Dell Computers e il nuovo primato del software

Andrea LawendelLa notizia clamorosa del “delisting” di Dell Computers, che sceglie di abbandonare la quotazione in borsa per rincorrere meglio l’obiettivo di una complessa ristrutturazione sostenuta da capitali privati, chiude definitivamente l’era dell’informatica client/server. Un modello che aveva resistito anche alla prima ondata di piena del web, che malgrado tutto ha consolidato il suo dominio  proprio in quanto tecnologia “server side”. La crisi di un brand – che era riuscito, con il suo aggressivo modello commerciale diretto, (che, oggi, autorizza a pensare come Dell avesse anticipato, in qualche misura, il fenomeno della consumerizzazione) a scalare fino alla sommità la classifica dei venditori di personal computer – ci dice che la dicotomia client/server si mantiene oggi solo attraverso una radicale trasfigurazione dei due estremi di questa fortunata contrapposizione. Il caso Dell racconta di quanto sia cambiata l’industria dell’hardware in questi ultimi anni, anticipando un futuro in cui – finalmente – il software la farà da padrone.

La centralità del personal computer – prima come sistema “da scrivania” e in seguito con la promozione di una architettura sostanzialmente identica al ruolo di server – ossia di candidato alla sostituzione del mainframe – ha ovviamente contribuito a diffondere l’informatica in modo capillare. Ma ha anche avuto diversi effetti collaterali negativi. Uno di questi è rappresentato dalla grande mole di energie e risorse destinate alla cosiddetta guerra dei sistemi operativi. Un’intera industria e una generazione di programmatori si sono focalizzati sul software indispensabile per far funzionare un pezzo di ferro e silicio ancora più che sull’aspetto applicativo. Tutto questo si è tradotto – specie in ambito aziendale – in una informatica semplicemente sostitutiva. Il personal computer è stato accolto come una specie di super macchina per scrivere, capace di accelerare in modo impressionante compiti e procedure rimaste sostanzialmente immutate. Non è un caso se una parte così sostanziale dell’innovazione che investe anche l’informatica “enterprise” – oggi – nasce dal basso, dai consumatori che per primi, divertendosi in casa propria, hanno capito che l’informatica serve per fare cose nuove o per farle in modo diverso. Anche Dell, la regina dei desktop, dei notebook e dei server configurati “su misura”, deve affrontare la nuova realtà di un hardware che concentra tutta la sua fisicità negli strati più bassi di data center praticamente invisibili ai più, lasciando che sul lato client i processori si limitino a rendere possibile una interazione che passa quasi tutta per gli schermi e per semplici comandi gestuali e vocali. Un hardware che ovviamente non rinuncia alla strategicità della sua funzione, ma che abbandona definitivamente un proscenio occupato fin troppo a lungo, per diventare il silenzioso motore di un mondo che cambierà in modo ancora più radicale.  Poco importa se a controllare questo motore saranno i costruttori di computer, gli sviluppatori di sistemi operativi o i venditori di libri, scarpe e aspirapolvere. Quel che conta davvero è che con la fine dell’impero del personal computer, l’informatica si è liberata di una ingombrante zavorra concettuale, dell’obbligo di concepire il software come una sorta di nastro inchiostrato inserito in una specifica marca – e solo in quella marca – di macchina per scrivere. La vera battaglia per una informatica capace di sovvertire consuetudini, modelli di impresa ed economia ormai secolari comincia ora, ma per la prima volta è il software che avrà nell’hardware un sollecito e affidabile servitore. Non viceversa.

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