aziende hanno riscontrato problemi con più di 1 ripristino su 6;

– l’88% dei CIO riscontra problemi di capacità connessi con il backup e il ripristino, l’84% con la complessità e l’87% con i costi. Tali risultati dimostrano dunque che la data protection è ancora un compito difficile da affrontare;

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– il 58% dei CIO sta pensando di cambiare gli strumenti di backup per gli ambienti virtuali entro il 2014.

“A un primo impatto, le perplessità dei CIO sembrano essere corrette: nonostante la virtualizzazione offra la possibilità di proteggere i dati con strumenti moderni, più veloci ed efficienti, i tempi di ripristino sono cresciuti rispetto al 2011”, spiega Ratmir Timashev, President e CEO di Veeam. “Questa apparente perdita di slancio in ambito data protection deriva da due fattori. In primo luogo, l’infrastruttura virtuale è in costante crescita e, se già oggi rappresenta la maggior parte dell’infrastruttura IT aziendale, in futuro subirà un ulteriore incremento. In secondo luogo, le imprese non stanno aggiornando adeguatamente gli strumenti e le strategie di data protection per far fronte a questa tendenza: la maggior parte delle aziende, ad esempio, sta ancora implementando agenti per il backup e il ripristino. Questo approccio funziona per gli ambienti fisici, ma è superfluo e inadatto all’infrastruttura virtuale: finché le aziende non smetteranno di approcciare la tecnologia con un atteggiamento mentale tipico del mondo fisico, non saranno mai in grado di comprenderne tutto il potenziale”.

I problemi legati all’aumento dell’infrastruttura virtuale

Attualmente l’infrastruttura virtuale coinvolge il 51% dei server aziendali, che si prevede cresceranno fino al 63% nel 2014. I CIO sono consapevoli dei problemi che questo aumento dell’infrastruttura virtuale può causare in ambito data protection: l’88% ha identificato una serie di problemi di capacità che si possono ripercuotere sul backup e sul ripristino dei server virtuali, mentre l’84% ha riconosciuto problemi di complessità e l’87% difficoltà a livello di costi. Allo stesso modo, il 77% delle aziende che utilizzano strumenti di backup agent-based hanno riscontrato problemi o difficoltà di gestione con questa tecnologia: tra questi, una gestione troppo complessa (43%), backup falliti troppo spesso (32%), ripristini falliti (28%), l’eccessivo costo della tecnologia (20%) e agenti che rallentano le performance dei server (18%).

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Il segnale che indica come le imprese stiano iniziando a rendersi conto di questo fenomeno è dato dal fatto che il 58% degli intervistati ha in programma di cambiare gli strumenti di backup utilizzati per i server virtuali entro il 2014. La spinta principale a questo nuovo atteggiamento è di tipo finanziario, con il 51% dei cambiamenti dovuti al Costo Totale di Proprietà (TCO) e il 42% agli attuali costi per hardware e software. La complessità è motivo di cambiamento per il 47% degli intervistati, ma altri fattori sono anche costituiti dal mancato raggiungimento dei Recovery Time Objective (32%) e dei Recovery Point Objective (24%).

“La virtualizzazione è ormai arrivata a un punto di svolta”, afferma Ratmir Timashev. “Le aziende hanno compreso i benefici che questa tecnologia può portare se implementata e gestita correttamente. I moderni strumenti per la protezione dei dati, specificamente costruiti per la virtualizzazione, possono sbloccare questo potenziale e risolvere al tempo stesso molti dei problemi di capacità, complessità e costi che i dipartimenti IT delle aziende devono affrontare. Per esempio, ridurre i costi di tecniche come la replica dei dati consente alle aziende di proteggere gran parte della loro infrastruttura vitale dal downtime del server, risparmiando così milioni di dollari di processo. Virtualizzare il ripristino significa che le aziende possono testare maggiormente i backup, invece di limitarsi al semplice 7% che attualmente viene testato regolarmente. Inoltre, utilizzare lo strumento appropriato per questo tipo di lavoro significa che i CIO possono recuperare singoli item o interi server in un tempo molto inferiore alle 5 ore”.