Open source, il cloud ibrido di Red Hat

Efficacia, risparmi economici, faciltà d’uso e interoperabilità. Il colosso Linux punta sul cloud, con particolare attenzione alle soluzioni ibride

Radhesh Balakrishnan general manager Virtualization and OpenStack di Red HatIl 22 gennaio alle 17 ora italiana si è tenuto un evento virtuale, dal titolo “Build an Integrated Cloud Infrastructure” apertosi con un intervento di Radhesh Balakrishnan, general manager Virtualization and OpenStack di Red Hat (www.redhat.com), azienda che ha promosso e ospitato l’evento. Numerose connessioni e una robusta sessione di domande e risposte tramite web cast hanno sancito il successo dell’evento, che ha registrato anche un forte interesse a livello internazionale.

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Nel suo intervento, Radhesh Balakrishnan ha annunciato la disponibilità di Red Hat Enterprise Virtualization 3.3 che offre avanzate funzionalità di gestione e virtualizzazione del data center, oltre che integrazione e scalabilità dei workload, e gli aggiornamenti per Red Hat Cloud Infrastructure, l’offerta cloud OpenStack. Red Hat Cloud Infrastructure 4.0 offre alle imprese un percorso verso un’infrastruttura pubblica cloud-like altamente scalabile basata su OpenStack. Rispetto a questa strategia, gli annunci dello scorso mercoledì segnano un deciso passo in avanti e per questa ragione abbiamo raggiunto il venerdì successivo il relatore per porgergli alcune domande, per capire il contesto competitivo e lo scenario nel breve periodo.

A livello worldwide, l’adozione di una soluzione cloud ibrido open è molto disomogenea. Secondo Radhesh Balakrishnan, esiste un diverso livello della domanda sia tra i potenziali clienti sia all’interno della stessa azienda. «Se consideriamo i tre step fondamentali è più facile dare una risposta. Riguardo la virtualizzazione tradizionale – che è inevitabilmente il primo passo – praticamente tutti sono pronti e ne possono trarre beneficio. Spostandoci al secondo, dove si vanno a sfruttare le caratteristiche avanzate di gestione, parlerei di una percentuale che varia dal 20 al 30%. Per quanto riguarda l’ultimo step, quello di un cloud elastico (Open Stack), contiamo oltre un centinaio di clienti – i cosidetti early adopter – per la maggior parte attivi nei settori finance, government e telco. Si tratta di un processo nuovo e questa è la fase iniziale: circa il 90% dei nostri clienti di grandi dimensioni si dice interessato a OpenStack e di averlo nei propri piani di sviluppo». Virtualizzazione e cloud sono due cose diverse, ma hanno molto da condividere. I prossimi passi in questa direzione non possono prescindere dalle persone, i processi e la tecnologia. «La tecnologia – spiega Balakrishnan – è sostanzialmente pronta, a parte forse ancora qualcosa in tema di sicurezza. Per quanto riguarda le persone e i processi, le aziende devono in molti casi rivedere le infrastrutture e apportare cambiamenti sia a livello IT sia nella relazione tra IT e altri dipartimenti. Ma quali le ragioni per scegliere Red Hat? «Sono sostanzialmente tre» – risponde Balakrishnan. «La flessibilità e il fatto di essere una piattaforma open source. L’innovazione, che è una caratteristica tipica delle comunità OS. L’ecosistema dei partner. Le nostre soluzioni sono certificate da un crescente numero di vendor, a qualsiasi livello. Abbiamo lanciato Openstack da solo sette mesi e già possiamo vantare partner del calibro di Cisco, Dell e Intel. Il prossimo passo sarà quello di cercare nuovi partner per offrire soluzioni che i clienti potranno adottare per rendere il business più agile».