ICT e sanità: quale futuro?


L’utilizzo delle soluzioni ICT, in ambito sanitario, può consentire di migliorare i servizi e ridurre i costi, ma serve una mentalità più imprenditoriale e la capacità di saper investire

 

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La “Manovra di Ferragosto”, che si è abbattuta su tutti i settori, non ha risparmiato la sanità, con tagli significativi anche in questo ambito, se pur non direttamente. Una scelta che, ancora una volta, rischia di penalizzare gli investimenti in ICT dove, secondo un recente studio della School of Management del Politecnico di Milano (www.polimi.it), l’innovazione stenta a decollare.

Lo conferma il fatto che, annualmente, il budget destinato alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle strutture sanitarie italiane, pubbliche e private, ammonta a 920 milioni di euro. Un valore che corrisponde a circa l’1% delle spese e risulta lontano dalla media europea.

Ancora più sconcertante, però, è il divario tra il Nord, dove sono concentrati il 79% degli investimenti, e il Sud del Paese. Il Meridione spende così solo 9 euro pro capite in ICT per la sanità, contro i 21 del Settentrione. Siamo così in presenza di una situazione che Massimiliano Micucci, sales manager Italy di Quest Software (www.questsoftware.it) giudica «molto eterogenea e tipicamente correlata con la qualità del servizio erogato e del governo della spesa sanitaria a livello regionale. Laddove essa è migliore siamo in presenza delle infrastrutture ICT tipicamente più evolute».

 

La paura di crederci

Tutte le ricerche, svolte a qualsiasi livello, dimostrano come l’ICT, se applicata correttamente, permetta di ottenere benefici sull’efficacia dell’assistenza al paziente, sul governo dei processi, sull’efficienza e la razionalizzazione della spesa e sulla qualità del servizio percepito dal cittadino. A confermarlo è Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio ICT in Sanità (School of Management del Politecnico di Milano): «L’investimento in tecnologie dell’ICT oggi costituisce, più che un’opportunità, una strada obbligata. L’ICT rappresenta in Sanità una leva chiave per raggiungere contemporaneamente obiettivi di efficacia, efficienza e di miglioramento della qualità».

Tutto questo si scontra, però, con la limitatezza delle risorse disponibili, ma anche con una limitata visione di quanti considerano l’investimento in ICT come una spesa corrente e non un investimento destinato a portare vantaggi economici e organizzativi nel tempo.

Un fenomeno reso ulteriormente complesso, come spiega Salvatore Lia, presidente e rappresentante legale di Gruppo I&T (Informatica e Tecnologia – www.ietgroup.it), dal fatto che «siamo ancora in una fase di ricerca, nei metodi e negli strumenti formativi degli operatori sanitari, nell’ambito dell’innovazione culturale e organizzativa. Una fase che rende complesso comprendere come l’innovazione tecnologica possa dare un contributo credibile all’efficienza del servizio e al risparmio economico. La corretta ed esaustiva informazione è un elemento base e fondamentale da implementare nel processo di automazione della sanità. Sino a oggi le attenzioni sono state rivolte prevalentemente ai processi organizzativi e amministrativi, trascurando l’aspetto clinico dove sono concentrati i maggiori costi del sistema e le maggiori sensibilità del cittadino».

Analisi sconfortanti, confermate anche da Gianluca Rancati, corporate account director di Xerox Italia (www.xerox.it): «In questo periodo le aziende sia private che pubbliche hanno un mandato semplice, tagliare tutto quello che non è indispensabile per ottenere risparmi considerevoli. Se l’innovazione non è presentata nel modo corretto può essere recepita solo come un bene, e poi confrontata e discussa nella sola componente dei costi. Fondamentale è quindi l’approccio consulenziale, che presenti costi e benefici reali. Quindi i risparmi a fronte di una rimodulazione nei processi interni, come la gestione documentale delle cartelle cliniche digitali, l’immagine coordinata, la gestione per centro di costo…».

Una teoria giusta, ma che, come sostiene Mirta Campodoni, responsabile settore Enti e PA di Infogroup (www.infogroup.it), si scontra con quello che sembra essere il pensiero dominante: «Fare “cose vecchie con tecnologie nuove” in contrapposizione al fare “cose nuove con le nuove tecnologie”. Reticenze e paure legate alla scarsa comprensione del nuovo sono gli elementi che più frenano il cambiamento dei processi e delle organizzazioni. Al contrario, le nuove tecnologie sono ben accolte nella sfera strettamente operativa dei medici, percepite come ausilio all’aumento della professionalità. Ne sono ottimi esempi i progetti di conservazione sostitutiva dei referti ospedalieri, oltre che di fatturazione elettronica realizzati per alcune Asl italiane in collaborazione con il Gruppo Intesa Sanpaolo».

Proprio la dematerializzazione, ovvero la possibilità di ridurre drasticamente gli ingombranti documenti cartacei che comportano lunghi tempi ed elevati costi di gestione, trasmissione e archiviazione, sembra essere una delle opportunità più apprezzate in ambito sanitario. La conferma arriva da Fabiana Vudafieri, direttore marketing e sviluppo mercato di InfoCert (www.infocert.it): «L’avvio di un percorso di dematerializzazione richiede spesso un processo articolato, con un opportuno adeguamento delle tecniche e degli strumenti necessari allo svolgimento delle attività di gestione documentale. Quando si passa da un approccio documentale basato su archivi cartacei a una gestione digitale, è infatti necessario intervenire con un’attività di più generale riorganizzazione e ottimizzazione dei processi. Quanto più questi sono articolati, tanto più complesso è ottenere risultati tangibili in tempi brevi. Il processo di cambiamento richiede poi una ridefinizione di ruoli e competenze, cui va sommato un impegno in termini sia di sostituzione degli strumenti quotidiani di lavoro, sia di formazione delle risorse. Inoltre un progetto di tal tipo porta, in generale, dei vantaggi economici importanti, che però sono più evidenti nel lungo periodo. È importante sottolineare che casi di aziende sanitarie che hanno deciso di puntare sull’ICT come leva per l’innovazione ci sono e noi crediamo che l’esempio concreto di chi ha già ottenuto vantaggi possa fungere da sprone per altre realtà».

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Governare il fenomeno

La capacità di apprendere dalle esperienze già attive in altre strutture dovrebbe rappresentare uno stimolo e un’ulteriore opportunità per gli amministratori delle strutture sanitarie, anche in considerazione del fatto che, come sottolinea Corso (Osservatorio ICT), si rileva anche «la debolezza del ruolo assegnato ai chief information officer con la conseguente mancanza di una governance unitaria degli sviluppi ICT a livello aziendale. C’è poi la carenza di competenze interne alla Direzione ICT delle singole strutture e la visione locale con la quale vengono pianificati e gestiti gli investimenti, insieme all’incapacità di “fare sistema” promuovendo lo sviluppo e il riuso di best practice».

Proprio la carenza di competenze specifiche, che si aggiunge al limitato potere decisionale ed economico dei Cio, rappresenta un grosso limite all’innovazione. Ma Rancati (Xerox) sottolinea come proprio il corretto approccio all’ICT sia frenato da due problemi: «Oggi l’ICT è spesso in outsourcing, mentre quando è interno bisogna saperlo approcciare nel modo corretto, in quanto poco strutturato».

Proprio la necessità di un approccio strutturato, sia a livello interno sia nazionale, o quantomeno regionale, è essenziale per sfruttare correttamente le opportunità offerte, come evidenzia lo stesso Rancati: «In assenza di raggruppamenti forti non si potranno avere né sinergie sanitarie che permettano di creare luoghi di eccellenza sul territorio né un dialogo sanitario/amministrativo che porti a un cambiamento infrastrutturale».

 

Per vincere insieme

La capacità di promuovere iniziative unitarie, che offrirebbero significativi vantaggi ai cittadini, si scontra però con il campanilismo italiano, aggravato da personalismi e posizioni essenzialmente  politiche.

Diventa invece necessario, soprattutto, nell’attuale congiuntura economica, superare i limiti dovuti alla mancanza di una visione globale a livello di Paese. Per questo, secondo Campodoni (Infogroup), «la sfida attuale consiste nel passare da una logica settoriale a una di sistema. Paese dalle grandi individualità, l’Italia è capace di assorbire l’innovazione rivolta ai singoli, ma poco incline al cambiamento di processo finalizzato a produrre risparmi di tempi e costi per tutti e rendere le organizzazioni interoperabili con vantaggi competitivi a livello di Sistema-Paese. Il settore bancario ha affrontato con successo l’interoperabilità all’interno del gruppo e fra istituti diversi, in una logica di servizio che ha posto al centro l’utente. Questa esperienza positiva può essere replicata nel settore sanitario con la condivisione delle infrastrutture e dei servizi già esistenti in una logica di sistema. È in questa direzione che si muovono le iniziative realizzate da Intesa Sanpaolo in sinergia con Infogroup, per offrire al paziente nuove modalità di pagamento delle prestazioni sanitarie».

 

Dove vanno i soldi?

Malgrado le difficoltà, ampiamente elencate, gli analisti prevedono che, nel prossimo triennio, aumenteranno gli investimenti in ICT del settore sanitario. L’incognita è però legata alla destinazione di tali fondi. Al punto che Micucci (Quest Software) non nasconde la sensazione secondo cui, «escluse alcune strutture di eccellenza, che fanno dell’IT un asset strategico e sono tipicamente collocate nelle Regioni più virtuose dal punto di vista della gestione della spesa sanitaria, molto verrà destinato alla manutenzione dell’operatività corrente, senza nuovi investimenti».

Un timore non condiviso da Domenico Uggeri, vice presidente di Zucchetti (www.zucchetti.it): «Crediamo che l’aumento di investimenti riguarderà in gran parte nuovi progetti, in linea con il trend degli ultimi mesi». Uggeri elenca infatti una serie di nuove realizzazioni, dal Cdc Spa al Campus Biomedico di Roma, passando attraverso Fondazione Bresciana Iniziative Sociali, Fondazione Istituto Neurologico Nazionale Casimiro Mondino, Fondazione Poliambulanza e Kos. «Tutte realtà che hanno scelto le soluzioni Zucchetti soprattutto per aumentare l’efficienza dei propri processi gestionali e organizzativi».

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In ogni caso, per evitare di destinare le risorse alla sola manutenzione, senza portare una vera innovazione, Rancati (Xerox) suggerisce la necessità di cambiare radicalmente l’approccio: «È fondamentale una mentalità aperta da parte dei dirigenti sanitari e una modalità di partnership da coloro che voglio creare infrastrutture innovative».

Una mentalità nuova e un’apertura alla collaborazione che, per ora, sembra concretizzarsi solo in alcune aree del Paese. Al punto che il 79% degli investimenti sono concentrati in poche regioni, tipicamente nel Nord Italia. Una situazione confermata da Micucci (Quest Software): «L’evoluzione dell’infrastruttura IT in ambito sanitario è evidentemente correlata con il livello organizzativo e la qualità dell’organizzazione stessa, e di conseguenza del servizio erogato al cittadino. Passiamo quindi da realtà del Sud Italia dove non siamo presenti affatto a strutture sanitarie di straordinaria eccellenza nel Nord del Paese. Tra queste citiamo, per tutte, il sistema socio sanitario Lombardo, di cui siamo fornitori, probabilmente l’eccellenza in Italia e una delle eccellenze in Europa».

Anche l’analisi di Rancati (Xerox) conferma la situazione di divario tra le diverse Regioni del Paese e indica quelle che ritiene essere le tre cause: «Innanzitutto i pagamenti oltre i 365 giorni, le infiltrazioni di aziende non sempre proattive nei bandi e una mancanza di volontà da parte dei dirigenti sanitari a innovare le proprie strutture».

Si tratta, però, di una situazione legata anche a ragioni storiche, come spiega Lia (Gruppo I&T): «L’emigrazione verso il Nord delle forze intellettuali e maggiormente pronte allo sviluppo ha provocato uno squilibrio di capacità di realizzare il cambiamento in tutti i settori (sanità compresa). Non vi è stato un conseguente e adeguato intervento per forzare un processo di riequilibrio. Il fenomeno di spostamento degli interessi verso il Nord sta così coinvolgendo anche le imprese del Mezzogiorno».

 

L’arte di saper investire

A discolpa dei responsabili, chiamati a dover affrontare le situazioni e le condizioni più diverse, è però necessario ricordare come non sia facile orientarsi tra le decine di proposte, provenienti dai fornitori più disparati. Anche perché l’evoluzione è particolarmente rapida e alcune tecnologie, apparentemente efficaci, potrebbero rivelarsi inadeguate all’atto pratico.

Vudafieri (InfoCert), però, non ha dubbi sul fatto che «oggi, così come nel prossimo futuro, è nella gestione dei flussi legati alla refertazione che si possono apprezzare i maggiori vantaggi della dematerializzazione. La gestione digitale dei referti, attraverso l’utilizzo di soluzioni di firma digitale, marcatura temporale e conservazione sostitutiva, garantisce infatti il raggiungimento di notevoli benefici non solo legati al risparmio economico rispetto alla gestione tradizionale cartacea, ma soprattutto alla migliore efficienza nella gestione dei processi interni alla struttura sanitaria. La conservazione delle immagini diagnostiche proposta da InfoCert consente anche di soddisfare tutti i requisiti dettati dalla normativa di riferimento: le immagini risiedono nei sistemi di conservazione che ne garantiscono, nel tempo, tutti i requisiti utili alla piena validità legale».

Anche secondo Rancati (Xerox) è necessario credere nel miglioramento di tutti i processi che fanno da supporto all’attività prettamente medica: «I processi a monte delle attività sanitarie sono spesso vecchi e non funzionali. Bisognerebbe focalizzare l’attenzione sul Business Process Outsourcing. Società come la nostra dovranno facilitare la trasformazione dei processi di gestione documentale e di comunicazione delle strutture sanitarie».

Uggeri (Zucchetti) invita però a ricordare come, in ogni caso, il sistema sanitario sia gestito da persone e proprio le «risorse umane rappresentano il fattore strategico per le aziende sanitarie. Per questo motivo, oltre alle soluzioni dedicate agli aspetti amministrativi, come l’elaborazione delle paghe e la rilevazione delle presenze, abbiamo realizzato applicativi specifici per la gestione dei turni, dei tempi e delle attività lavorative, nonché sistemi software e hardware di controllo accessi per l’identificazione e il controllo del personale in aree che necessitano di autorizzazioni in funzione del ruolo ricoperto, degli eventuali dispositivi antinfortunistici o igienico-sanitari previsti dalla normativa».

Anche Sergio Rondena, sales manager Italy di Datalogic Scanning (www.scanning.datalogic.com), evidenzia la necessità di ottimizzare la gestione delle persone: «La corretta identificazione di persone e cose consente ritorni di efficienza in diversi ambiti: dalla tracciabilità di farmaci, strumentazione e presidi medico-chirurgici alla gestione delle attività di laboratorio, in generale con una focalizzazione sempre maggiore sul paziente: accettazione, gestione della cartella clinica, attività diagnostiche e di cura all’interno della struttura sanitaria».

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Esperienza da valorizzare

Le esigenze (e le opportunità) del settore sanitario sono numerose, ma è necessario chiedersi in quali casi sia opportuno sviluppare piattaforme tecnologiche completamente nuove e in quali far evolvere soluzioni esistenti. A tracciare un quadro della situazione è Rondena (Datalogic), prendendo spunto dall’approccio che caratterizza l’atteggiamento della «maggior parte degli ospedali, vincolati a uno specifico codice sanitario atto a ridurre gli errori nelle diverse fasi della cura del paziente. Lo sforzo delle aziende che producono tecnologie è così quello di dare una diversa caratterizzazione alle soluzioni esistenti per perseguire questo obiettivo. Entrando nello specifico, nella fase di somministrazione di un farmaco, il feedback di corretta lettura di un barcode (presente in tutti i lettori) viene sostituito dal riscontro di lettura del codice giusto (perfect match), cioè del farmaco che è stato effettivamente prescritto nell’ambito della terapia e che è memorizzato nella cartella clinica del paziente. La realizzazione di apparecchiature con involucri predisposti per i disinfettanti e trattati con additivi antimicrobici è un ulteriore esempio di personalizzazione funzionale all’ambiente di utilizzo».

Anche Rancati (Xerox) conferma come «i prodotti che verranno adottati nascono da attuali bisogni e su piattaforme tecnologiche già pronte da modulare con le leggi che governano il mondo della Sanità».

Del resto la realizzazione di una piattaforma stabile e affidabile richiede lunghi tempi e investimenti significativi, che le aziende vogliono sfruttare al massimo, anche perché questo consente di essere più competitivi dal punto di vista commerciale. Da qui il commento di Uggeri: «I nostri prodotti sono realizzati con tecnologia di sviluppo Zucchetti, quindi è facile sia per noi che per i nostri business partner effettuare delle personalizzazioni sulla base delle specifiche esigenze del cliente. Anche per il settore della Sanità siamo partiti dalle nostre applicazioni di tipo orizzontale per poi adattarle al contesto specifico. Uno dei grandi vantaggi per i nostri clienti consiste proprio nel disporre di soluzioni Web nativamente integrate, che coprono tutti gli aspetti funzionali dell’azienda sanitaria».

Una posizione confermata anche da Vudafieri: «InfoCert è il primo Ente Certificatore in Italia con 4 milioni di certificati di firma digitale, 450mila caselle di posta elettronica certificata e oltre 200 milioni di documenti conservati in modalità sostitutiva. Un’esperienza di lungo corso che l’azienda oggi mette al servizio del settore sanitario proponendo una formula di soluzioni ad hoc, basata sull’integrazione di cinque componenti fondamentali, tutte regolate da normativa specifica: documento informatico, firma digitale, validazione temporale, conservazione sostitutiva e posta elettronica certificata. L’approccio paperless proposto da InfoCert può essere applicato con notevoli benefici in tutte le macro aree funzionali di un’azienda sanitaria, dai processi di diagnosi e cura, al ciclo amministrativo finanziario o logistico, ai flussi di accoglienza e dimissione».

In un simile contesto è importate capire quale potrà essere il ruolo delle aziende italiane, sempre più chiamate a confrontarsi con multinazionali che possono sfruttare l’esperienza maturata in altri Paesi. Un argomento che vede contrapporsi differenti correnti di pensiero. In particolare Rancati (Xerox) sottolinea come, «vista l’attuale situazione economica, sarà sempre più complesso per le Pmi approcciare progetti innovativi verso i flussi documentali con offerte Business Process Outsourcing e verso l’IT con una gestione Information Technology Outsourcing delle aziende sanitarie nazionali, facendo di Xerox un partner di fiducia nell’ambito dei servizi di outsourcing».

Lia (Gruppo I&T), sottolinea invece la necessità di unire le forze: «In Italia sono presenti soluzioni frammentate di grande interesse nel settore della sanità. Bisogna che le aziende sviluppino capacità di aggregazione e che le strutture sanitarie pubbliche siano disponibili e in grado di dare consistenza alle iniziative proposte dalle Pmi italiane. In alcune Regioni sono in cantiere dei cluster in ambito sanitario, ove le imprese ICT hanno deciso di collaborare e sviluppare sinergie che possano portare in Europa soluzioni altamente competitive. Un esempio lo troviamo nella Provincia di Trento ove noi porteremo il nostro contributo».

Mentre Rondena (Datalogic), ricorda che «l’organizzazione territoriale delle aziende sanitarie richiede capillarità per ottenere elevati livelli di servizio. La localizzazione, le competenze di integrazione e la flessibilità sono le caratteristiche che possono rendere vincenti i partner tecnologici “nostrani”».