AUTOMOTIVE INNOVATION SUPPLY CHAIN CON UNA MARCIA IN PIÙ


Le sfide del mercato dell’auto tra Cost saving e competitività. Pininfarina: la fabbrica dell’eco-mobilità. Eccellenza e Tecnologia per la valorizzazione del brand

Se il mercato dell’auto fosse uno Stato, sarebbe la sesta economia del mondo. L’industria dell’auto per decenni ha distribuito notevoli profitti e dividendi a imprenditori e azionisti e ha avuto un ruolo chiave nel processo di innovazione tecnologica. Ma qual è il futuro dell’auto e come cambia il concetto di fabbrica di automobili? Con un calo delle immatricolazioni, tra trimestrali in chiaro scuro, bilanci in rosso, i costruttori di automobili devono affrontare non solo la sfida del mercato in continua evoluzione, ma anche quella del cambiamento del sistema dei trasporti. La Commissione Europea ha dichiarato che uno dei prossimi obiettivi sarà quello di far circolare solo mezzi ecologici a partire dal 2050. L’industria automobilistica nasce a fine Ottocento come settore di nicchia. Le auto sono un bene di lusso. Il prezzo medio, come riporta una pubblicità del New York Times datata 1909, si aggirava intorno ai 1.500 dollari, in pratica il doppio del reddito annuo di una famiglia media. Con Henry Ford, l’industria dell’auto imbocca la strada della motorizzazione di massa per arrivare, di “nicchia” in “nicchia”, fino ai nostri giorni. In una cronaca del Literaly Digest del 1899, si legge: “La carrozza senza cavalli è un lusso riservato ai ricchi, benché il suo prezzo è destinato a scendere non diventerà mai di uso comune come la bicicletta”. Solo fino a dieci anni fa, molti costruttori di automobili devono aver pensato la stessa cosa a proposito dell’auto elettrica. Oggi, l’unica certezza del settore è che l’ecomobilità detterà le nuove regole del mercato. La storia si ripete.

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IL PRIMATO DELLA SOSTANZA

L’industria automotive, sia a livello locale, sia globale, soffre per la difficile congiuntura economica degli ultimi anni. Le tendenze mutevoli della domanda rendono difficili le previsioni con inevitabili ripercussioni sull’efficacia della supply chain. Per fare un esempio concreto, basta pensare alla resa dei conti vissuta dal settore automobilistico made in Usa, durante l’autunno del 2008. In quel frangente, i consumatori non avevano solo spostato la loro domanda dai fuoristrada che avevano larghi margini di ricavo ai veicoli a basso consumo, ma erano anche caduti vittima dello sgretolamento del credito sull’onda della crisi subprime. Il risultato? Le vendite di auto e autocarri sono crollate in modo verticale, anche se le case produttrici stavano lavorando per sviluppare nuovi modelli in grado di intercettare le richieste dei consumatori. L’inversione di tendenza è stata così veloce che General Motors, qualche mese dopo, annunciava l’operazione di soccorso da parte del governo americano.

La mancanza di margini agevoli di liquidità può mettere in ginocchio qualsiasi realtà industriale. Non solo. La cattiva gestione del ciclo produttivo e della qualità e la liquidità bloccata nei magazzini può avere conseguenze disastrose.

Per parlare in modo adeguato di supply chain occorre tenere insieme tutti i pezzi del processo. Gli strumenti di analisi nel supportare le decisioni aziendali rivestono un ruolo significativo per abilitare risposte rapide rispetto alla volatilità del mercato.

In un mercato maturo come quello dell’auto, l’unico modo di vincere è creare un nuovo terreno di confronto per la competitività. Ma nelle scelte dei consumatori le componenti razionali hanno il sopravvento su quelle emotive? Un trend che resiste è quello del low cost supportato anche dall’ingresso sui mercati occidentali di player provenienti dall’estremo Oriente. In attesa del passaggio successivo che potrebbe essere, forse, quello dell’auto-componibile, si consolidano le posizioni di quei brand che, invece, hanno fatto dell’eccellenza e dell’unicità la loro politica commerciale. Il declino del concetto di auto come status symbol, permette di puntare su valori più concreti, dando il giusto rilievo agli aspetti emozionali e di carattere dell’auto.

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A livello industriale, il fenomeno dell’insourcing è uno dei cambiamenti che si stanno già registrando con la concentrazione delle strutture di produzione. Lo scopo è di stringere il legame tra produzione e marketing, in modo da ridurre i ritardi che scaturiscono da una struttura organizzativa senza ordine. Concetti chiave sono: sincronizzazione, flessibilità, riduzione della complessità, creazione di legami di fiducia fra impresa, clienti e fornitori. Non solo. Se la tecnologia può cambiare il futuro dell’auto, perché non può cambiare quello degli operai alla catena di montaggio? Il capitale umano è un serbatoio di intelligenza basilare che deve essere valorizzato e messo al centro dell’organizzazione.

 

VERSO LA MOBILITà SOSTENIBILE

Funzionale, versatile, modulare, economica, ecologica. È questo l’identikit dell’auto del futuro. Un futuro che è già realtà, come dimostrano le mosse tattiche di alcuni dei brand più evoluti sul mercato e come abbiamo avuto modo di apprendere, visitando il centro stile e ingegneria Pininfarina, a Cambiano in Provincia di Torino. Non solo. Tra i vialetti del parco tecnologico, abbiamo avuto modo di vedere scattare, nel riflesso blu cobalto della carrozzeria, anche il modello Nido EV, prototipo elettrico concepito, sviluppato e costruito interamente in Pininfarina, presentato un anno fa in occasione degli 80 anni della società. In questo contesto, facciamo la conoscenza di Andrea Pia, responsabile dell’ingegneria industriale di Pininfarina, che ci introduce alla scoperta di uno dei marchi simbolo del design industriale dell’auto.

Manager poietico, ingegnere meccanico, mentalità politecnica, classe 1974: Andrea Pia è alla guida di un team di trenta persone e incarna perfettamente la cultura della “fabbrica” Pininfarina. I rapidi cambiamenti che hanno avuto luogo negli ultimi anni sui mercati globali hanno influenzato anche la fisionomia attuale della Pininfarina.

L’internazionalizzazione del Gruppo ha portato la società ad avere sedi in Italia, Germania, Svezia, Marocco e Cina. «Creatività, innovazione, tecnologia e fattibilità industriale sono i termini di un rapporto dialettico costante nel tempo. Con una storia che risale al 1930, Pininfarina si pone sul mercato sia come partner a ciclo completo “chiavi in mano”, sia come fornitore di servizi specifici per incontrare le esigenze degli OEM (Original Equipment Manufacturer, in pratica i fornitori di componenti esterni alla casa automobilistica, ndr)   in area design, engineering di prodotto, di processo e di produzione di veicoli di nicchia». Pininfarina rappresenta un pezzo importante di storia industriale che ha accompagnato e anticipato l’evoluzione del settore auto in Italia. «Nello scenario caratterizzato da veloci cambiamenti, concentrazioni e alto tasso di competizione, Pininfarina è “la fabbrica” in continua evoluzione, forte della propria tradizione di eccellenza nel trasformare le idee in prodotti completamente industrializzabili».

Le case automobilistiche non hanno ancora perfezionato la capacità di orchestrare collaborazioni su scala globale, ma Pininfarina (forse perché da ragazzo, l’attuale presidente d’onore, il senatore Sergio Pininfarina, sognava di fare il direttore d’orchestra) ha nel suo codice genetico la potenzialità per trasformare l’universo di fornitori in una catena di montaggio globale, mantenendo il primato del valore sulle attività di progettazione e sviluppo, vero motore – è il caso di dire – della crescita del settore. «Eccellenza e innovazione sono due concetti legati non solo al prodotto, ma anche alle persone che sono parte integrante dell’organizzazione. Modularità e flessibilità fanno parte del codice genetico di Pininfarina. La partnership tra i costruttori di vetture di nicchia e gli OEM in area design, è destinata a diversificarsi per rispondere in modo adeguato alle nuove sfide del mercato, ma deve restare un rapporto basato sulla collaborazione reciproca. Bisogna mettere in discussione modelli e schemi di comportamento obsoleti che ostacolano le decisioni dei manager – avverte Andrea Pia -. In alcuni casi, i manager dovrebbero farlo, senza pretendere di comprendere la realtà industriale fotografandola dall’alto. Si possono capire molte cose facendo un giro in officina o parlando con le persone faccia a faccia, che non risultano evidenti da un foglio di calcolo».

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Il concetto di auto come “abito” di un telaio unico fa venire in mente il racconto di Robert Young. L’automobile è diventata un’estensione del corpo per la mobilità, non solo un segno grafico che stabilisce un’impronta estetica, ma espressione di un modo di essere e concepire il rapporto dell’uomo con l’ambiente. Pininfarina è stata la prima realtà industriale in Italia, e una delle prime in Europa, a proporre un concetto di auto elettrica al 100%. «Oggi, mentre tutti i grandi costruttori guardano all’auto elettrica come un’opportunità, Pininfarina compie un ulteriore passo avanti, facendosi promotore di una filosofia che inserisce la scelta del trasporto elettrico, individuale e collettivo, nell’ambito di un nuovo stile di vita che tutti dovrebbero adottare per favorire il risparmio energetico e, al tempo stesso, proteggere il pianeta. Ecco perché la mobilità ecosostenibile è diventata uno dei tre pilastri su cui si fonda il piano industriale del gruppo».

Ciclo del prodotto significa governare tutto il processo di produzione, qualità, prezzo, time-to-market, fino ad arrivare al rapporto con i fornitori. «Quando nasce una vettura Pininfarina, questa, già in fase di concept, è completamente industrializzabile.

Molte soluzioni per la progettazione Cad 3D e di Product Lifecycle Management (Plm) per l’industria automotive non hanno una componente ingegneristica affidabile.

È il metodo di produzione a fare la differenza. L’errore è quello di informatizzare processi, anche solo transazionali, non stabili, con la conseguenza di perdere di efficacia e creare caos. Per questo l’innovazione deve essere un impasto unico di tecnica e management».

La supply chain non è solo logistica, trasporto e magazzino, ma rappresenta tutto l’intreccio di rapporti interni ed esterni che compongono il processo industriale. «Se devo fare “rilavorazioni” sul prodotto, non sono stato bravo a garantire la qualità al primo colpo. Una cattiva organizzazione della filiera produttiva, per esempio, avrà effetti sul magazzino che bloccherà liquidità sotto forma di componenti e ricambi destinati al servizio di postvendita. Quando parlo di malgoverno della filiera produttiva parlo di macchine, impianti, guasti, persone che magari non sono messe in condizioni di lavorare in ergonomia o di essere produttive nel modo corretto».

La competitività industriale si conquista sul campo tutti insieme pensando a una serie di azioni legate fra loro che possono portare all’aumento dei ricavi. «In questa prospettiva i fornitori non sono più solo fornitori, e gli operai non possono più essere soltanto mano d’opera. Tutti sono partecipi di quella che a tutti gli effetti è una partnership e dove il gioco diventa win-win. Bisogna condividere le scelte per dividere insieme costi e benefici. Le persone sono il primo bene dell’azienda, l’organizzazione è il vero valore che governa la fabbrica. Metodo di lavoro e approccio industriale sono la base per essere efficienti. Il contributo dei Business Analytics è fondamentale. In molte realtà industriali si reagisce ai cambiamenti d’istinto, sull’onda dell’emotività, scambiando l’opinione – supportata da qualche dato e grafico su un foglio di calcolo – per il risultato frutto di un processo analitico. Il fattore tempo impone decisioni obbligate. Un approccio analitico permette di fare sempre la scelta migliore. La fortuna – si sa – aiuta gli audaci, ma la fortuna non dura per sempre».

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Foto di Gabriele Sandrini

Davanti alla vetrina di un concessionario siamo conquistati dalla linea di un’auto, ma quasi mai siamo consapevoli che quell’auto è stata progettata, prodotta e assembrata da una rete globale di fornitori. Questa catena si compone di tanti anelli che si snodano in un mondo senza confini. Sergio Motta, business development manager supply chain di SAS Italia, ci spiega che esistono diverse visioni della supply chain. «Nel mercato automotive gli anelli principali della “catena del valore” sono: la progettazione con l’acquisto dei componenti, la produzione, la distribuzione e il post vendita che sta diventando sempre più importante. Spesso si tende a sovrapporre il concetto di supply chain a quello di logistica, commettendo l’errore di scambiare una parte per il tutto. L’ultimo anello è quello service. La logistica, in quanto gestione dei flussi di materiali (dalle materie prime alle parti di ricambio per la post-vendita) è l’ossatura della supply chain nel senso che pervade tutte le fasi sopra descritte». In questo quadro di base, il principale mutamento che si registra è l’aumento vertiginoso del livello di complessità della supply chain, dovuto ai fenomeni della globalizzazione e della delocalizzazione e questo rende necessario, anzi vitale, per le aziende poter disporre di strumenti per “governare” e ottimizzare la supply chain nel suo complesso. Ma come si ottimizza il processo di supply chain nell’industria dell’auto? «I sistemi di Erp o di supply chain tradizionali non aiutano le aziende a sincronizzare tutti i “pezzi” in modo da avere una visione univoca della realtà aziendale. Non si può prescindere dalla conoscenza della domanda. Tenere sotto controllo tutto il ciclo di produzione e di approvvigionamento, forniture, magazzino e distribuzione è sempre più sfidante. La cura della supply chain ha un impatto diretto sui flussi di cassa e sul livello di servizio, e direttamente proporzionale sul business e sulla competitività». Henry Ford non doveva avere questo problema, ma sapeva che per rispettare il target di costo doveva produrre il suo Modello T in un solo colore e in una sola versione. «La complessità attuale del settore è un fatto evidente: domanda difficilmente prevedibile, variabilità di modelli, costi in aumento, lead-time stretti lungo supply chain sempre più globali e complesse. Innovazione e time-to-market sono i pilastri su cui si fonda il successo delle aziende. «Per leggere e governare questa complessità occorrono soluzioni analitiche verticali in grado di prevedere l’andamento della domanda e pianificare le decisioni future, ottenere una visione di insieme del processo di produzione e indirizzare le necessità e i problemi legati alla qualità. Ma servono anche soluzioni di analisi di tutti i dati aziendali, come i  dati di garanzia dei prodotti per intercettare tempestivamente eventuali difetti di produzione che sono sfuggiti ai processi di qualità.

I richiami o i ritiri di prodotto dal mercato sono la manifestazione di come i processi di qualità possano a volte non essere totalmente affidabili.

Questo aiuta le aziende ad avere un saving immediato sui  costi diretti di garanzia e sulle mancate vendite».

Un’altra soluzione importate per il settore è quella che ottimizza il livello di servizio e supporta la previsione sulle parti di ricambio, in modo da definire gli stock ottimali da allocare all’interno del network logistico. Questa soluzione ha una ricaduta non solo sulla percezione del livello di servizio in termini di soddisfazione del cliente, ma impatta direttamente sul business, in quanto impedisce di bloccare liquidità utile in scorte eccessive».