Le previsioni sull’evoluzione ICT dei prossimi anni riportano dati sempre più impressionanti: si parla di 10 miliardi di device connessi alla rete mobile entro il 2016, di 50 miliardi di “cose” (auto, oggetti, strumenti per comunicare, persone) interconnesse a formare l’Internet of Things. Emergono fenomeni quali “Big Data”, con l’ampliarsi a dismisura delle informazioni critiche da immagazzinare, gestire, usare nei diversi segmenti di mercato; ogni giorno nascono nuove applicazioni e soluzioni.
Questo scenario richiede che aziende e istituzioni – oltre a prender nota dei numeri – si preparino al futuro delineando una visione strategica sull’utilizzo delle tecnologie che avranno a disposizione in modo così pervasivo; si tratta di scegliere non solo come servirsi del loro indiscusso potenziale e non solo dal punto di vista operativo, ma anche da quello dei valori, stabilendo quale sia il cuore del proprio agire quotidiano e perseguendolo con costanza.
Guidando un’azienda che ha nel suo core business l’evoluzione delle reti, al centro di tutti i percorsi di trasformazione dell’ICT, godo di un punto di vista privilegiato e vedo nelle nuove opportunità tecnologiche un elemento comune: la possibilità di riportare gli individui al centro di tutti i processi produttivi, decisionali e di sviluppo, a breve e lungo raggio.
Le persone utilizzano i device inventando nuovi modi di comunicare; trasformano con la loro creatività una massa indistinta di dati in fonte di innovazione e sviluppo – e qui penso all’open data; decidono di usare la tecnologia come via privilegiata per affrontare le sfide del loro presente.
Se non comprendiamo bene il valore e la portata di questo fatto, rischiamo di perdere l’opportunità di guardare alla tecnologia come elemento abilitante per ridefinire il modo in cui viviamo, ci curiamo, impariamo, progettiamo una città.
La tecnologia non deve prendere possesso delle nostre vite, ma contribuire a restituirci tempo, aiutandoci a ritrovare il giusto equilibrio tra vita privata e professionale; pertanto, la sua evoluzione non va valutata in base a quanti oggetti o applicazioni innovative abbiamo a disposizione, bensì in base a come utilizziamo i mezzi a disposizione per ottenere, tramite e accanto alla tecnologia, una sostenibilità globale dell’agire umano. Sarà una sostenibilità ambientale – per esempio legata al controllo dei consumi e dell’efficienza energetica in case, prodotti, processi; una sostenibilità economica, che faccia leva sull’impatto positivo del digitale come fonte di occupazione e sviluppo; e anche una sostenibilità sociale, ottenuta promuovendo l’accesso universale alla società digitale e ai nuovi servizi e reti che essa può offrire.
Adottando questo punto di vista, inoltre, i vantaggi per il business, la collettività, i singoli individui si rafforzano fra di loro. Se, per esempio, adottare le tecnologie di collaborazione porta risparmi operativi, riduce le emissioni di gas serra legate ai trasporti e libera tempi e modi del lavoro, per un migliore equilibrio personale e professionale, ci troviamo di fronte a opportunità che in un certo senso triplicano il proprio valore a fronte degli investimenti necessari: e non è poco.
Certo, tutto questo richiede un cambio di mentalità – da parte delle persone, di chi fa impresa, di chi amministra le comunità – nel modo di pensare alle tecnologie e nel loro interconnettersi con la vita individuale, aziendale e collettiva, e richiede il coraggio di avere nelle organizzazioni fiducia reciproca, apertura, libero accesso alle informazioni e dialogo bidirezionale: è uno sforzo importante, ma è il presupposto per creare le condizioni migliori per la crescita.
David Bevilacqua, amministratore delegato di Cisco Italia, vice president Cisco Corporate