ENERGY INNOVATION. LA SFIDA E’ NELLO SVILUPPO SOSTENIBILE


Stop al nucleare, sprint delle rinnovabili e nuovo sviluppo a tutto gas. Nel mercato dell’energia si avverte l’esigenza di una AUthority europea

 

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La nostra è una società energivora. Un salto dall’economia agricola a quella post-industriale, sarebbe un salto nel vuoto, o meglio nel buio, se qualcuno, domani, staccasse la spina. Senza elettricità nelle case e nelle imprese, senza carburante nelle auto, senza gas per il riscaldamento, tutto si fermerebbe e piomberemmo nel Medioevo: di colpo, dal computer alla zappa. Nel 2050, quando i bambini che nascono oggi, saranno dei quarantenni, sulla Terra ci saranno, secondo le ultime proiezioni del centro studi dell’Onu, nove miliardi di persone. Avremo energia sufficiente per questo esercito di consumatori? «We need a new industrial revolution». E se a dirlo è Steven Chu, segretario del dipartimento dell’energia del governo americano, c’è da crederci. Le tecnologie ICT hanno permesso l’evoluzione delle reti energetiche e del mercato elettrico. La crisi economica, però, ha determinato una brusca frenata sugli investimenti del settore e ha riacceso il dibattito sul sistema energetico e sulla questione ambientale. La crisi ha prodotto naturalmente una riduzione della domanda di energia e una conseguente riduzione dei prezzi. Questo fatto – da un lato – ha contratto i consumi di fonti fossili e, di conseguenza, le emissioni di CO2 – dall’altro – ha reso le fonti fossili più concorrenziali rispetto alle tecnologie per l’efficienza energetica, minando quindi il processo di cambiamento del sistema energetico. Adesso è il momento di ripartire.

 

RETI INTELLIGENTI

La questione energetica esiste, ma non è un problema di scarsità di risorse. Mancano, invece, le politiche di gestione coerenti e lungimiranti di queste risorse e reti intelligenti in grado di gestire i flussi in modo efficiente. È questo, che provoca le crisi e che determina l’emergenza. Parlare di questione energetica, slegandola dal problema dello sviluppo globale è un modo per non affrontare il problema. La questione energetica è un aspetto dello sviluppo basato sulla crescita senza limiti. Per affrontarla in modo corretto è necessario cambiare le regole di base e dotarsi di strumenti tecnologici in grado di governare il fenomeno. In questo modo, sarà più semplice progettare con la politica uno sviluppo più equo. Sostenibile non è solo un aggettivo aggiunto alla parola sviluppo, ma significa progettare un futuro in grado di accogliere tutti e non costruito a spese di altri o delle generazioni future. Come la ricchezza prodotta, anche l’energia che è utilizzata dalla specie umana non è distribuita in modo omogeneo. Secondo l’Ocse, l’Occidente industrializzato consuma cinque volte la quota di energia dei Paesi in via di sviluppo.

Isaac Asimov scriveva: «In ogni secolo gli esseri umani hanno pensato di aver capito definitivamente l’Universo e, in ogni secolo, si è capito che avevano sbagliato». Negli anni Trenta, Rutherford, padre della fisica nucleare, dichiarò: «Chi crede che la trasformazione dell’atomo fornirà energia, dice una stupidaggine».

Gli scienziati che, oggi, invocano costose misure per ridurre le emissioni di CO2 ed evitare il riscaldamento globale antropogenico potrebbero commettere lo stesso errore di valutazione? Forse. Intanto la paura ha potuto più delle battaglie degli ambientalisti e dei piani energetici. A livello internazionale si registra la tendenza all’abbandono del nucleare dopo Fukushima. Questo ha indotto un ripensamento della politica energetica in molti Paesi e in Europa, da più parti, si invoca un’Authority per una politica energetica comunitaria, in grado di rispondere alle sfide del futuro.

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A complicare lo scenario, si sono registrati gli eventi del Nord Africa, che hanno mutato il quadro geopolitico e il quadro economico del mercato dell’energia. Mentre si pensava che il mercato del gas fosse in piena bolla, la situazione è cambiata e il prezzo è destinato a crescere. Per produrre un kilowattora di energia al momento si emettono nell’atmosfera circa 160 grammi di anidride carbonica. Il gas è una fonte di energia a basso costo, se paragonata alle altre ed è il combustibile più pulito, in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi della Commissione Europea, in termini di riduzione dei gas serra. In attesa di un nuovo mix energetico, che contempli un impiego delle rinnovabili sempre maggiore e più economicamente conveniente, la quota di energia derivante dalla dismissione di impianti nucleari sarà nel breve termine, progressivamente, sostituita dall’impiego del gas, anche per la produzione di energia elettrica.

 

SVILUPPO A TUTTO GAS

La curva della domanda di energia continuerà a crescere, con la differenza che tecnologi e opinione pubblica cominciano a capire che le soluzioni per far fronte al fabbisogno globale ci sono. Per lo scienziato Roberto Vacca, pratico di scenari globali e previsioni tecnologiche, «il potenziale idroelettrico ancora disponibile equivale a quello di mille grandi centrali nucleari». Non solo. «Il petrolio non si sta esaurendo. Esistono giacimenti a grande profondità anche sulla terraferma. Le attività umane non sono la causa del riscaldamento globale e l’aumento del tasso di CO2 nell’atmosfera incuterà sempre meno paura. Ma è improbabile che si arrivi in breve tempo a produrre energia con la fusione nucleare, celle a combustibile e batteri, oppure che si costruiscano celle fotovoltaiche con rendimento del 75%, invece dell’attuale, cinque volte più basso».

Se il Cancelliere tedesco Angela Merkel (che è laureata in fisica), anche sotto la spinta dell’opinione pubblica e della vittoria dei verdi alle elezioni nei Land, ha deciso la chiusura anticipata entro il 2022 delle 17 centrali atomiche tedesche, il ricorso alle energie rinnovabili sarà solo una conseguenza. Anche il Governo di Berna ha annunciato che i cinque reattori che contribuiscono al 40% del fabbisogno nazionale non saranno sostituiti al termine del ciclo operativo nel 2034. In Italia, i referendum del 12 e 13 giugno hanno sancito l’abbandono del nucleare. La tendenza – insomma – è tracciata, e per l’Europa si intravede all’orizzonte un futuro più green, anche se le decisioni del governo Francese (che si porta dietro anche Svezia, Finlandia e Belgio) restano un’incognita. In questo contesto, bisognerà vedere quanto peseranno le politiche energetiche dei Paesi emergenti, India, Cina, Russia e Brasile in testa, seguiti da Turchia e Messico. Il mondo è alla ricerca di un nuovo mix energetico, ma gas e petrolio continueranno a giocare un ruolo centrale. Nel 2035, secondo le stime dell’International Energy Agency (Iea), il petrolio sarà ancora la prima fonte energetica mondiale, come dimostrano le trivellazioni di petrolio in Alaska e nel golfo del Messico autorizzate da Barack Obama. Secondo la Iea, il Polo Nord nasconde 85 miliardi di barili di riserve di greggio e 44mila miliardi di metri cubi di gas: praticamente il 23,5% delle risorse mondiali. E dire che quando in passato si trovava il gas in un giacimento, invece del petrolio, era una notizia così brutta che si tappava il buco e si andava a trivellare da un’altra parte. Il gas, invece, nei prossimi due decenni, diventerà la seconda fonte, con un balzo che lo porterà a salire al 25% nella quota del mix energetico mondiale. Per qualcuno, come il presidente della Iea, però, non si tratterebbe di una vera rivoluzione, bensì «di una redistribuzione di pesi e percentuali».

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In questo contesto Metriche e Analytics saranno parte integrante del nuovo corso. E le fonti alternative? L’indice intermittente delle borse, che tiene sott’occhio l’andamento delle società quotate con il core business nelle rinnovabili, sintetizza le difficoltà del comparto. La Iea promuove eolico e fotovoltaico, che nel 2020 supereranno l’energia idroelettrica, ma nella consapevolezza che – da sole – non potranno reggere la domanda. Il prezzo del kilowattora prodotto con il gas è di poco più basso di quello prodotto con il petrolio. Il costo di installazione del kW fotovoltaico è 5 volte più alto di quello di centrali idro o termoelettriche. La situazione cambierà se il rendimento salirà dal 15% attuale al 75%, ma oggi l’idea non è realistica. Si possono – più realisticamente – dimezzare i consumi privati e incidere sull’efficienza nell’industria e le imprese. Ciò che si risparmia è guadagnato. L’Italia “consuma” innovazione, ma non la produce, questo fatto potrebbe compromettere sul nascere qualunque rivoluzione energetica e mettere a repentaglio le possibilità di crescita dell’intero sistema economico. Se non si comprende il ruolo della tecnologia e dell’innovazione si rischia di tagliare il ramo sul quale siamo seduti, perché c’è l’energia che fa muovere le macchine e quella che fa muovere i cervelli. Del resto, per secoli i giacimenti di petrolio erano considerati solo pozze putride. La tecnologia le ha trasformate in una risorsa, che ha cambiato il mondo. Stessa cosa è accaduta con il silicio. Senza gli investimenti in ricerca e sviluppo, un Paese si preclude la possibilità di scoprire quali nuove tecnologie potranno essere alla base delle rivoluzioni industriali di domani.

Al momento, la maggiore sfida per le utility sarà come posizionarsi al meglio nel mercato, utilizzando metriche e sistemi di analisi e previsione. La sfida è quella di concepire un sistema di distribuzione più intelligente ed efficiente. Se è vero che non si misura ciò che non si controlla, è altrettanto vero che non si può controllare ciò che non può essere messo in rete. Dopo l’avvento del motore elettrico, l’elettricità è sempre stata la stessa. E anzi, oggi ci troviamo di fronte a un aumento dei costi. Il nostro Paese dovrà anche nel futuro continuare a comprare grandi quantità di energia all’estero. Attualmente importiamo l’83% dell’energia (54% petrolio, 30% gas, 8% carbone, 7% elettricità). Con ogni probabilità, la nostra bolletta energetica resterà salata. Questo rappresenta un punto debole per la competitività dell’industria italiana, anche se nel corso del 2011 si quadruplicheranno gli incentivi alle rinnovabili, la cui potenza installata raggiungerà i 7mila e duecento megawatt, a un passo dall’obiettivo fissato al 2020. In questo contesto, gli operatori nazionali del settore che riusciranno ad acquistare quote di energia in modo efficiente sul mercato, e secondo le normative vigenti, potranno essere più competitivi sia sul mercato locale, sia su quello internazionale, con una ricaduta positiva per il proprio business e per il sistema Paese. L’investimento in innovazione per il controllo degli approvvigionamenti di energia potrebbe rendere l’energia meno costosa e questo si tradurrebbe, per un certo periodo, in un vantaggio competitivo per le aziende utility e i loro consumatori.

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La liberalizzazione del mercato dell’energia e del gas offre nuove opportunità di business sia agli operatori esistenti, sia a quelli nuovi.

Ma come si fa a crescere in un mercato particolare come quello dell’energia? «Sfruttando al meglio la capacità di costruire modelli analitici per fare previsioni sull’andamento dei prezzi sul mercato dell’energia – risponde Rodolfo Cantù, Domain Expert Energy & Utilities di SAS Italia. Le Utility devono soddisfare le norme previste dall’Authority e, nello stesso tempo, per far fronte alla concorrenza, devono migliorare la produttività, ridurre i costi e trovare nuove strade per supportarne la crescita sfruttando tutte le “leve” che il mercato offre in tutti i processi». Gli ultimi anni hanno visto un uso sempre maggiore del gas naturale per la produzione di energia elettrica, che ha incrementato la domanda di gas. Dal prossimo dicembre, partirà in Italia il mercato del bilanciamento del gas e questo fatto normativo potrà rappresentare un elemento vantaggioso dal punto di vista economico e avere riflessi positivi sul mercato elettrico. «Il concetto di nomina – spiega Rodolfo Cantù – costituisce l’elemento principale su cui si fonda l’operatività quotidiana degli shippers. La quantità di gas immessa dovrebbe in teoria coincidere con quella prelevata. La direttiva introduce una netta separazione delle attività tra trading, shipping e trasporto e questa separazione rende critico definire i ruoli dei diversi soggetti ai fini del bilanciamento. Gli shippers sono responsabili di monitorare immissioni e prelievi di loro competenza. Da una previsione sbagliata scaturisce una serie di conseguenze che vanno a incidere sulla performance e il conto economico. Con la nuova normativa, a fronte di previsioni corrette o sbagliate, saranno calcolati incentivi o penalizzazioni. In questo scenario, gli operatori hanno tutto l’interesse a dotarsi di sistemi di forecasting per governare il processo. Il mercato non è ancora partito, ma qualche operatore si pone già il problema di come sfruttare sbilanciamenti positivi (eccesso di immissione) e negativi (eccesso di prelievo) anche per avere un ulteriore vantaggio economico, sfruttando la propria capacità di previsione del prezzo e gestendo la capacità di stoccaggio in maniera proattiva».