La corsa dell’e-commerce

Le aziende italiane sono pronte a vendere e promuovere i loro prodotti e servizi utilizzando la Rete? Il web è uno strumento quotidiano e come tale va integrato nelle strategie e nelle operazioni di mercato. Il potenziale dell’e-commerce è sotto gli occhi di tutti, tanto che anche il governo italiano ha sentito l’esigenza di regolamentarlo. Per vincere la sfida dell’e-commerce, le aziende italiane devono fare un salto culturale di innovazione e organizzazione

 

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La corsa dell’e-commerceL’e-commerce rappresenta ormai un comportamento consolidato: sono 3,7 milioni gli italiani che hanno effettuato almeno 10 acquisti online in un anno, secondo una ricerca condotta da Nielsen, Connexia e dalla School of Management del Politecnico di Milano. La grande spinta all’evoluzione del commercio elettronico, da pratica di nicchia a rituale abitudinario per il consumatore, è arrivata dall’ingresso nel panorama nazionale di player stranieri che hanno saputo sdoganare la pratica dell’acquisto online non solo come commodity, ma anche come possibilità di risparmio al dettaglio. Numerosi dati sull’acquisto online in Italia mettono in luce un paese, dove sia i piccoli commercianti sia quelli più strutturati hanno carpito la possibilità di espandere il proprio commercio sul digitale e oltre i confini nazionali, soprattutto in un momento di crisi economica in cui gli italiani hanno una capacità di spesa inferiore a quella degli anni precedenti.

In Europa, l’e-commerce è in crescita anche se con ritmi e caratteristiche differenti nei diversi paesi. Gran Bretagna, Germania e Francia sono i mercati che da soli rappresentano il 70-80% dell’e-commerce europeo. In coda, ci sono Italia e Spagna (fonte Retail Digital, 2014). Il valore del commercio elettronico B2C a livello mondiale ha raggiunto nel 2013 la cifra di 1.250 miliardi di dollari, con un incremento del 18,3% sul 2012 (fonte eMarketer, 2014). In Italia, il valore dell’e-commerce è stimato in 22,3 miliardi di euro nel 2013. Il fatturato delle vendite online è cresciuto del 6% rispetto all’anno precedente (fonte Audiweb, 2014).

Secondo il rapporto L’e-commerce in Italia di Casaleggio Associati, il marketing online è ancora un’attività critica per la maggioranza delle aziende italiane, che tuttavia dimostrano una crescente fiducia e volontà di investire sul canale mobile, anche se la misurazione del ROI sulle attività social media rimane difficoltosa.

È questo uno dei motivi per cui il mercato elettronico guarda molto all’estero. Non è un caso che il fatturato prodotto dagli operatori italiani, sui mercati internazionali, nel 2012 si attesti al 27%, con i settori più di successo capaci di veicolare quella domanda prima soddisfatta interamente dall’acquisto on-site: dal settore del tempo libero a quello del turismo, passando per le assicurazioni, l’elettronica di consumo e l’editoria, il 2013 è stato un anno molto importante per l’e-commerce, una metodo d’acquisto che, a differenza dei classici, è quasi passato indenne tra gli anni del difficile momento economico che ha coinvolto trasversalmente il Paese.

Evoluzione del mercato

I dati dall’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm ci indicano quali comparti economici hanno tratto maggior vantaggio dallo sviluppo del commercio elettronico in Italia. Al primo posto, c’è il settore dell’abbigliamento con un +30%, seguito dal mondo dell’informatica e dell’elettronica di consumo che fanno registrare un +20%. Al terzo posto, c’è il settore assicurativo con un +14%, seguito dal turismo, con un +13%. Editoria, musica e audiovisivi si attestano a quota +6%. Si tratta di un quadro nel complesso positivo, che lascia ben sperare per il futuro dell’e-commerce in Italia.

Ma gli operatori del settore come considerano gli acquisti online? Si può dire di essere arrivati in una fase di consolidamento della piattaforma o siamo ancora agli albori?

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Secondo Luca Collacciani, regional manager di Akamai Italia (www.akamai.co.it), il commercio elettronico non è ancora decollato. «L’Italia è uno dei paesi europei con il più basso grado di digitalizzazione informatica e con un’alta percentuale di persone anziane, poco propense alle nuove tecnologie, agli acquisti online e all’utilizzo di carte di credito. Tuttavia – spiega Collacciani – negli ultimi anni c’è stata una certa inversione di tendenza, anche grazie alle attività di promozione di alcuni big americani, come Amazon. Tra quelli attualmente presenti in Italia, il settore del fashion retail è sicuramente quello che porta più soddisfazioni, basti pensare a Yoox, l’unica azienda italiana inclusa nella prestigiosa lista IR 100 (Internet Retailer 100) che comprende i primi 100 servizi di e-commerce a livello mondiale». Sono ancora molti i segmenti di mercato che però non riescono a fare un salto di innovazione. «Il turismo, per esempio, dove ci si limita a semplici applicazioni comparative per hotel/ristoranti» – afferma Collacciani. «Spero che in futuro si riesca a monetizzare questo settore a vantaggio dell’economia locale, sviluppando anche nuove app che sfruttino meglio la realtà aumentata. Per questo, il mobile diventerà via via sempre più rilevante, soprattutto grazie ai social network che daranno vita al cosiddetto social commerce».

Il principale ostacolo da superare – però – è l’assenza di un’integrazione tra online e offline. «Il migliore esempio arriva dagli USA» – spiega Collacciani. «Durante una partita di baseball, a seconda della ubicazione, iBeacon offre un’esperienza diversa come il replay delle azioni o la possibilità di comprare gadget con consegna sul posto. A breve sentiremo parlare di un nuovo fenomeno legato allo shopping in-store, il “mobile clienteling”: attraverso un dispositivo mobile, verrà consigliato cosa comprare in base ad acquisti precedenti. Non a caso, Gartner stima che i pagamenti attraverso dispositivi mobili raggiungeranno i 720 miliardi di dollari entro il 2017, contro i 235 miliardi del 2013».

App mania

Partiamo da un dato: secondo l’Osservatorio Netcomm-Polimi, il segmento mobile, lo scorso anno, ha registrato un aumento del commercio elettronico del 255% rispetto al 2012, arrivando a conquistarsi il 12% del mercato e-commerce nazionale. Gli smartphone e i tablet rappresentano il mezzo migliore per veicolare il “nuovo” e-commerce, fatto non solo di offerte e prezzi vantaggiosi ma di una vera e propria esperienza di acquisto innovativa. Si allarga il concetto di “everywhere and everytime” al quale eravamo legati con gli store fisici. Se la prima ondata di Internet ha eliminato le restrizioni temporali, permettendo agli utenti di essere “clienti” disposti all’acquisto a qualsiasi ora del giorno e della notte, la comunicazione mobile ha permesso all’e-commerce di uscire dalle case e i luoghi di lavoro, per incontrare le esigenze delle persone ovunque si trovino.

Secondo Luca Rossetti, senior business technology architect di CA Technologies (www.ca.com/it), la novità nel mondo del cloud computing e mobility non sono più solo le app, i device, i pc, i tablet o gli smartphone. Oggi l’attenzione è sempre più puntata non solo sulla comunicazione tra persone e oggetti, ma anche sull’Internet delle cose. «Attualmente, abbiamo sette miliardi di connessioni, la maggior parte tra persone, in tre anni diventeranno 19 miliardi di cui l’80% tra oggetti» – afferma Luca Rossetti.

«In questo ecosistema, diventa critico saper sviluppare app in grado di comunicare e interagire in maniera dinamica, sicura e flessibile a seconda delle esigenze, e che possano essere disegnate e costruite rapidamente, magari per un singola necessità e poi eliminate senza che l’investimento ne comprometta il ritorno economico all’interno del ciclo di vita. In questo senso, si parla di “economia delle API” (Application Programming Interface), che permettono di costruire applicazioni a “building block” con pochissimo sforzo e utilizzando servizi e dati erogati da altri software e produttori nel cloud, gestendo in maniera nativa la sicurezza delle transazioni e delle comunicazioni».

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Pur essendo un paradigma conosciuto nel mondo dell’informatica, le evidenze della nascita di un vero e proprio mercato delle API sono cominciate a emergere negli Stati Uniti un paio di anni fa. «Mentre in Italia e in Europa rimaneva prioritario il ruolo degli App Store e dei servizi tradizionali di cloud computing – spiega Luca Rossetti – l’idea che si potesse impiegare questa modalità, per far interagire i software tra di loro e per condividere informazioni e raggiungere nuovi clienti, ha attirato l’attenzione di un numero crescente di investitori e di startup. Le API sono il motore dell’economia digitale nel prossimo futuro: se un’azienda non ha iniziato a capitalizzare subito questo fenomeno, verrà irreparabilmente lasciata indietro nella crescita e nella competizione. Da tempo, due big del settore e-commerce – Salesforce ed Expedia – utilizzano come leva la condivisione delle proprie API e di quelle degli sviluppatori. In questo modo, realizzano, rispettivamente, il 50% e il 90% del loro fatturato annuo». 

Un mercato da decifrare

Nonostante se ne parli da diversi anni, il commercio elettronico in Italia non sembra essere ancora entrato in una fase di maturazione vera e propria. Dal punto di vista di Ingenico (www.ingenico.it/it), il mercato in Italia vive una duplice realtà come spiega Marco Rizzoli, e/mCommerce & managed services sales director della società. «Da una parte il consolidamento, forte di una clientela ormai abituata all’uso di strumenti web, dall’altra una forte spinta alla crescita, favorita soprattutto dall’e-commerce di beni materiali, dal ticketing e dal turismo». Che ci siano aziende più attive di altre nella proposta di nuovi servizi di e-commerce è chiaro. «Ogni giorno, leggiamo di tante piattaforme che lanciano app per smartphone e tablet e sfruttano la diffusione dei dispositivi mobili per allargare il bacino di utenza commerciale» – spiega Rizzoli. «Questo, unito all’avvento di metodi di pagamento prima assenti, come l’utilizzo di schemi che esulano o superano le carte di credito standard (eWallet) e sfruttano le soluzioni prepagate o l’addebito diretto sul conto corrente, permette al settore di garantirsi un futuro roseo, con una fruibilità massima nelle modalità di acquisto (“one-click”)». La vendita di beni comporta un’evoluzione anche dei siti e dei flussi di commercio elettronico. «Per esempio – fa notare Rizzoli – si rendono necessarie soluzioni (come quella di Ogone, società acquisita proprio da Ingenico nel 2013) che abbiano respiro internazionale (multilingua, multivaluta, compatibilità con schemi di pagamento locali per soddisfare le richieste di eventuali visitatori/clienti stranieri), oppure la possibilità di introdurre sistemi di controllo antifrode più stringenti per tutelare il merchant oltre che consentire una migliore gestione di resi, rimborsi, cambi e altre problematiche tipicamente legate alla vendita di beni materiali. La disponibilità di soluzioni più evolute è una garanzia per una crescita ulteriore del settore e per smentire il falso mito dell’e-commerce come canale non sicuro o non affidabile per effettuare acquisti».

La logistica è uno degli aspetti più critici nella gestione della vendita online, soprattutto quando il business raggiunge lo spessore di migliaia di ordini al giorno. Le consegne colpite da problematiche di spedizione che danno luogo a resi, mancate consegne o a reclami, sfiorano il 7% del totale, come spiega Matteo Adami, CEO di Geolab (www.geolab-solutions.com). «Quando gli ordini sono al di sotto di un certo numero, queste problematiche possono essere gestiste manualmente, contattando l’utente o controllando gli indirizzi. Al di sopra, diventano un problema strategico. Con milioni di ordini effettuati online, anche attraverso smartphone, la quantità di tempo e di risorse economiche spese dalle aziende nella gestione degli ordini “problematici” rappresenta una cifra significativa. Il tema della logistica è quindi al top fra i fattori di produttività per le stesse aziende». E per questo motivo, gli operatori del settore stanno pensando a soluzioni specifiche in grado di risolvere i problemi logistici prima che questi accadano. «La nostra soluzione Web Service, per il controllo e validazione degli indirizzi, offre ai gestori di portali di e-commerce, uno strumento che consente di diminuire in modo sensibile il numero di ordini con problematiche di recapito. Intercettando gli errori e bloccando la consegna prima del verificarsi dei problemi» – conclude Adami.

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Sicurezza nei pagamenti

Il potenziale dell’e-commerce è sotto gli occhi di tutti, tanto che anche il governo italiano ha sentito l’esigenza di regolamentarlo. Poco più di un anno fa, il Senato americano varava il Marketplace Fairness Act che obbliga tutte le piattaforme, con un giro d’affari superiore al milione di dollari, a pagare le tasse sulle singole transazioni online. In Italia, non si raffredda il dibattito sulla famigerata web tax, che avrebbe portato nelle casse del governo ben 137,9 milioni di euro, tassando le aziende straniere che vendono pubblicità online in Italia, ma salvando – almeno per il momento – quelle che si occupano di e-commerce vero e proprio e che non pagano dazio, pur rivolgendosi agli utenti italiani.

Si tratta di un giro d’affari in continua crescita, che pone in primo piano la questione della sicurezza nei pagamenti, soprattutto di quelli che avvengono in mobilità. Per Attilio Salvaro, sales director di Sanmarco Informatica (www.sanmarcoinformatica.it), la questione è spinosa, ma esistono già diverse soluzioni che permettono di essere più tranquilli quando si acquista sul web, anche fuori casa. «Oggi, i web shopper italiani sono 14 milioni e di questi oltre il 90% acquista online mediante l’uso di carta di credito o Paypal. Di fatto, non esiste più la storica barriera del “non acquisto online perché non mi fido”. Maggiori garanzie di sicurezza favoriranno ulteriormente l’incremento dell’e-commerce. Le previsioni per il futuro sono positive».

Evoluto o meno, ciò che è chiaro è che le aziende italiane non possono più rimanere fuori dal contesto dell’e-commerce. Permangono delle difficoltà di natura organizzativa e di modelli di business non ancora pronti ad affrontare il necessario cambiamento, ma la via imboccata sembra essere quella giusta. È il momento per osare e avviare il processo di “multichannel transformation”, fondamentale per raggiungere un pubblico di consumatori più ampio. Il segreto del successo sarà coinvolgere il cliente come “persona” e non solo come “target”. Una grande spinta viene già dall’uso dei social network come punto di condivisione e discussione sulle esperienze di acquisto e sulle modalità seguite. Il tanto atteso “social commerce” esiste già e sta attraversando una prima fase di “validazione” come luogo preferito da cui partire, prima di comprare un oggetto o un servizio online. Sarà necessario segmentare, con processi dinamici, gli utenti, utilizzando nuove chiavi di lettura e cercando il più possibile di immedesimarsi in ciascuno di loro per dar seguito alle esigenze particolari e studiare criticità e opportunità. La sfida è ardua ma non impossibile e consentirà a tutti gli attori in gioco di rilanciarsi sul mercato, sfruttando la passione e la creatività che da sempre contraddistingue la storia imprenditoriale italiana.