RED HAT: CLOUD SÌ, MA OPEN SOURCE


CloudForms e OpenShift sono le soluzioni open proposte da Red Hat per la gestione di infrastrutture e piattaforme “as-a-Service”

 

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Agli albori dell’informatica la comparsa del software, primo tra questi il sistema operativo Unix, è stata possibile grazie alla “filosofia” open source, dove un ampio numero di programmatori, non solo appartenenti al mondo universitario, concorreva nella progettazione, nello sviluppo e nell’ottimizzazione di codice accessibile a tutti e di cui nessuno rivendicava la proprietà.

Successivamente si è andata invece affermando e consolidando una differente impostazione, che ha visto l’offerta di soluzioni proprietarie da parte di grandi produttori di hardware e importanti società di software.

«Attualmente, grazie a quella che noi definiamo equazione perfetta, ossia la necessità stringente per le imprese di ridurre i budget a parità di prestazioni – sostiene Gianni Anguilletti, country sales manager di Red Hat Italia (www.it.redhat.com), durante un incontro in occasione dell’inaugurazione dei nuovi uffici presso cui si è trasferita la sede milanese –, tutti gli utenti guardano con estremo interesse alle nostre soluzioni open source, come alternativa vantaggiosa in termini di risparmi, autonomia e sicurezza».

Red Hat in pochi anni si è sviluppata fino a contare oltre 60 uffici in tutto il mondo, tra cui la presenza in Italia. Con un fatturato che nello scorso anno fiscale ha di poco superato i 900 milioni di dollari, provenienti dalle sottoscrizioni dei clienti, si presenta ora come il principale fornitore di soluzioni open source e propone tecnologie di alta qualità a costi contenuti.

Dopo un lungo periodo di “semi ibernazione” in ambiti aziendali poco strategici, ora l’open source è diventato attore primario nei data center, anche per molte applicazioni mission critical.

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Il cambiamento che si verifica, da software proprietario a open source, assomiglia a quello che contrappone la storica Enciclopedia Britannica, concentrato del sapere prodotto da autori colti, e Wikipedia, moderna raccolta di tutte le conoscenze umane, scritta, aggiornata, corretta e controllata da milioni di utenti diversi.

«Abbiamo molti clienti importanti nei settori finanze, telecomunicazioni e industria, – afferma Anguilletti – che prima si sono affacciati timidamente al mondo open source e ora, dopo averne verificato la consistenza, hanno fatto scelte di ampio respiro. Tra questi possiamo citare come esempio recente Banca Intesa Sanpaolo, che ha selezionato Red Hat Enterprise Linux quale piattaforma per il proprio sistema strategico di risk management».

La Pubblica Amministrazione, che a livello locale ha già da tempo optato per soluzioni open source, ora sta dimostrando grande sensibilità e interesse anche a livello centrale presso molti ministeri.

Nelle aziende il ciclo di vita dell’open source fino a oggi ha percorso tre fasi: concepimento, sperimentazione e implementazione in aree core. Quale sarà la prossima?

«Credo che sarà rappresentata dal suo utilizzo massiccio in ambito Cloud, – sottolinea Anguilletti – soprattutto per la realizzazione di Infrastructure e Platform-as-a-Service. Ciò permetterà al modello open source di ricalcare lo stesso successo ottenuto in settori più tradizionali. Per quanto riguarda Red Hat, la strategia di approccio si delinea attraverso il rilascio di due componenti, CloudForms e OpenShift, proprio in questi due ambiti».