Mauden, dai mainframe alla virtualizzazione


Nata come broker nel settore dell’hardware, l’azienda ha saputo reinventarsi ed evolversi nel corso della sua storia, affermandosi come system integrator di primo piano e come player in grado di giocare a tutto campo nel mercato ICT

 

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Evoluzione: una delle parole chiave nel mondo attuale. In natura, Darwin ha spiegato come le specie che non si evolvono in base ai cambiamenti dell’ambiente in cui vivono sono destinate a perire; nel business, le aziende che non reagiscono in modo adeguato ai cambiamenti dello scenario competitivo e alle nuove esigenze dei clienti non possono sperare in un futuro di successo. Abbiamo incontrato un’azienda che ha adottato e implementato nel modo migliore e più efficace questa regola, evolvendosi in perfetta sincronia con l’evoluzione del mercato, un caso di successo tutto italiano: Mauden (www.mauden.com).

 

Giovani, ma esperti

Data Manager ha incontrato Roberta Viglione, presidente e amministratore delegato di Mauden, chiedendole di raccontare la storia dell’azienda. «Mauden compie 25 anni l’anno prossimo, nel 2012, essendo nata il 23 dicembre del 1987: per una pura casualità, è anche il giorno del mio compleanno e io non ho partecipato alla sua fondazione». I semi del successo erano tuttavia già stati gettati in quel giorno ormai lontano, tanto che oggi «siamo piuttosto fieri dei risultati ottenuti e del fatto che l’azienda sia ancora qui e in salute, dopo venticinque anni». Agli inizi la connotazione di Mauden era quella di un broker di infrastrutture usate in area mainframe. «In altri termini, comprava e vendeva prodotti hardware usati – continua Viglione -. È stato un primo decennio di successo, grazie al mercato molto effervescente e ai fornitori con cui lavoravamo all’epoca, da Olivetti Computers a IBM in tutta Europa, ad altre società simili a Mauden in tutto il mondo e, successivamente, anche agli utenti finali». Questa esperienza ha insegnato a Mauden a conoscere l’utente finale italiano che lavorava con i mainframe: aziende perciò di grandi dimensioni. «I nostri brand di riferimento all’epoca erano soprattutto Hitachi e IBM, che sono rimasti poi con noi fino a oggi». È però nel secondo decennio che si verificano i cambiamenti più sostanziali. «Da broker siamo diventati business partner e, in seguito, Var, rivenditori a valore aggiunto della parte infrastrutturale, lavorando al 100% verso l’utente finale come business partner di grandi brand». Tra i primi vendor con cui ha iniziato a lavorare Mauden, Viglione ricorda StorageTek (poi acquisita da Sun e infine Oracle), Hitachi e IBM anche se in maniera ancora parziale. «Nel 2004 abbiamo avuto un fortissimo incremento del nostro business con IBM, che ci ha portato a un avvicinamento ulteriore che si è rivelato fondamentale per l’evoluzione di Mauden. Ci siamo specializzati poi sempre di più sull’area dello storage, mentre la percentuale del nostro fatturato realizzato con IBM è arrivata all’85%. Poi, circa tre anni fa, abbiamo cominciato a diventare un vero system integrator, aprendo a rapporti di partnership anche con altri brand e trasformando l’attività di Mauden da una semplice vendita e delivery alla capacità di sviluppare progetti multivendor e di offrire ai nostri clienti soluzioni realizzate da noi e che in alcuni casi gestiamo anche successivamente alla vendita».

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Competenze per crescere

Per evolversi da broker a system integrator, Mauden ha dovuto sviluppare, oltre che il proprio business, soprattutto le proprie competenze interne. Lo spiega Giuseppe Belardinelli, consigliere delegato di Mauden: «Storicamente, abbiamo sempre avuto un team di vendita molto forte. Per diventare un system integrator, abbiamo dovuto creare e organizzare una struttura di prevendita, con persone interne che svolgono fondamentalmente il ruolo di architect con una visione tecnico-commerciale, che si affiancano al venditore per trovare soluzioni tecnologiche e di costo adatte alle esigenze dei clienti. Per Mauden questo è vero soprattutto in ambito storage (dove realizziamo oltre il 50% del nostro fatturato) e data center, area in cui il mainframe rimane una delle nostre attività portanti, tanto che siamo una delle poche organizzazioni italiane con forti competenze su IBM System z, pur avendo internamente un importante know how anche sulle architetture open. Oggi ci stiamo anche indirizzando sempre di più verso il tema del Cloud computing, sviluppando competenze e ottenendo dai vendor le necessarie certificazioni in questo campo». Oggi i temi su cui siamo maggiormente impegnati sono quelli della virtualizzazione di server, desktop e storage, ambito in cui stiamo realizzando progetti importanti e innovativi, e della migrazione dei dati per l’implementazione dei nuovi sistemi. Tra le possibili strade per crescere, Mauden ne ha scelte due: assunzione e formazione di personale interno e acquisizione di aziende esterne con le giuste “expertise”. «Il nostro rafforzamento sulla parte di prevendita non era accompagnato da una crescita comparabile della post-vendita ed erogazione servizi – commenta ancora Viglione -. Così, un anno fa, abbiamo deciso di acquisire una quota importante di una società particolarmente forte nei servizi e nel presidio dei data center dei grandi clienti: Dpcs». «Si tratta di una società italiana con sede a Merate, in provincia di Lecco – aggiunge Belardinelli -, più piccola di Mauden, ma con una forte competenza nel software e nell’erogazione di servizi in ambito mainframe e storage in ambiente mainframe». Il prossimo passo, già in corso, è l’integrazione delle strutture di Mauden e Dpcs per farne una sola organizzazione.

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Partnership e aree di mercato

«Le aree che Mauden segue di più sono l’ambiente finance, quindi banche e assicurazioni – continua Viglione – e la Pubblica Amministrazione centrale, seppur per alcuni enti selezionati. Negli ultimi anni si sono aggiunti importanti clienti dell’area Utility e Distribution, e un numero significativo di società classificabili come Pmi, anch’esse di fascia medio – alta».

Naturalmente, la conquista di clienti di questo calibro continua a passare attraverso una fortissima attenzione commerciale, lo sviluppo di competenze interne, ma anche la realizzazione di partnership di prestigio. «In questo senso, IBM resta il nostro partner di riferimento, cui continuiamo ad affiancare HDS (Hitachi Data Systems) per lo storage e da poco anche HP. Da sempre abbiamo un rapporto forte con Brocade, recentemente abbiamo siglato un accordo con Cisco e, per la parte di virtualizzazione, collaboriamo da tempo con VMware e Citrix. A Oracle poi ci lega il già ricordato rapporto storico con StorageTek, oggi parte del Gruppo. La nostra scelta resta comunque quella di diversificare le partnership».

 

Cloud e virtualizzazione

Tra le aree di mercato che Mauden ha deciso di seguire in modo più attento c’è sicuramente quella, nuova e in grande sviluppo, del Cloud computing. «Si tratta di un tema emergente in cui tutti gli operatori ICT sono oggi attivi – continua Belardinelli -; tuttavia, pur trattandosi di un settore promettente, occorre ancora capire quale sarà il modello di business vincente. Un comparto per il quale si prevede un’importante crescita, stando agli analisti di mercato, è quello del private Cloud, in cui vengono implementate soluzioni Cloud interne al cliente. Il nostro ruolo in questo ambito è “fare cultura” di innovazione, collaborando con i nostri clienti per la progettazione e implementazione di funzioni di automazione del provisioning delle risorse tecnologiche e di monitoraggio e accounting degli utenti, in grado di ridurre le necessità di gestione e i tempi di realizzazione».

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Mauden tuttavia è attenta alle evoluzioni verso le Cloud ibride, integrazione di servizi Cloud esterni nel private Cloud, pur non intendendo per ora divenire erogatori di servizi SaaS o IaaS».

 

Risultati e previsioni

Oggi Mauden è una realtà da 35 persone, che sviluppa un fatturato di circa 32 milioni di euro. «Se aggiungiamo la componente Dpcs, che dovremmo consolidare l’anno prossimo – commenta ancora Viglione -, insieme superiamo i 40 milioni di euro di fatturato e la struttura è di circa 120 persone». Per questa attesa crescita, Mauden potrà sfruttare le evoluzioni tecnologiche in atto: «Il mainframe non è più un oggetto proprietario com’era in passato – spiega ancora Belardinelli -: oggi si sta spostando verso architetture ibride, dove operano motori Linux insieme a server Unix. A ciò aggiungiamo le problematiche già note, quali consolidamento e virtualizzazione, e quelle emergenti, quali automazione, Unified Fabric e self-provisioning».

I risultati positivi ottenuti fanno ben sperare per il futuro: «Abbiamo appena superato uno dei trimestri di crescita più importanti della nostra storia», commenta infatti Viglione, un successo legato alle scelte effettuate. «In questo momento per Mauden non possiamo che essere ottimisti – conclude Belardinelli -. Infatti, ai successi aggiungiamo il fatto che le integrazioni e i cambiamenti portano stimoli e volontà di fare e di impegnarsi, che sono certo porteranno a ulteriori realizzazioni».

 foto di Gabriele Sandrini