Donatella Versace. L’innovazione per uscire dalla crisi

Donatella Versace

«La soluzione della crisi è anche dentro di noi»

Dalle sartorie e gli atelier si è passati alle collezioni a tempo di record.
La complessità del mondo moda è una sfida per l’IT.
«La moda è cambiamento e innovazione»

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Donatella Versace. L’innovazione per uscire dalla crisiSe l’intera industria della moda mondiale fosse uno Stato avrebbe un PIL da Paese emergente. Ma anche le economie emergenti cominciano a subire il passo della crisi.

Per gli operatori del settore, il 2012 è stato un anno da dimenticare, ma le previsioni per il 2013 sono ancora in forte chiaroscuro. L’intero Sistema moda italiano (tessile, vestiario, pelle, pelletteria, calzature) ha segnato un meno 5,4 per cento, passando da 63.809 milioni di euro a 60.364 (dati Camera Nazionale della Moda). Secondo le proiezioni, nel 2013 il fatturato scenderà ancora. In crescita, sia pure con percentuali risicate, l’export: +1,8 per cento (da 42.604 milioni di euro a 43.371). In calo, l’occupazione che nel 2011 si era fermata a 654mila addetti, contro i 685mila dell’anno precedente.

Nella classifica dei marchi che valgono di più – dopo quelli hi-tech e del food&drink – ci sono quelli della moda. Non stupisce che i brand storici del settore siano nelle mani di fondi di private equity. Dalle sartorie si è passati ai board di amministrazione e alle collezioni a tempo di record. Il fashion-system è soprattutto un sistema commerciale e finanziario.La complessità del sistema moda è un fatto. Con l’ampiamento del canale dei licenziatari, la pianificazione del mondo wholesale e lo sviluppo dell’e-commerce, molti marchi si misurano con report e modelli di forecasting per ottimizzare assortimento, distribuzione e time to market. In poco più di un secolo, si è passati da Coco Chanel alla moda in serie. La complessità del mondo moda è un fatto evidente: una domanda difficilmente prevedibile, la variabilità di taglie, colori e tessuti con collezioni che si succedono di continuo, lead-time stretti lungo supply chain sempre più globali. I marchi diventano globali e così anche le catene di produzione e l’assortimento diventa una questione di business intelligence. Oggi, vincono le filiere integrate, capaci di tenere sotto controllo tempi e costi di produzione. La moda è sempre più un fenomeno di mass-market anche in termini di comunicazione, mentre l’haute couture è diventata una sorta di carosello pubblicitario itinerante, tra Parigi, Milano e New York. Eppure, il fascino della passerella rimane immutato, come quello di Donatella Versace, vera icona di questo mondo. La storia della maison Versace ha inizio nel 1978, quando Gianni Versace creò sotto il simbolo della medusa, una delle principali case di moda del mondo. Donatella Versace è stata la sua prima collaboratrice. Oggi, è vice presidente dell’omonimo gruppo, capo progettista e azionista per il 20% dell’intero patrimonio Versace. Durante la settimana della moda a Milano, ha dichiarato che «qualunque governo alla guida del Paese deve essere più consapevole dell’importanza che questo settore riveste per l’economia nazionale». Donatella Versace ha un’anima rock come la sua ultima collezione. La domanda che tutti le fanno è: «Qual è il futuro della moda»? Donatella Versace risponde: «è quello di sempre. Stare al passo, capire il ritmo. La moda è cambiamento e innovazione».

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Data Manager: Fare l’imprenditrice nel mondo della moda che cosa significa?

Donatella Versace: Il mondo del business è complesso a ogni livello e in ogni settore. La moda è circondata da una specie di allure che la rende più affascinate, ma si tratta di un’industria in cui si lavora molto, con i piedi ben piantati per terra. Gli effetti speciali sono solo per le sfilate. Certamente l’esperienza che ho alle spalle mi ha consentito di percorrere la mia crescita professionale raggiungendo traguardi molto importanti. Il pubblico ha dimostrato di apprezzare il mio lavoro di creatrice e le mie scelte stilistiche e imprenditoriali. Accanto a me, c’è sempre tutto il mio staff con cui mi consulto per le decisioni più importanti, insieme siamo la forza dell’azienda.

Cosa chiede ai suoi collaboratori?

Innanzitutto, un atteggiamento positivo nei confronti del lavoro, ma anche una capacità di critica costruttiva, disponibilità e impegno. Mi ritengo comunque fortunata perché le persone che mi circondano amano il proprio lavoro e questo facilita notevolmente anche i rapporti.

Quali problemi ha dovuto affrontare alla guida della società?

Sono stati momenti molto difficili, soprattutto all’inizio, quando ho assunto con responsabilità la direzione artistica della maison.

Ho dovuto cambiare molte cose e compiere scelte impegnative, ma ho sempre scelto per l’innovazione. Nella vita come nel business bisogna sempre mettersi in gioco.

Qual è l’immagine della donna Versace?

Non esiste un’unica immagine cui fare riferimento. Versace rappresenta un’idea di donna in continua evoluzione, in sintonia con i tempi, capace di essere molte cose insieme come solo le donne sono capaci di fare.

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Il Made in Italy ha ancora significato?

Made in Italy in tutto il mondo è sinonimo di alta qualità, tradizione, genialità, ma anche capacità di rinnovamento continuo. Versace ha risolto coraggiosamente il diverbio tra “Italian concep” e “Made in Italy”. Su tutti i capi della maison è presente una etichetta con la dicitura inequivocabile: “Made in Italy, manufactured and certified by Versace”. Versace garantisce direttamente la realizzazione italiana e non solo il valore del marchio e dell’idea.

Come definirebbe Donatella Versace?

Una donna, una madre e una stilista.

Che cosa non sopporta?

L’ipocrisia di chi non ha il coraggio delle proprie idee.

Contano più i soldi o le idee?

Certamente le idee sono fondamentali. La capacità creativa è alla base di qualsiasi processo stilistico. Una buona strategia d’impresa è assolutamente necessaria. Marketing e comunicazione sono fondamentali. Ma per una completa riuscita all’interno del mercato il contributo dell’IT è indispensabile.

Da bambina chi sognava di diventare?

Sono cresciuta nell’ambiente della moda, prima con mia madre e poi accanto a mio fratello. Credo di aver sempre saputo che questo sarebbe stato il mio destino.

Come pensa all’Italia quando è all’estero?

A Milano non sento più lo stesso fermento di Parigi, Londra o New York. Ho dichiarato di essere disposta a sedermi intorno a un tavolo per discutere con tutte le realtà del settore le soluzioni da proporre alle istituzioni per supportare questo settore industriale fondamentale per la crescita del Paese e per l’immagine dell’Italia nel mondo. Bisogna dare più spazio alle nuove generazioni, dando loro più visibilità e occasioni.

Come si affronta la crisi?

Correndo. La crisi è parte integrante del processo creativo. Se la crisi è economica, bisogna correre più veloce degli altri. La soluzione della crisi è anche dentro di noi.

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Ce la faremo. Gli italiani hanno grandi risorse.