RETAIL INNOVATION IL FUTURO DELLE VENDITE E DEL MARKETING


Essere competitivi non significa appiattirsi sul prezzo, ma sfruttare gli asset informativi per creare VALORE. CISALFA SPORT: «mettere al centro l’esperienza del cliente»

Se il futuro delle vendite è sottoposto a pressione, l’unico modo per continuare a essere ready-to-market è cambiare strategia, rinunciando forse a qualche quota di mercato e investendo in tecnologia per trovare le chiavi di accesso all’universo del cliente.

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Contro la stagnazione dei consumi, la Gdo punta su sconti, qualità, customer satisfaction e precision retailing per segmentare al massimo livello possibile il proprio mercato allo scopo di raggiungere ogni singolo potenziale cliente. Formulare previsioni per il 2011 è difficile e, forse, anche inutile, se si considera la frammentazione del settore. Possiamo dire che, nella Gdo non-food, lo sportswear resta il segmento più dinamico: l’arrivo sul mercato di nuovi brand internazionali, la crescita dei volumi degli store e l’incremento degli investimenti pubblicitari (dati Nielsen) sono indici di una tendenza positiva, che nel breve periodo dovrebbe far registrare una ripresa della domanda. Questa ripresa, seppur timida, potrebbe essere annullata dall’aumento della pressione sui margini dettato dalla crescita del prezzo del petrolio, del cotone e dei costi di produzione. Non è una sorpresa apprendere che molti rivenditori taglino i prezzi e neppure che per farlo puntino sull’ICT. Se da un lato si “limano” i margini all’osso per restare competitivi, dall’altro bisogna conquistare un numero sempre maggiore di clienti. Questa strategia, però, potrebbe rivelarsi miope, se il marketing non si evolve in una prospettiva 2.0, combinando social, mobile e strategie locali, perché i consumatori multicanale sono anche meno fedeli.

Secondo gli analisti di IDC, i retailers di successo, nell’immediato futuro, punteranno sulla capacità di creare un’esperienza di shopping coinvolgente, customer-centric e superiore su tutti i canali.

 

L’INTELLIGENCE DELLA RELAZIONE

I prodotti non sono più soltanto merci, i clienti non sono più soltanto consumatori e ogni scelta si trasforma in conoscenza pratica, ovvero diventa esperienza. Il marketing – senza “sparare nel mucchio” – ha saputo ristabilire, grazie all’innovazione tecnologica, una relazione di senso compiuto tra prodotto e comportamento di acquisto, qualche volta correndo, ancora, il rischio di confondere “l’esperienza del consumatore” con “l’esperimento sul consumatore”. Se l’approccio retail al mercato si fa sempre più specifico, la filosofia “network” e la nuova sensibilità “social” guidano l’organizzazione verso un cambiamento di prospettiva: la valorizzazione degli asset informativi e l’adozione di soluzioni di Customer Intelligence diventano la base della strategia aziendale. I negozi non sono più contenitori, in cui ha luogo la messa in scena del commercio al dettaglio, ma spazi concettuali, in cui il dettaglio della vendita diventa l’elemento centrale di supply chain complesse.

Tra i player principali, alcuni continuano una politica aggressiva di espansione, altri puntano su innovazione e patrimonio di marca per consolidare la posizione di mercato. Si fa strada una idea nuova: la quantità non può essere il solo obiettivo da seguire.

Non solo. Bisogna farsi domande sulla redditività di ogni azione di business e di ogni singolo cliente e avere gli strumenti adatti per ottenere le risposte. Secondo gli analisti, la guerra dei margini e l’ossessione della crescita potrebbero innescare una spirale perversa con conseguenze durature sia sulla domanda – dato che l’appiattimento dei prezzi potrebbe aver cambiato completamente i comportamenti di acquisto – sia sui costi, dato che la guerra per strappare clienti alla concorrenza si gioca a suon di campagne marketing, promozioni e nuove aperture, troppo spesso bruciando liquidità, invece di crearla. Il rapporto di Kpmg sul mercato retail nel Regno Unito dimostra che questa strategia, non solo avrebbe distrutto miliardi di utili al margine nel breve periodo, ma a lungo termine potrebbe avere conseguenze ancora più dannose: i consumatori abituati a pagare prezzi stracciati non saranno più disposti a pagare di più per lo stesso prodotto. In questa prospettiva, il trade-off è tra resistenza ed estinzione e per questo la cosiddetta customer experience, di cui si parla da almeno trent’anni, assume il significato nuovo di driver di ricavi e profitti.

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Se in una fase di espansione del settore, l’aumento sensibile dei costi di produzione poteva essere compensato dall’aumento della produttività, oggi, l’obiettivo principale non può che essere la soddisfazione continua del cliente. In mercati maturi, i clienti maturi scelgono, valutano e si confrontano anche attraverso l’uso di tecnologie emergenti e social network.

Le politiche di sconto non possono essere prive di senso, ma devono essere legate al consumatore.

 

DENTRO L’UNIVERSO DEL CLIENTE

Essere competitivi non significa appiattirsi sul prezzo, ma innovare sfruttando al massimo gli asset informativi per creare nuove opportunità di sviluppo e spostare il terreno della competizione.

Più alta è la profilazione e più stretta la relazione che si potrà creare e più facile sarà re-impostare il prezzo di riferimento per coloro che sono disposti a pagare di più, in cambio di servizi a valore aggiunto e prodotti di marca. Il concetto di crescita deve coincidere con il concetto di sviluppo interno e di ascolto del cliente, non solo con quello di espansione sul mercato. Fare innovazione significa migliorare l’offerta e la capacità di analisi della domanda, ottimizzare le prestazioni del punto vendita, puntando anche sulla convergenza tra Web, mobile e applicazioni per cogliere le aspettative dei consumatori in continua evoluzione. Il sistema di approvvigionamento delle scorte, per esempio, non si deve trasformare in una trappola per la liquidità. La pianificazione dei rifornimenti deve essere on-demand e just-in-time, per rifornire solo ciò che è stato venduto o che si prevede di vendere in tempi brevi.

Si tratta di una vera rivoluzione copernicana che mette al centro – dal lato della domanda – l’esperienza del consumatore – dal lato dell’offerta – un nuovo rapporto di collaborazione tra distributore e fornitore per disegnare proposte di valore in una logica di co-marketing. Questo approccio richiede uno sforzo maggiore di governance da parte delle aziende che devono mettere a frutto l’intelligenza degli strumenti software e l’intelligenza delle persone che sono a diretto contatto con il pubblico e che possono fare la differenza per sviluppare una value proposition a vantaggio dell’identità di brand, per andare oltre il concetto di insegna o contenitore generalista. Del resto, quando non è più possibile competere sul prezzo, la brand identity è l’unico fattore distintivo.

Il cambiamento di prospettiva in atto nel settore, è confermato anche da Davide Rossetti, direttore marketing e comunicazione di Cisalfa Sport Spa. «La nostra idea di innovazione copre un arco vasto che inizia con l’entertainment sul punto vendita, la comunicazione dinamica multimediale per dare valore di business al traffico di 30 milioni di entranti rilevati nei punti vendita, la pubblicità sul retro degli scontrini, ma arriva fino al Crm che, tenendo traccia di tutte le transazioni, fornisce informazioni utili sia per l’assortimento che per il percorso di acquisto, di promozione e fidelizzazione. Ambiti in cui SAS ci sta supportando».

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Per il più importante distributore italiano specializzato nell’abbigliamento sportivo e nell’attrezzistica per lo sport e il tempo libero, la customer experience diventa un nuovo modo di concepire il Crm, in un’ottica di convergenza tra logica centralizzata di gestione dei punti vendita e apertura ad architetture orientate ai servizi. «Cisalfa è sinonimo di emozione, aggregazione e libertà di esserci – sottolinea Davide Rossetti – e come retailer specializzato vuole puntare su un approccio iperpersonale, per fornire insieme agli articoli di marca, consulenza e relazione».

Davide Rossetti, come l’amministratore delegato, Marco Giunta, è un manager di quella scuola veneta, che ha visto nascere alcuni dei brand simbolo del made in Italy. Questo nuovo approccio di Cisalfa si sviluppa in tre punti: «Remodelling del punto vendita, con il passaggio dalla logica merceologica a quella di category; Crm in ottica analitica e multicanale; costruzione di una relazione più attiva tra insegna e fornitori secondo una strategia di cooperazione. In tre parole: tempestività, redditività e competenza». Il passaggio a category del Gruppo si coniuga con il cambiamento di visione, ma il focus deve essere sul cliente: «Prima era importante sapere che cosa comprava, quanto comprava con che sconto, oggi è importante sapere chi compra, perché e quando».

Il quartier generale di Cisalfa Sport si trova incasellato in un lembo di terra bergamasca, zona industriale di Osio Sopra: di fronte, lo stabilimento della Tenaris Dalmine, un po’ più a sud, il termovalorizzatore Rea, sullo sfondo, la campagna della Valle Brembana, tagliata in due dalla direttrice Milano-Brescia. In un unico colpo d’occhio sono riuniti tutti gli elementi della contemporaneità: la old economy dell’acciaio, la green economy dell’energia e la customer economy del settore retail. Tre mondi differenti, con un denominatore comune: l’innovazione, che permette di abilitare nuovi modelli di marketing, produzione, controllo e servizio.

Nello scenario postindustriale, vendite e marketing sono in prima linea: se operano in modo tradizionale avranno sempre il fiato corto, se innovano saranno la “testa di ponte” per scavalcare la concorrenza. Uno dei compiti più difficili resta quello di sviluppare le competenze analitiche delle vendite per aiutare l’azienda a definire in modo univoco la redditività del cliente. Centrare l’obiettivo richiede precisione, ma quando la realtà stessa è in movimento, l’azienda deve riuscire a trovare un nuovo sistema di riferimento per evitare di rimanere intrappolata da una visione che non spiega più il contesto nel quale opera.

La storia di Cisalfa Sport si sviluppa nell’arco di trent’anni, con una lunga stagione di espansione sul mercato, attraverso una serie di acquisizioni di insegne e marchi. Nel mezzo si dipana il filo della evoluzione di un’impresa familiare in company, con il passaggio decisivo nel 2006 del 67,5% delle azioni al fondo di private equity, che fa capo a Investitori Associati. Cisalfa è «figlia della sua corsa» e deve fare i conti con la complessità interna che ha generato per continuare, nel futuro, a posizionarsi su un segmento più alto di quello del suo principale competitor. «Passaggio fondamentale di questo processo di riorganizzazione è la semplificazione dell’universo di 2,5 milioni di “cardisti” – di cui un milione e cento sono attivi e generano il 45% del fatturato – attraverso l’emissione di una card unica». La continua ricerca di miglioramento della qualità e integrità dei dati relativi ai clienti, l’implementazione del sistema e l’integrazione del data marketing con la piattaforma di e-commerce restano, però, i punti di sfida. «Il negozio online non deve essere l’ennesima vetrina, bensì lo store per eccellenza, in grado di essere l’avanguardia del marketing, per anticipare e lanciare campagne. L’obiettivo che vogliamo raggiungere – chiarisce Davide Rossetti – è avere una visione dall’alto e trasversale dei processi di business e dei flussi di informazione per dare il supporto migliore a ogni livello dell’organizzazione aziendale».

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Foto di Gabriele Sandrini

UN NUOVO PARADIGMA PER IL CRM

«La customer experience diventa la nuova sfida per il Crm». A confermarlo è Alessandro Cobelli, business development manager Customer Intelligence di SAS Italia.

«Le soluzioni analitiche permettono di differenziarsi dai propri competitor e sono in grado di fornire una visione sintetica del mercato, senza il rischio di affogare in un mare di dati che non spiegano la realtà, ma la nascondono». Come valorizzare strategia di marketing e strategia Crm? «Le modalità di gestione sono specifiche per settore e azienda. Un approccio corretto si basa sulla reale integrazione e adattamento continuo tra componente operativa e strumenti analitici. Si tratta di passare dall’estetica dei dati alla metrica delle informazioni. Le metriche devono incontrare la capacità di leggere il comportamento dei clienti, dealer, partner, utenti finali per estrarre e condividere conoscenza». Una visone evoluta del Crm sposta il focus dall’efficienza all’efficacia della gestione della relazione con il cliente. «Una visione che – mette in guardia Alessandro Cobelli – è molto di più della somma del database di marketing, delle campagne mirate, della basket analysis e dell’offerta di nuovi servizi. Il principale driver del Crm non è la tecnologia, ma la customer intelligence. Il settore retail, ma non solo quello, sperimenta ogni giorno la “battaglia per la conquista dei clienti”, ma per vincere la guerra del mercato, le imprese sottovalutano l’importanza dell’ascolto del cliente a 360 gradi.

Il retail, rispetto ad altri settori, ha a disposizione un tesoro inestimabile: il comportamento d’acquisto di dettaglio del cliente. Le carte fedeltà sono il mezzo con cui gli scontrini possono essere associati al singolo cliente, aprendo un universo di possibilità che i Business Analytics traducono in valore reale per le aziende retail».
Il Crm permette di tracciare i comportamenti del cliente nella sua relazione di scambio con l’azienda, diventando un asset informativo fondamentale per il business. Ma i comportamenti del cliente non sono altro che dati, che devono essere intercettati con un approccio multicanale e multipiattaforma e trasformati in informazioni utili. Anche attraverso soluzioni di ultima generazione come la social media analysis, ponte tra Web marketing e database di marketing.

La strada da percorrere per arrivare al delivering di processo può incontrare ostacoli. E qui emerge tutta la centralità di un corretto e pieno utilizzo degli strumenti analitici, attraverso cui diviene possibile stimare l’impatto sul valore economico del cliente. Fattore critico non è l’implementazione del sistema, ma l’installazione di nuove capacità di governance che investono direttamente le funzioni di staff e il top management aziendale».