Giovani materiali crescono

Su “Science” i nanodispositivi al germanio silicio firmati L-Ness. A Como, in un ambiente di ricerca internazionale e multidisciplinare, nascono materiali dalle caratteristiche sorprendenti. Capaci di guadagnare non solo le copertine dei periodici scientifici più prestigiosi, ma anche il consenso e l’interesse del mercato

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Non capita proprio tutti i giorni, per uno scienziato, di “fare” la copertina di “Science”. Sul piano del riconoscimento del valore di una ricerca, la rivista americana è praticamente ai livelli di impact factor di “Nature”. In qualunque altro settore, se il tuo lavoro meritasse una vetrina altrettanto prestigiosa saresti un “arrivato”, ma per l’umile lavoro della scienza applicata, premi di questo tipo sono solo tappe intermedie, la certificazione di essere sulla strada giusta per raggiungere obiettivi ancora più avanzati.

L’ambito traguardo è stato raggiunto da un team che studia la crescita epitassiale dei materiali semiconduttori – una specie di gioco di costruzione del lego, che si svolge alle micro e nano scale, dove i mattoncini sono le singole molecole – presso il laboratorio L-Ness di Como (http://lness.como.polimi.it/). Un laboratorio che da solo meriterebbe un’altra storia di copertina. Nata dieci anni fa da un’idea condivisa tra docenti di ingegneria e fisica del Politecnico e dell’Università Bicocca di Milano, l’esperienza di L-Ness è immediatamente classificabile tra le attività più “visionarie”. Basta risolvere l’acronimo per approdare a un nome che sfida la comprensibilità da parte di chiunque non sia un addetto ai lavori: Laboratorio di Nanostrutture Epitassiali su Silicio e per Spintronica. Il lavoro che ha ottenuto l’immagine di copertina del numero del 16 marzo 2012 del settimanale scientifico americano, ha un titolo altrettanto criptico: “Scaling hetero-epitaxy from layers to three-dimensional crystals”.

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IL LABORATORIO L-NESS – Il cronista di Data Manager cerca di districarsi dalle difficoltà della terminologia con l’aiuto dei leader del progetto: Leo Miglio, il fisico che è stato uno degli iniziatori dell’avventura dell’L-Ness e che ha lavorato con Piero Caldirola, pioniere italiano della fisica dello stato solido, Giovanni Isella e Hans Von Känel, altro personaggio di spicco della struttura di ricerca comasca. Von Känel arriva dal mitico politecnico zurighese Eth ed è proprio lui a decidere di trasferire a Como, in occasione dell’apertura di L-Ness, le strutture del proprio laboratorio di crescita epitassiale. Alla diversa origine scientifica e geografica dei suoi componenti, il centro di ricerche di Como deve la sua forza, al tempo stesso interdisciplinare e internazionale. I vari gruppi di ricerca si concentrano sulle diverse proprietà dei materiali semiconduttori compositi, cercando di realizzare dispositivi del tutto nuovi o dalle proprietà potenziate, sul piano dell’elettronica, ma anche del magnetismo (la “spintronica” del nome del laboratorio si riferisce appunto al fertile miscuglio delle caratteristiche magnetiche dell’elettrone, il portatore di carica elettrica, una scienza nuova che porterà a incredibili cambiamenti in settori come la diagnostica medica o le memorie dei computer). Il clima è quello che potremmo respirare in un analogo ambiente in California, a Berlino, o in Asia: la lingua ufficiale è l’inglese, i giovani ricercatori vengono da mezza Europa, ogni singolo lavoro è il frutto di un incrocio di competenze e culture che la dicono lunga sullo stato di obsolescenza di concetti come “confine geografico”, o “nazione”. «Tantissimi progetti con una unica chiave in comune: la collaborazione», dice Leo Miglio. Una collaborazione mirata alla concretezza e costruita all’insegna della costante accumulazione di know-how. La scienza praticata a L-Ness cresce come i materiali del gruppo di ricerca epitassiale, un atomo di conoscenza alla volta, provando, riprovando, correggendo e cercando di capire il perché qualcosa non funziona. O perché funziona.

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«Attività del genere – conclude nel suo italiano esitante, ma molto corretto, Hans Von Känel – richiedono molto tempo».

dove sono arrivati – Cerchiamo quindi di capire il valore del breakthrough raggiunto dagli scienziati dei materiali che lavorano con gli elementi chimici classificati nella tavola periodica in quelli che, nelle nomenclature precedenti, erano noti come gruppi III, IV e V. Con i nomi attuali questi gruppi di elementi – raggruppati perché condividono caratteristiche come la valenza chimica – sono diventati rispettivamente 13, 14 e 15, ma per chi studia i materiali semiconduttori valgono ancora i vecchi nomi. E come spiega Giovanni Isella, proprio in base ai tratti comuni, i comportamenti più interessanti «si osservano quando combiniamo tra loro elementi del IV gruppo, o se mettiamo insieme sostanze prese dai gruppi simmetrici al IV, per esempio il III con il V, il II con il VI». Un po’ come accade nella fisica delle particelle, dove le varie famiglie danno luogo a un insieme che i fisici teorici chiamano letteralmente “zoo”, anche i semiconduttori danno luogo a una specie di fattoria in cui si distinguono materiali di tipo III-V e così via. L’articolo pubblicato su “Science” riguarda un nuovo metodo per la crescita di dispositivi che combinano il Germanio e il Silicio, i due semiconduttori per eccellenza.

Insieme, i due materiali, che un chimico chiamerebbe “metalloidi”, danno luogo a combinazioni preziose. Il Germanio per esempio sarebbe molto più efficace come sensore di determinate radiazioni, come i raggi X, e infatti una delle prime applicazioni commerciali del metodo escogitato da Von Känel e colleghi, potrebbe essere quella degli apparati chirurgici per la laparatopia a raggi X. Il vantaggio del Germanio combinato con il Silicio si riferisce alla possibilità di realizzare sensori che, grazie al Silicio, integrano direttamente l’elettronica di controllo. Altri campi promettenti sono i pannelli solari o l’elettronica di potenza per industrie come l’automotive. Secondo gli autori dell’articolo su “Science”, l’interesse già manifestato dai potenziali acquirenti dei futuri dispositivi è una motivazione più che sufficiente per la startup che L-Ness intende lanciare come diretta conseguenza del nuovo metodo di nanofabbricazione messo a punto. Come funziona? «La difficoltà nel mettere insieme Germanio e Silicio a livello così microscopico – spiega Van Känel – è dovuta alla loro diversa natura di metalli. Dopo che sono stati uniti si raffreddano a velocità diversa. Si creano delle crepe e si rovina tutto». «Noi – aggiunge Miglio – abbiamo scoperto che se si modella il substrato di silicio creando una griglia di tanti piccoli pilastri, il Germanio si deposita formando una piastrellatura regolare». Le sottilissime vie di fuga tra una “piastrella” di Germanio e l’altra fa in modo che la struttura combinata non vada in pezzi, come i binari della ferrovia che hanno tra loro un piccolo gap.

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Ora la nuova sfida per gli scienziati comaschi consiste nel trasformarsi in imprenditori high-tech. Ma anche in questo i nostri costruttori epitassiali sembrano avere le idee chiare e i giusti contatti con gli investitori. Il successo della loro avventura dimostra che quando i cervelli trovano le condizioni giuste per unire le loro diverse preparazioni e lavorare insieme con un minimo di sostegno economico e materiale, questa collaborazione ripaga. Anche materialmente.