Meno freddo, più risparmio


Nel 2007 quando, malgrado le ridondanze, un problema elettrico mise in crisi l’intero sistema informativo di Eni, fu avviato un significativo ripensamento dell’intero data center, con l’obiettivo di garantire l’assoluta affidabilità. Nel corso dello studio ci rendemmo conto che il costo per un simile intervento avrebbe avuto un ordine di grandezza paragonabile a quello richiesto da un data center completamente nuovo. Questo perché, nel tempo, si erano stratificate soluzioni sempre diverse, che comportavano anche significativi costi di manutenzione.

Iniziò così la realizzazione di un’infrastruttura che, nel rispetto della filosofia di Eni, doveva essere in grado di sfruttare le tecnologie più innovative e, contemporaneamente, garantire il massimo rispetto dell’ambiente, anche perché l’ICT è oggi il secondo consumatore mondiale di energia elettrica.

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Il progetto di IT Transformation, varato nel 2008, valutò che sarebbe stato necessario alimentare oltre 30mila Cpu. Componenti che, in prospettiva, sono sempre più efficienti, ma il cui consumo aumenta in considerazione del fatto che offrono maggiori prestazioni. Si calcolò quindi che, a regime, sarebbe stato necessario fornire 30 MW elettrici di potenza utile ai calcolatori. Un quantitativo impressionante, anche per quanto riguarda la necessità di smaltire il calore generato. Da qui la decisione di realizzare un sistema di raffreddamento basato sull’utilizzo di aria a temperatura ambiente. Una scelta poco abituale per una struttura realizzata nella pianura padana e basata su un sistema di movimentazione che sfrutta “l’effetto camino” invece delle ventole di circolazione forzata. Una simile decisione deriva dal fatto che la componentistica dei server si basa, oggi, sulla tecnologia utilizzata per le apparecchiature consumer che, quindi, funzionano tipicamente ben oltre i canonici 18 – 20°C dei data center. Test condotti in un gran numero di casi, infatti, dimostrano che i nuovi apparecchi sono in grado di operare, senza particolari problemi, sino a 24°C. Così, grazie a un’accurata ridondanza, possiamo tollerare anche un’eventuale maggior percentuale di mortalità, ampiamente ripagata dai risparmi energetici. Simili accorgimenti ci hanno permesso di raggiungere un’efficienza energetica pari a 1,2. Facendo ancora meglio del valore di 1,28, dichiarato da Google e considerato un punto di riferimento a livello mondiale.

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In un’infrastruttura così innovativa sarebbe stato poco oculato trasferire tecnologie ormai superate, anche in considerazione del fatto che erano state censite 545 applicazioni e 25 versioni di sistemi operativi. Così, dopo un’attenta analisi, stiamo riducendo a quattrocento le applicazioni effettivamente necessarie e utilizziamo solo quattro versioni di sistemi operativi. Una scelta che porterà un risparmio di oltre 10 milioni di euro nella sola manutenzione.

Il tutto sfruttando anche un’architettura completamente nuova e basata su un Cloud privato che ci permette di utilizzare, a regime, il 60% della nostra capacità elaborativa. Al contrario, con i sistemi dedicati si supera raramente il 20%. Il tutto garantendo anche una maggiore affidabilità e la capacità di far fronte a qualsiasi picco. Una modalità operativa che, abbinata a risparmi sul sistema di climatizzazione, ci consente di ridurre di 12 milioni di euro i costi energetici. In tal modo, sfruttando anche l’energia prodotta da una nostra centrale a gas, abbiamo ridotto le emissioni di C02 in atmosfera di 335mila tonnellate, cui si aggiunge un abbattimento di 3 tonnellate di polveri sottili.

 

Gianluigi Castelli, executive vice president Information & Communication Technology di Eni e presidente di Cio Aica Forum