Daniel Goleman Verso un’economia dell’onestà


Leadership e potere. La trasparenza è l’unica virtù che può ridare stabilità al mondo in crisi?

Nel film “Deadline” (in italiano, “L’ultima minaccia”) Humphrey Bogart adempie il suo dovere di cronista e dà alla stampa le prove che incastrano il boss della malavita, pronunciando una delle battute più memorabili della storia del cinema: «È la stampa, bellezza. E non puoi farci niente». Il film esce nelle sale nel 1952, il sogno americano è in pieno maccartismo. Nel 1975, in un periodo di grande disillusione degli americani, uscì nelle sale il film “I tre giorni del Condor”. Nella pellicola di Sydney Pollack, il protagonista, interpretato da Robert Redford, minaccia di rivolgersi al New York Times per pubblicare la notizia che una sezione deviata della Cia ha trucidato mezza dozzina di americani innocenti. Il funzionario corrotto chiede: «Cosa le fa pensare che la pubblicherebbero»?

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Oggi, potremmo rispondere che se il New York Times non pubblicasse quella notizia, qualsiasi Joseph Turner, potrebbe rivolgersi a un esercito di blogger, pronti a lanciare le rivelazioni nella blogosfera. Anzi, lo stesso “Condor” le posterebbe su Twitter.

Il rapporto tra media e opinione pubblica è cambiato e con questo il rapporto tra democrazia e informazione, tra conoscenza e potere.

Lo sforzo di celare la verità all’opinione pubblica è diventato una missione quasi impossibile. Nel 2002, i blog erano 15mila, settanta milioni nel 2007, al 16 febbraio 2011, sono più di 156 milioni (dati Nielsen). I blog esistono in un mondo virtuale con più di un miliardo di utenti. I Governi si interrogano sugli effetti e sulle possibili modalità di controllo. Le due proposte di legge nate con l’obiettivo di combattere la pirateria (Stop Online Piracy Act e il Protect IP Act), se approvate dal Congresso degli Stati Uniti, cambieranno, di fatto, il Web per come lo abbiamo conosciuto fino adesso. Forse, la moltiplicazione esponenziale delle informazioni sarà l’unico “rimedio omeopatico”, per chi considera la libera circolazione delle informazioni, una minaccia. Nei prossimi decenni, il Web resterà libero, ma sarà come navigare in acque profonde: avremo bisogno di tutor e di chiedere autorizzazioni per accedere a informazioni certificate con il bollino di qualità.

Leggi anche:  Nutanix nomina Paulo Pereira Vice President of EMEA Presales

«In ogni organizzazione il flusso di informazione è paragonabile al sistema nervoso centrale. L’intelligenza è proporzionata al flusso delle informazioni. In un sistema al collasso, che non ha ancora trovato un nuovo equilibrio tra le forze in gioco, la trasparenza è l’unica salvezza. Il governo delle informazioni e la cultura della trasparenza è imposta dalle circostanze». A sostenerlo non è un analista dei dati e neppure un filosofo della morale. Si tratta, invece, dello psicologo americano, Daniel Goleman, penna di punta del New York Times (per i suoi articoli ha ricevuto due nomination per il Premio Pulitzer) e autore del best-seller “Intelligenza emotiva” (1996), il libro che sta alle neuroscienze, come la teoria della relatività di Einstein alla fisica. Lo abbiamo incontrato a Milano in occasione del World Business Forum 2011, invitato a fare il suo keynote da Marco Icardi, country manager di SAS Italia.

Forse, nel futuro sarà possibile sviluppare una Business Intelligence emotiva, per il momento nelle organizzazioni complesse contano sempre di più l’empatia, la motivazione delle persone, la capacità di creare relazioni di senso tra fatti e persone. L’intelligenza emotiva parte dalle reazioni che avvengono nel nostro cervello, ma rappresenta un nuovo modello di approccio alla realtà.

Mentre l’emotività dei mercati minaccia l’Europa come progetto politico e culturale, non solo economico, «l’intelligenza emotiva è la chiave dell’esecuzione e fa la differenza tra un leader infernale e un leader ideale». Quale ruolo giocheranno l’amigdala e i neuroni specchio negli incontri trilaterali tra Monti, Merkel e Sarkozy non è dato sapere. Secondo Goleman, c’è il leader visionario, quello “coach”, che allena il team come una squadra, quello “affiliativo”, che culla i collaboratori come un padre, una madre o una “tata tedesca” e quello “democratico”, capace di creare commitment, attraverso la delega e la collaborazione. Poi ci sono i leader infernali: quelli – cosiddetti – “pacesetting”, per i quali i collaboratori per quanto bravi non saranno mai all’altezza, e – infine – quelli direttivi, per la serie “qui comando io”.

Leggi anche:  Pure Storage nomina un nuovo responsabile EMEA

Per Goleman «la leadership è la capacità di influenzare il pensiero che si trasforma in azione».

 

Data Manager: Nel libro “Trasparency”, in Italia pubblicato da Rizzoli nel 2009, Lei afferma il valore della trasparenza e della fiducia. Perché?

Daniel Goleman: Perché in un sistema al collasso, la trasparenza e la fiducia rappresentano l’unica salvezza. Quando non è più possibile affidarsi ai numeri, ai rating o alle istituzioni di garanzia, la reputazione è tutto. In un universo relazionale basta un click per distruggere una reputazione. La trasparenza nelle organizzazioni complesse è una questione di sopravvivenza. Fiducia e trasparenza sono inseparabili, le tecnologie digitali la rendono inevitabile. La tecnologia cambia, la natura umana no. Il coraggio, l’integrità, la responsabilità sono questioni sempre all’ordine del giorno.

La trasparenza è una scelta sempre facile o conveniente?

Una completa trasparenza è impossibile, in alcuni casi, come la sicurezza nazionale, addirittura controproducente, ma rappresenta, nel lungo periodo, l’unica soluzione attraverso cui il Ceo di una compagnia, il mercato e la società possono recuperare la fiducia di azionisti, consumatori ed elettori.

La trasparenza è l’unica virtù che può ridare stabilità al mondo in crisi.

Il libero scorrere delle informazioni è essenziale per la salute dell’impresa?

Il flusso delle informazioni modella le organizzazioni. L’informazione rilevante è quella giusta al momento giusto. Per esempio, qualche anno fa, General Electric fu messa in allarme da un improvviso calo delle vendite di elettrodomestici. All’inizio si pensò di ricorrere a una nuova campagna pubblicitaria, quando un manager dell’area finanziaria mostrò che il tasso di indebitamento dei consumatori aveva raggiunto la saturazione. Agevolare i clienti nei pagamenti era la decisione giusta da prendere. Quell’informazione permise di trovare la soluzione, senza buttare soldi in una campagna, che non avrebbe dato risultati.

La diffusione dei blog ha cambiato l’idea stessa di trasparenza?

La tecnologia ha cambiato l’universo delle nostre relazioni e i nostri punti di riferimento.

Ha determinato un nuovo modo di avere accesso alle informazioni. YouTube ha costretto il discorso politico americano a nuove forme. Google ha reso impossibile nascondere o negare informazioni del proprio passato. Ma si tratta di un’opportunità non di una minaccia.

Leggi anche:  Microsoft assume il co-fondatore di Google DeepMind

I leader commettono errori. Perché è così difficile ammetterlo?

Il potere non dà l’infallibilità, ma molto spesso si dimentica di dare il buon esempio.

Molto spesso si preferisce minimizzare gli errori, invece, di farne un’occasione di apprendimento e di crescita aperta a tutti. Ammettere i propri errori è il primo passo per riacquistare la credibilità perduta.

Quanto conta l’ICT nella vita delle imprese e dei manager?

L’ICT è fondamentale, oggi, più che mai. Nell’ICT esiste una serie di competenze tecniche, però la capacità di esprimere quelle competenze dipende sempre dallo stato emotivo del manager.

Il desiderio di migliorare, la fiducia in se stessi, la capacità di gestire le relazioni, essere lungimiranti, ascoltare, comunicare, essere convincenti, motivare e ispirare tutto questo ha a che fare con l’intelligenza emotiva. Emotional intelligence is critical for ICT excellence.

Nella sua vita privata, quanto conta la tecnologia?

Non è così rilevante. È più importante l’interazione personale. Mia moglie – però – è una patita di Facebook.

Cosa pensa dei manager italiani?

Gli italiani sono smart. Il loro stile è basato sulla creazione di relazioni personali. Molti dovrebbero imparare dagli italiani.

E dei politici italiani?

Potrei dire la stessa cosa a un politico di qualsiasi Paese: «Smettete di pensare alla propria carriera». I politici dovrebbero preoccuparsi dei bisogni effettivi della società.

La crisi continua. Abbiamo imparato la lezione?

Purtroppo no. Ed è terribile. Abbiamo bisogno di trasparenza su come funziona il mondo, su come funzionano le transazioni finanziarie, su eventuali collusioni tra politici e banche. Senza trasparenza continueremo a commettere gli stessi errori. Negli ultimi vent’anni, ci sono state due o tre bolle finanziarie, che sono tutte regolarmente scoppiate, e poi tutto è ricominciato come prima. Se non cambiamo il modo di fare business, continueremo a ripetere sempre gli stessi errori. Che si tratti di economia globale, di imprese o del modo in cui i mass media lanciano le informazioni, la questione della trasparenza è centrale.