Gli effetti della crisi economica sulla salute mentale dell’individuo sono sempre più evidenti, dai disturbi del sonno fino al rischio di soffrire di depressione, che è in aumento a causa del lavoro precario, con una conseguente crescita delle prescrizioni di psicofarmaci

A rivelarlo è una ricerca effettuata su circa 2,7 milioni di occupati l’anno tra il 2007 e il 2011, residenti in Lombardia, seguiti attraverso il monitoraggio delle ricette mediche a loro nome. Lo studio – i cui risultati sono stati anticipati all’ANSA – è stato condotto da Giorgio Vittadini, dell’Università di Milano Bicocca, e Francesco Moscone ed Elisa Tosetti, presso la Brunel University di Londra.
Dati che contrastano con il Rapporto Osservasalute 2013, che invece aveva evidenziato un calo di depressione e uso di psicofarmaci tra gli italiani.

Precarietà e salute mentale

I risultati fanno emergere un quadro in cui è chiaro il nesso tra la precarietà e l’aumento di prescrizioni di psicofarmaci, legato ad un incremento dei depressi a causa di questa condizione lavorativa instabile.
In particolare, avere un contratto temporaneo, così come cambiare frequentemente contratto durante l’anno, aumenta le probabilità di assumere psicofarmaci quali antidepressivi, ansiolitici e stabilizzatori dell’umore, e di conseguenza il rischio di sviluppare la depressione, che ora si potrà diagnosticare anche con un esame del sangue.

“Un precario – spiega Moscone – ha una probabilità dello 0,6% maggiore di ricevere una ricetta per psicofarmaci; sembra un numero basso, ma l’entità dell’impatto della precarietà sulla salute mentale è notevole. Se le persone con contratto temporaneo aumentano di circa l’8-10%, allora il numero di depressi cresce dell’1% tra i giovani (18-34 anni), del 2,3% tra i 35-49enni, dello 0,8% tra 50enni e over-50”.

 

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