Cloud computing e risparmio energetico


Come e perché nuovi servizi ICT offerti in una logica as-a-Service possono contribuire a ridurre i consumi energetici e generare consistenti risparmi rispetto alle tradizionali architetture di data center

Al di là dei tangibili vantaggi in termini di scalabilità e flessibilità, il Cloud si pone anche l’obiettivo di modernizzare le architetture diminuendo drasticamente i costi energetici. Quale reale correlazione esiste tra le due componenti? È vero che appropriati investimenti possono determinare una riduzione delle spese energetiche complessive? In altre parole, l’investimento in innovazione tecnologica porta con sé tangibili vantaggi sul fronte del risparmio energetico? E, ancora, ha senso porre l’efficienza energetica come fattore propedeutico alla creazione e sviluppo di ambienti Cloud?

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Massimo Fasoli, head of data center & virtualization sales di Cisco Italia (www.cisco.com/it), non ha dubbi in proposito: «L’approccio architetturale da noi proposto, semplifica la gestione dei data center e ne riduce i consumi. Un data center virtualizzato tende a diminuire il numero di componenti installate, gestite e mantenute, migliorandone l’utilizzo. Per ottenere i massimi risultati è importante avere però una visione che deve caratterizzare tutta l’infrastruttura IT, poiché solo valutando in modo integrato il consumo complessivo, e non solo quello del singolo componente, si possono ottenere risparmi consistenti». Dalle parole di Fasoli appare, quindi, che l’economia di scala è un fattore decisivo e che esiste una correlazione diretta tra dimensione Cloud e potenziali vantaggi. Questi ultimi sono tanto maggiori quanto più elevato è l’indice di adozione del Cloud.

Il fattore Cloud di risparmio energetico può, quindi, essere associato a una qualsiasi dimensione di data center o esiste un livello sotto il quale non ha senso perseguire questi obiettivi? Detto in altre parole, si possono avere risultati soddisfacenti solo nei contesti in cui possono essere attuate grandi economie di scala?

Roberto Sortino, director mid-tier per EMC Italia (http://italy.emc.com) mette in evidenza la logica che muove un investimento Cloud, logica che presuppone la possibilità di una riduzione delle infrastrutture aziendali e una conseguente riduzione dei costi energetici. E, comunque, in termini generali, Sortino rileva «come il passaggio a un’infrastruttura di tipo Cloud, proprio perché si traduce in un naturale consolidamento delle macchine e una generale ottimizzazione dell’infrastruttura, porti con sé tangibili risultati per ciò che riguarda i costi energetici». Sortino è però del parere che i vantaggi del Cloud prescindono dalle dimensioni del data center, anche se ovviamente aumentano al crescere dell’infrastruttura. «La riduzione dei consumi – spiega Sortino – è infatti immediata e significativa, anche quando le macchine che la compongono sono in numero limitato».

«Per le piccole imprese – afferma Alessio Lo Turco, manager systems consulting di Quest Software Italy (www.questsoftware.it) -, il Cloud può comunque rappresentare un’opportunità, in quanto permette di accedere ad applicazioni e servizi ottimizzati attraverso un’infrastruttura di data center che altrimenti queste organizzazioni non sarebbero in grado di realizzare e sostenere».

Maurizio Martinozzi, sales manager engineering di Trend Micro (http://it.trendmicro.com), fa osservare come l’energia elettrica incida per il 15%-20% sui costi di gestione del data center. «In una condizione di questo tipo – dice Martinozzi – un provider di dimensioni importanti è quindi in grado di ottenere una tariffa più economica dal fornitore di energia elettrica, può diversificare il tipo di servizio e quindi offrire potenza di calcolo a tutti i livelli, dal data center più piccolo a quello più grande».

Lo Turco (Quest Software), pur d’accordo con i vantaggi che possono scaturire da grandi economie di scala – considerata l’ampia varietà di utenti con accesso a servizi e applicazioni diverse – ritiene «che chi si orienta al Cloud debba necessariamente cambiare mentalità e modificare il metodo con cui le applicazioni vengono pensate, scritte, gestite e integrate».

Conoscenza diffusa o limitata?

Per quanto enfatizzato a livello di marketing, rimane sempre il dubbio che il tema del risparmio energetico non sia propriamente stato metabolizzato dalle aziende. Esiste una conoscenza diffusa dei vantaggi del Cloud in relazione al risparmio energetico? Può quest’ultimo diventare una leva per investimenti attuali e futuri nelle nuove architetture di data center?

Carlo Iantorno, direttore national technology officer di Microsoft Italia (www.microsoft.com/italy), esprime un parere positivo: «La consapevolezza dei vantaggi legati non solo alla riduzione dei costi dell’IT, ma anche alla maggiore efficienza energetica, ha iniziato a farsi strada. È vero ed è provato che, nel complesso, il Cloud rappresenta un’opportunità per contribuire all’abbattimento delle emissioni di CO2». A questo proposito Iantorno afferma che le tecnologie Cloud, ottimizzate per servire migliaia di clienti contemporaneamente, rendono possibile dimezzare le emissioni dell’ICT (2% delle emissioni globali) e ridurre del 15% le emissioni provocate dai processi non ICT (98%).

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Sulla stessa lunghezza d’onda l’opinione di Maurizio Martinozzi (Trend Micro): «Negli ultimi anni la consapevolezza dei vantaggi offerti dal Cloud è aumentata, anche per quanto riguarda l’abbattimento dei costi relativi non solo alle infrastrutture e all’utilizzo di software, ma sul fronte del risparmio energetico. Un ruolo in questa trasformazione e cambiamento di percezione lo hanno avuto sicuramente gli analisti, tra questi Gartner, che nel coniare la definizione di green computing, hanno posto l’enfasi sulla necessità di costruire data center tecnologicamente evoluti non solo dal punto di vista delle performance, ma dei consumi energetici».

Di tutt’altro avviso è l’opinione di Andrea Pugi, account manager Isgs di Infogroup (www.infogroup.it): «Oggi il Cloud non è un concetto maturo e ancora meno lo sono i vantaggi che ne derivano dal punto di vista energetico. Tuttavia, questa condizione può rappresentare un’opportunità, soprattutto per le grandi organizzazioni. Il risparmio energetico potrebbe, infatti, diventare una leva per avvicinare le aziende al Cloud, o meglio al green Cloud. D’altra parte, la disponibilità dell’accesso al servizio non è più un problema. Quello che, se mai, tuttora lascia perplessi i clienti è affidare ad altri le proprie informazioni sensibili e strettamente riservate, che rappresentano un valore inestimabile per l’azienda. Per fortuna la presenza attiva di molti operatori sta iniziando a infondere sicurezza al mercato». Ecco, quindi, che nelle parole di Pugi, il risparmio energetico viene considerato come un fattore che può contribuire a incrementare il valore dell’offerta Cloud e aumentarne la diffusione.

«Il Cloud è indubbiamente una leva per favorire il risparmio energetico, dice Cristina Sarnacchiaro, general manager di Orsyp Italia (www.orsyp.com). I vantaggi, già ampiamente conosciuti, sono infatti notevoli, sia in termini di maggiore produttività sia di riduzione dei consumi. Diminuendo il numero dei componenti hardware, e grazie alla loro virtualizzazione, è possibile contenere maggiormente i costi, generando un Total Cost of Ownership sensibilmente inferiore».

Positivo è anche il commento di Lo Turco (Quest Software): «In Italia si sta lentamente facendo strada la convinzione che il Cloud consenta un sostanziale risparmio energetico. Recenti statistiche evidenziano come il Cloud abbia la capacità di ridurre le emissioni globali di carbonio di milioni di tonnellate. Un esempio – dice Lo Turco – è dato dal confronto di Gmail con le soluzioni tradizionali aziendali per la posta elettronica. I risultati dimostrano, infatti, che il passaggio a Gmail permette un’efficienza fino a 80 volte superiore rispetto alla casella di posta tradizionale. Statistiche come questa saranno determinanti per spostare gli investimenti futuri verso il Cloud».

Obiettivi di efficienza

Quali sono le modalità e i presupposti tecnologici per raggiungere obiettivi di efficienza energetica? Per Carlo Iantorno (Microsoft) «è importante soprattutto il dimensionamento dinamico delle risorse, poiché a differenza di quanto avviene nei sistemi tradizionali, in cui le risorse elaborative sono sovradimensionate per far fronte a picchi di domanda di energia computazionale, con il Cloud è possibile ridurre gli sprechi bilanciando al meglio domanda e offerta. Un altro presupposto di risparmio energetico – continua Iantorno – è la co-allocazione delle risorse, che determina carichi di picco meno variabili servendo più organizzazioni contemporaneamente». Iantorno sottolinea come sia vantaggioso l’elevato grado di utilizzazione dei server, che nella Cloud può raggiungere tassi dal 40 al 70%, mentre una tipica applicazione on-premise viene eseguita al 5 o 10% del tasso di utilizzo. «Altro fattore architetturale che consente il risparmio energetico – afferma Iantorno – è il data center Cloud, progettato per ridurre gli sprechi di energia sfruttando tecnologie ottimizzate per il raffreddamento e l’alimentazione dei sistemi. Oggi i più avanzati data center progettati per i servizi Cloud raggiungono livelli di Power Usage Effectiveness di 1,1 o 1,2. Solamente agendo sulle caratteristiche progettuali del data center – aggiunge Iantorno – è possibile raggiungere tassi fino al 40% nella riduzione dei consumi».

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Maurizio Martinozzi (Trend Micro) evidenzia il valore del Cloud per la sua capacità di centralizzazione. «Per una grande azienda con molte filiali, il presupposto per conseguire l’efficienza energetica passa attraverso la centralizzazione del software in un singolo data center. Trend Micro è già in grado di supportare l’evoluzione verso data center ecosostenibili grazie a Deep Security. La soluzione consente infatti di aumentare la densità di macchine virtuali all’interno di un singolo host fisico. In questo modo viene ottimizzato l’utilizzo dell’hardware con una conseguente riduzione dei costi di alimentazione e di raffreddamento».

Cristina Sarnacchiaro (Orsyp) è fermamente convinta che per perseguire eccellenti risultati di efficienza energetica, la presenza di infrastrutture evolute e l’automazione delle IT Operations siano dei fattori chiave di successo. «Solo attraverso un monitoraggio real-time delle performance dei server, e non solo della loro disponibilità – sottolinea Sarnacchiaro – è possibile ottimizzare l’utilizzo delle applicazioni IT, assicurando un migliore bilanciamento tra domanda e offerta di risorse informatiche. In questo modo si riducono gli sprechi di energia, sfruttando al massimo la capacità di calcolo dei server. Ecco, quindi – conclude Sarnacchiaro -, che in quest’ottica il nostro sistema di Capacity & Performance Management può facilitare le aziende nell’adozione di soluzioni Cloud».

«Per cogliere pienamente i vantaggi della nuova modalità di fruizione dell’IT – dice Fabrizio Landini, vice presidente divisione IT di Schneider Electric (www.schneider-electric.it) -, è necessario analizzare le caratteristiche dell’infrastruttura IT e verificare la capacità di adeguarsi a un ambiente così innovativo e critico, in cui la disponibilità di qualsiasi applicazione o servizio vuol dire tutto. È estremamente importante che in un contesto in cui le risorse sono per definizione allocate e dimensionate in modo del tutto variabile e dinamico, sia possibile controllare attimo per attimo le performance dell’infrastruttura con strumenti di gestione granulari e sofisticati. Considerando inoltre che in un modello Cloud i server operano a tassi di utilizzazione ancora più elevati (anche dal 40 al 70% per ogni applicazione) – afferma infine Landini -, diventa essenziale integrare e gestire in modo coordinato con il livello applicativo le infrastrutture facility che impattano sul corretto funzionamento e sull’efficienza del data center, ovvero sistemi di alimentazione e di condizionamento».

Il ritorno dell’investimento

Il nostro sondaggio di opinioni ha infine preso in esame uno degli aspetti più critici, ovvero il ritorno dell’investimento. Esiste un modo per calcolarlo? Esistono esperienze/best practice che possono aiutare il cliente nel prendere in considerazione investimenti finalizzati a una diminuzione dei costi energetici?

«Alcuni dati – dice Iantorno (Microsoft) – possono aiutare le aziende ad acquisire consapevolezza del risparmio energetico abilitato dal Cloud e agire quindi da driver per l’adozione di soluzioni Cloud. Un’indagine condotta da Accenture sulle soluzioni Cloud di Microsoft, rivela per esempio che i risparmi energetici delle aziende dipendono dalla dimensione dell’organizzazione: più del 90% per installazioni più piccole (fino a circa 100 utenti), dal 60% al 90% per medie dimensioni (fino a circa 1.000 utenti) e dal 30% al 60% per installazioni più grandi (fino a circa 10.000 utenti). Lo studio analizza anche il caso di un’azienda globale produttrice di beni di consumo che, migrando i sistemi di posta elettronica e messaggistica a servizi Cloud, otterrebbe una riduzione delle emissioni di circa il 32%. I servizi Cloud vantano infatti notevoli margini di efficienza rispetto alle tradizionali infrastrutture on premise, anche nel caso di configurazioni molto grandi e già ottimizzate. Risvolti particolarmente interessanti non solo in ambito privato – afferma Iantorno -, ma anche in ambito pubblico, poiché gli enti che adotteranno servizi Cloud potranno beneficiare di vantaggi significativi in termini di innovazione ed efficienza in una logica di crescita sostenibile».

Massimo Fasoli (Cisco), per quanto riguarda il discorso del ritorno dell’investimento e l’utilizzo di soluzioni Unified computing, ovvero l’infrastruttura Cloud di Cisco, porta per esempio il data center green ad Allen, città del Texas, dove si è riscontrato che lo Unified Fabric nel data center unisce lo storage e il traffico dei dati Lan-San, riducendo il numero di switch, adattatori e cavi richiesti, permettendo un minore consumo energetico. «Invece di centinaia di batterie non green – dice Fasoli – il gruppo di continuità (Ups) risiede nel data center da 5 megawatt (espandibili fino a 10 megawatt) e utilizza le ventole, che richiedono poca energia per garantire il funzionamento e avviare i generatori diesel in caso di perdita di potenza. Il design a basso consumo energetico riduce la necessità di raffreddamento meccanico». Cisco calcola che la struttura può utilizzare aria filtrata, esterna non-refrigerata, il 65% delle volte, risparmiando circa 600mila dollari all’anno in costi di raffreddamento e raggiungendo, al tempo stesso, i propri obiettivi aziendali in materia di green.

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Maurizio Martinozzi (Trend Micro), è dell’opinione che ciascun data center Cloud sia paragonabile a un edificio intelligente, caratterizzato da un determinato livello di efficienza energetica. «Occorre pertanto guardare alle best pratice già consolidate. Best practice relative alla virtualizzazione, alla scelta dei materiali, ai sistemi di illuminazione e di condizionamento».

«Un calcolo accurato sul ritorno dell’investimento – commenta Fabrizio Landini (Schneider Electric) – è elemento di partenza delle nostre proposte. A livello globale abbiamo ampia esperienza e abbiamo decine di infrastrutture anche in Italia nelle quali virtualizzazione e Cloud sono applicate in modo integrato; questo ci ha permesso di creare degli strumenti Web specifici, i Trade Off Tools, che permettono di scegliere diverse modalità per misurare il Roi, preventivando il contenimento dei costi energetici e l’impatto di diverse scelte architetturali e infrastrutturali; questo vale per data center di ogni dimensione, perché infrastrutture IT più flessibili sono essenziali nella crescita di ogni taglio di azienda ed è possibile realizzare ad hoc sia nuovi progetti sia ammodernamenti di strutture già esistenti».

«Passare da una configurazione self-hosted a una configurazione Cloud – dice Andrea Pugi (Infogroup) – non comporta, in generale, investimenti consistenti, ma tutto dipende dagli elementi da trasferire sul Cloud. È possibile determinare una configurazione ottimale (Optimum Hybrid) in cui sono mantenute in casa alcune componenti applicative, generalmente quelle realizzate su misura per il cliente, mentre si spostano in Cloud quelle maggiormente vicine a uno standard che il service propone. In tal modo sarà necessario sostenere investimenti iniziali, generalmente di entità non elevata, per integrare le due componenti (o modificare integrazioni esistenti). Pertanto, mentre nel primo caso, il self hosted, l’investimento è concentrato sull’acquisto dell’infrastruttura necessaria per erogare il servizio e per la quale esiste il canone di manutenzione, nel secondo il canone è attivato fin da subito ed è anche più semplice e veloce passare a un modello di scala superiore o inferiore. È pur vero che una volta ammortizzati gli investimenti – conclude Pugi – la gestione del self-hosted potrebbe risultare minore del canone del Cloud, ma è sufficiente pensare alla quota di rischio che il canone Cloud copre per propendere verso i servizi della nuvola».

«L’identificazione corretta dei parametri da monitorare per misurare il ritorno sull’investimento è oggettivamente complessa e varia da azienda a azienda – dice Cristina Sarnacchiaro (Orsyp) -. Per raggiungere questo obiettivo e migliorare, di conseguenza, le performance dell’IT Operations, Orsyp ha fortemente voluto e promosso un laboratorio di idee, denominato Think Tank, in collaborazione con venti manager IT a livello internazionale. Offriamo, pertanto, soluzioni per tutti i tipi di architetture, che consentono ai service provider di aggiungere al proprio portafoglio, in ambiente Cloud, il monitoraggio delle prestazioni e, di conseguenza, il loro impatto economico».

«La riduzione della spesa IT – aggiunge Lo Turco (Quest Software) -, è la motivazione principale del processo decisionale per progettare lo spostamento dati e servizi su un ambiente Cloud. Ma un’organizzazione che adotti una soluzione di questo tipo senza un piano chiaro che garantisca che le esigenze di business vengano pienamente soddisfatte è destinata a vedere fallire il progetto. La transizione al Cloud è bene, quindi, che sia adeguatamente pianificata, in modo da garantirne il successo. È indispensabile – avverte Lo Turco – l’adozione di soluzioni di Application Performance Management (Apm) con tutte le funzionalità necessarie per un monitoraggio efficace del Cloud, come dashboard che informino sull’impatto sul business e notifichino ai responsabili IT la root cause del disservizio».